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18 Dicembre 2025 - 08:50
Castelli in saldo: il Canavese sul mercato. Dopo Montalenghe, Montalto, Andrate e Strambino tocca a Bollengo
Nel Canavese i castelli non sono attrazioni. Non sono neppure solo monumenti. Sono presenze ingombranti, piazzate sulle colline come promemoria di ciò che questa terra è stata: frontiera, potere, dominio, resistenza. Oggi, uno dopo l’altro, finiscono sul mercato. Non crollano, non vengono abbattuti. Si vendono, con descrizioni patinate, metrature precise, broker internazionali, rendering mentali di futuri possibili.
L’ultimo in ordine di tempo è il Castello di Bollengo, messo in vendita su Subito.it per 1.350.000 euro. Un castello medievale del XIII secolo, costruito per ordine di Ivrea in contrapposizione a Vercelli, quando le pietre servivano a difendere e a segnare confini, non a essere valorizzate come “grande investimento”. Oggi l’annuncio parla di 12.388 metri quadrati catastali, di 80–90 stanze, di una posizione a 350 metri sul livello del mare con vista sulle Alpi e sul Lago di Viverone. Numeri che raccontano poco, se non vengono messi accanto ai secoli che quel castello ha attraversato.

Nel corso dei secoli Bollengo cambia pelle: da struttura militare a villa signorile, sotto la proprietà del conte Costantino Nigra, poi a scuola salesiana, con corridoi pieni di voci, regole, vita quotidiana. Oggi è di nuovo vuoto. In attesa. Nell’annuncio si parla di RSA, di struttura ricettiva, di eventi, di progetti già disegnati da un architetto. Tutto è pronto, tutto è possibile. Come spesso accade, manca solo una cosa: una scelta collettiva su cosa farne davvero.
Ma Bollengo non è un caso isolato. È parte di una sequenza.
A Montalenghe, il castello storico — la villa-castello dove nel 1800 soggiornò Napoleone Bonaparte dopo la battaglia del Chiusella — è tornato sul mercato attraverso una asta giudiziale, con base d’asta fissata a circa 950.000 euro e scadenza delle offerte il 18 dicembre. I portali immobiliari, da Immobiliare.it a Idealista, lo presentano come un bene di grande valore storico, oggi bisognoso di restauro.
La proprietà comprende circa 2.500 metri quadrati di superficie coperta, sale affrescate, ambienti nobili, sottotetti e un parco storico di circa sei ettari, con oltre quaranta specie arboree e un cedro monumentale che domina il giardino. Non è un rudere, ma una residenza nobiliare che ha conosciuto l’abbandono e ora attende una nuova fase. Esiste già un progetto di recupero approvato, che consentirebbe la suddivisione in più unità abitative nel rispetto dell’impianto storico. Anche qui tutto è pronto. Anche qui si attende un nuovo custode, più che un semplice acquirente.
La storia di Montalenghe è un compendio perfetto della stratificazione canavesana: edificato nel 1699, danneggiato durante le lotte tra Guelfi e Ghibellini, ricostruito e trasformato in stile barocco nel 1733 dai Negri di San Giorgio Canavese, con l’intervento dell’architetto Carlo Giacinto Roero, conte di Guarene. Poi i restauri voluti dal cavaliere Gualberto Gromis di Trana, quindi il passaggio ai Salesiani, che durante la Seconda guerra mondiale lo trasformarono in rifugio per sfollati e successivamente in orfanotrofio. Dal 1993, l’abbandono. Tentativi di rilancio, progetti culturali mai decollati, e infine di nuovo il mercato. Come se il tempo girasse in tondo.
A Strambino, invece, la vendita si muove su un altro piano: quello del mercato immobiliare di lusso internazionale. Il Castello Villanova, dimora seicentesca di circa 1.200 metri quadrati distribuiti su quattro livelli, con terrazze panoramiche, interni affrescati, patio interno, parco di circa due ettari, piscina, campo da tennis, garage e dependance, è stato messo in vendita attraverso Sotheby’s International Realty, con pubblicazione sulla piattaforma Idealista.
