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19 Dicembre 2025 - 11:39
Piano sanitario al voto in Piemonte, lo scontro politico esplode: “Documento debole, nessuna risposta ai bisogni reali di salute”
Il Piano sanitario regionale è arrivato alle battute finali del suo iter politico, ma invece di ricomporre le tensioni apre uno scontro frontale dentro e fuori il Consiglio. Alla vigilia del voto, il giudizio di Rifondazione Comunista è netto e senza appello: il documento che uscirà dall’aula non avrà un impatto reale sui bisogni di salute delle persone piemontesi. Una critica che non riguarda solo il merito tecnico del Piano, ma investe metodo, risorse, governance e visione complessiva del sistema sanitario regionale.
A parlare è Alberto Deambrogio, segretario regionale per il Piemonte e la Valle d’Aosta del partito, che mette insieme più piani di analisi: il confronto interno alla maggioranza, il ruolo dell’ex assessore leghista Icardi, la linea dell’attuale assessore Riboldi e le scelte strutturali che, a suo giudizio, rischiano di lasciare tutto com’è. Secondo Deambrogio, il dibattito politico che precede il voto appare quasi surreale rispetto alla portata di quello che dovrebbe essere un atto strategico.
«Mentre l’ex assessore Icardi – dichiara – annuncia due emendamenti di peso su ospedali e rete territoriale preparati da un consulente per dichiarare battaglia contro la delibera 1-600 del 2014, senza neanche averli presentati in commissione, giunge alle battute finali il percorso di votazione del Piano sanitario in Consiglio regionale». Una mossa che viene letta come un segnale di tensione interna alla maggioranza, «indice di ruggine ben presente con Riboldi», ma che non cambia la sostanza del problema. «Il documento che uscirà nei prossimi giorni – aggiunge – non avrà un impatto reale sui bisogni di salute espressi in Piemonte».
Nel mirino finisce anche la narrazione dell’assessore regionale, che rivendica di aver recepito centinaia di osservazioni emerse dalla fase di consultazione. Per Deambrogio si tratta però di un’operazione più formale che sostanziale. «Riboldi fa l’ecumenico e dice di aver recepito centinaia di osservazioni venute dalla consultazione, che in realtà, se guardate da vicino, segnalano cambiamenti solo cosmetici». Il cuore del problema, secondo Rifondazione, è che il Piano non indica risorse, strumenti e tempi certi per l’attuazione, a partire dalla prevenzione e dalla riorganizzazione della rete territoriale.
Un nodo centrale riguarda le Case della Comunità, uno dei pilastri della riforma nazionale. «Siamo di fronte a quello che dovrebbe essere un atto strategico – osserva Deambrogio – che non individua affatto risorse e strumenti per l’attuazione ad iniziare dalla prevenzione per continuare con le Case della Comunità, a cui va connessa negativamente la non presenza dei medici di medicina generale con l’accordo sulle Aggregazioni Funzionali Territoriali». Il rischio, secondo questa lettura, è quello di una riforma solo sulla carta. «Si metterà in comune il sistema informativo e poi ogni medico resterà a casa sua con reperibilità solo per questioni urgenti».

Proprio sul fronte digitale arriva una delle critiche più dure. «Mettere in comune le informazioni è importante – afferma – solo che i sistemi informativi fanno acqua da tutte le parti e l’inceppamento del nuovo CUP lo dimostra: ci vorranno almeno due anni prima del superamento dei sistemi esistenti». Anche il lavoro di supporto tecnico non convince. «Dal primo rapporto della Bocconi sono state stralciate le parti più critiche e quel che rimane lascia il tempo che trova».
Per Rifondazione, un vero Piano sanitario dovrebbe essere uno strumento vincolante. «Un Piano dovrebbe essere qualcosa che vincola, con dei tempi certi, capace di produrre quelli che una volta si chiamavano patti per la salute con le risorse disponibili a livello pluriennale». Invece, denuncia Deambrogio, «qui non esiste nulla di tutto questo e di certo l’unica cosa prevedibile è il sottofinanziamento perdurante del sistema, una cosa cronica che porta sempre ai limiti dei piani di rientro».
Il tema delle risorse torna con forza quando si parla dei conti della sanità piemontese. «Una Regione che ha un disavanzo notevole e in cui l’ospedale Molinette dichiara un buco di 130 milioni, dovrebbe essere in grado di dirci come pensa di stare dietro alle restituzioni dei prestiti INAIL con cui dichiara di fare ospedali nuovi». Domande che, secondo il segretario di Rifondazione, restano senza risposta.
Un altro fronte critico riguarda il ruolo degli Enti Locali. «A ben vedere è la stessa Consulta dell’ANCI che ricorda a tutti come si sarebbero dovute utilizzare norme viventi, anche se risalenti al 2007, per organizzare la programmazione e avere alla fine un Piano basato sul coinvolgimento effettivo degli Enti Locali». Senza questo passaggio, avverte Deambrogio, «non c’è responsabilità condivisa e si va dritti al naufragio».
Preoccupazione anche sugli assetti territoriali. «Riboldi e i suoi non riescono neanche a metter mano agli assetti territoriali cercando almeno di far coincidere distretti e consorzi socioassistenziali». Al loro posto si introduce «una figura di Direttore socioassistenziale che non può risolvere i problemi di integrazione». Il risultato è una frattura strutturale. «I piani sono visibilmente due: sanità separata da assistenza, con quest’ultima che diventa regno dei buoni consigli e degli scarsi diritti».
La conclusione è politica e radicale. «Per l’insieme di queste considerazioni – conclude Deambrogio – credo che il Piano sia da respingere in toto, con una battaglia che ne denunci tutti i limiti strategici e di gestione economico organizzativa futura». E una stoccata arriva anche alle opposizioni. «Trovo debole e illusoria la strategia di chi pensa ‘responsabilmente’ di cambiarne parti salienti con alcuni emendamenti».
Il voto in Consiglio regionale si avvicina, ma il clima resta teso. Il Piano sanitario piemontese, invece di diventare un terreno di convergenza, rischia di trasformarsi nell’ennesimo campo di scontro politico su una materia che riguarda direttamente la salute delle persone.
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