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VISTRORIO. Omicidio Moschini: 21 anni a Diatto che premeditò il reato

VISTRORIO. Omicidio Moschini: 21 anni a  Diatto che premeditò il reato

Alberto Diatto, durante il processo che si è tenuto ad Ivrea

Un anno in più o in meno non mi consola granché. La mia condanna l’ho già avuta” commenta fuori dal tribunale di Ivrea Orvinio Moschini, 83 anni, il padre di Roberto Moschini, ucciso a 57 anni con cinque coltellate inferte da un punteruolo di un bastone con una lama in punta, la notte tra il 19 e il 20 luglio 2019 nella sua casa di Vistrorio.

In aula è appena stata pronunciata la condanna a 21 anni, 4 mesi e 4 giorni di reclusione all’assassino di suo figlio, Alberto Diatto, infermiere biellese di 61 anni. Non lo dice, ma non è difficile immaginare come Orvinio si aspettasse l’ergastolo per chi ha ucciso suo figlio.

Per arrivare alla sentenza, mercoledì, ci sono volute quasi quattro ore di camera di consiglio in Corte d’Assise. Diatto, presente in aula, ha ascoltato in silenzio la lettura del dispositivo. Nel formulare il verdetto di primo grado, la Corte presieduta dal giudice Vincenzo Bevilacqua (a latere Anna Mascolo) e composta da sei giudici popolari ha tenuto conto della premeditazione riconoscendo però all’imputato le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante.

La procura di Ivrea aveva, invece, chiesto l’ergastolo. Per il pm Daniele Iavarone, quella sera, Diatto, era salito a Vistrorio dopo un primo litigio avvenuto con Moschini il mattino del 19 luglio.

I due si conoscevano dai tempi della scuola, ma non si erano più frequentati. Quella sera Diatto lo ha ucciso al termine di una lite dopo che la vittima gli aveva negato 20 euro. In realtà, durante il dibattimento in aula, era emerso che Diatto era salito in Valchiusella pretendendo la restituzione di un vecchio debito di alcune migliaia di euro. Un fatto mai accertato durante le udienze in aula.

Per la difesa rappresentata dagli avvocati Giampaolo Zancan e Silvia Alvares di Torino la sentenza è migliorabile e hanno annunciato che ricorreranno in Appello per cercare di far cadere l’accusa della premeditazione e chiedendo per l’ex infermiere la semi infermità mentale.

La Corte dei giudici di Ivrea ha anche condannato l’ex infermiere al pagamento di 50 mila e 15 mila euro rispettivamente nei confronti della sorella di Roberto Moschini, Patrizia e del nipote Dario Vigna che si sono costituiti parti civili attraverso l’avvocato Paolo Campanale di Ivrea.

Le reazioni in paese

Bobo? Era un amico. Un amico di tutti. Il suo omicidio ci ha sconvolti. Questa sentenza lascia senza parole”. A parlare è Federico Steffenina, sindaco del paese per 15 anni, fino allo scorso mese di settembre.

Ha un bar nel centro di questo paese di 500 anime mal contate ai piedi della Valchiusella dove ci si conosce tutti e negli ultimi giorni non si è parlato d’altro: “E’ assurdo sentir parlare di attenuanti per un omicidio di questo tipo e dopo che i giudici ne hanno riconosciuto la premeditazione e fa male quando i difensori dicono che la sentenza è ancora migliorabile”.

Poi Steffenina aggiunge i suoi ricordi di quella notte: “Ero ancora sindaco e sono stato subito avvertito. A trattenere Diatto finché non sono arrivati i carabinieri, era stato l’operaio del Comune, vicino di casa di Moschini. Quell’omicisio ha sconvolto tutti, sia per il modo, sia perché “Bobo” era un uomo profondamente buono, sempre disponibile. Una risorsa per tutto il paese”.

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