Il prezzo richiesto indicativo era di circa 3,2 milioni di euro. Il castello si affaccia sulle colline dell’anfiteatro morenico di Ivrea, a circa 7 chilometri da Ivrea, ed è considerato un immobile di grande pregio storico, architettonico e paesaggistico. Oggi si parla di una trattativa avanzata, forse già conclusa, ma l’atto definitivo non risulterebbe ancora perfezionato. Resta sul tavolo il possibile esercizio del diritto di prelazione da parte della Soprintendenza, che potrebbe riaprire il gioco.
Il Castello Villanova non è una dimora qualunque. Nell’Ottocento, rimasto senza eredi diretti, venne donato a Don Giovanni Bosco, che però nel 1875 lo cedette al conte Edoardo Scarampi di Villanova, consapevole dell’impossibilità di gestire un bene tanto impegnativo. Negli ultimi anni, sotto la proprietà della contessa Anna Barattieri di San Pietro, il castello era diventato uno spazio vivo: eventi culturali, concerti, manifestazioni aperte alla cittadinanza. Un equilibrio fragile, ora messo in discussione dalla prospettiva di una proprietà privata esclusiva.
E mentre a Strambino si discute di prelazioni e accessibilità, il castello diventa persino set cinematografico internazionale. Le sue sale finiscono su Rai1 nella fiction Il Conte di Montecristo, con Lino Guanciale, Michele Riondino e Gabriella Pession. Il Comune concede patrocinio ed esenzioni, le immagini fanno il giro d’Europa. Promozione perfetta. Ma sul territorio cresce il timore che quelle stesse sale non siano più accessibili a nessuno, se non a chi possiede le chiavi.
Poco più in là, a Montalto Dora, il castello domina ancora il paesaggio dall’alto del Monte Crovero, sopra i Laghi di Ivrea. Anche qui il bene è sul mercato come proprietà di pregio. Oltre 2.000 metri quadrati, 11 camere, 13 bagni, cortile pavimentato, cappella del XV secolo, terreno per circa 6,6 ettari con cascina e castelletto. L’immobile viene proposto sia come residenza storica privata sia come boutique hotel o location per eventi.
Il prezzo non è dichiarato: trattativa riservata, come spesso accade negli annunci di alto profilo. Le inserzioni compaiono su Romolini Immobiliare, Christie’s International Real Estate, LuxuryEstate, JamesEdition e Idealista. È un maniero di origine medievale, già utilizzato anche per riprese cinematografiche, inserito in uno dei contesti paesaggistici più iconici del Canavese. Le voci su Johnny Depp, le smentite, le telefonate dei sindaci, le leggende che durano lo spazio di una settimana fanno parte del folklore. La proprietà, dell’avvocato Domenico De Simone, resta comunque sul mercato.
E non manca neppure Andrate, con il Castello di Croce Serra, proposto a circa 1,6 milioni di euro, immerso in un parco di due ettari, con torri merlate, casa del custode, privacy garantita. Anche qui, annunci, trattative ipotizzate, silenzi e smentite.
Il quadro è chiaro. Il Canavese è una terra di castelli, ma sempre più spesso è anche una terra di castelli in vendita. Ognuno con la sua storia, le sue ferite, i suoi progetti mai decollati. Tutti accomunati da una domanda che resta sospesa: questi luoghi sono destinati a diventare beni esclusivi, rifugi per pochi, o possono ancora essere parte di una narrazione collettiva?
Non è questione di nostalgia. È una questione politica, culturale, territoriale. Perché quando un castello viene messo sul mercato non cambia solo proprietario. Cambia il rapporto tra una comunità e la propria storia. E nel Canavese, oggi, questo rapporto appare sempre più fragile, appeso a un’asta, a una piattaforma immobiliare, a una trattativa riservata, a una firma davanti a un notaio.
I castelli restano. Le colline restano. A cambiare, lentamente, è il significato che diamo a tutto questo.
Insomma: non stiamo vendendo solo pietra, ma il modo in cui scegliamo di abitare il nostro passato.
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