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Esteri - La Voce degli animali
15 Dicembre 2025 - 22:14
Il Giappone resta senza panda: perché Tokyo perde i suoi simboli più amati dopo 50 anni di diplomazia con la Cina?
C’è una fila silenziosa che serpeggia tra gli alberi di Ueno, a Tokyo. I telefoni sono alzati, le guance arrossate dal freddo, pochi secondi per uno sguardo, un inchino, a volte le lacrime. Non è una scena qualsiasi. Con la partenza dei gemelli Lei Lei e Xiao Xiao, prevista per la fine di gennaio, il Giappone resterà senza panda giganti nei propri zoo per la prima volta dal 1972. Non è solo una notizia di costume. È un fatto che intreccia diplomazia, economia locale, memoria collettiva e relazioni internazionali, raccontando mezzo secolo di rapporti tra Tokyo e Pechino.
La Tokyo Metropolitan Government ha ufficializzato che i due panda dello Ueno Zoological Gardens saranno rimpatriati in Cina a fine gennaio, in anticipo rispetto alla scadenza formale del prestito fissata a febbraio 2026. La data esatta del trasferimento non è ancora stata comunicata, ma l’ultimo giorno di apertura al pubblico è già stabilito: 25 gennaio. Da quel momento, lo zoo entrerà in una fase di chiusura simbolica di un’epoca, con accessi contingentati e prenotazioni obbligatorie per gestire l’afflusso dei visitatori. L’accordo di cooperazione tra la Tokyo Metropolitan Government e la China Wildlife Conservation Association (Associazione cinese per la conservazione della fauna selvatica), rinnovato nel 2021, prevedeva la restituzione degli animali entro il 20 febbraio 2026. L’anticipo di qualche settimana rientra nei tempi tecnici e sanitari del trasferimento.

Xiao Xiao, maschio, e Lei Lei, femmina, sono nati il 23 giugno 2021 proprio a Ueno. Sono figli di Ri Ri e Shin Shin, rientrati in Cina nel settembre 2024 per motivi di salute. Con loro si chiude un ciclo durato 55 anni, durante il quale i panda hanno accompagnato la vita pubblica giapponese, tra arrivi celebrati, nascite seguite in diretta e partenze cariche di significati che vanno ben oltre il recinto di uno zoo.
Non è la prima volta che Ueno resta senza panda. Accadde già nel 2008, dopo la morte di Ling Ling. Allora, però, la presenza di altri esemplari a Shirahama, nella prefettura di Wakayama, aveva garantito la continuità della specie sul territorio nazionale. Questa volta è diverso. Anche Adventure World, sempre a Shirahama, ha salutato i suoi ultimi quattro panda, Rauhin, Yuihin, Saihin e Fuhin, rientrati in Cina tra il 27 e il 28 giugno 2025. Da quel momento, l’unico presidio della cosiddetta “panda-mania” giapponese erano rimasti i due gemelli di Ueno. Con il loro addio, il Giappone entra ufficialmente nel suo primo periodo senza panda dal 1972.
Il panda è da decenni uno strumento centrale della diplomazia culturale cinese. Nel 1972, con l’arrivo a Tokyo di Kang Kang e Lan Lan, Cina e Giappone celebrarono la normalizzazione delle relazioni diplomatiche. Da allora, la presenza dei panda ha segnato fasi alterne dei rapporti bilaterali, diventando una forma di soft power riconoscibile in tutto il mondo. Oggi i panda non vengono più donati, ma concessi in prestito. La Cina mantiene la proprietà legale degli animali e dei cuccioli, che devono rientrare entro pochi anni per essere inseriti nei programmi di conservazione. I canoni annuali, quando resi pubblici, si collocano generalmente tra 1 e 2 milioni di dollari a coppia, fondi destinati ai progetti di tutela sul territorio cinese.
In questo quadro, l’anticipo del rientro dei gemelli di Ueno non assume un valore politico esplicito, ma risponde a esigenze operative e sanitarie. Resta però aperta la questione centrale: se e quando un nuovo accordo potrà riportare i panda in Giappone. Al momento non ci sono annunci ufficiali. La stampa giapponese parla di trattative complesse, rese più difficili da un contesto geopolitico meno favorevole rispetto al passato.
Oltre al valore simbolico, il panda ha un peso economico concreto. A Tokyo, dopo la nascita dei gemelli nel 2021, una stima del professor Katsuhiro Miyamoto della Kansai University ha quantificato un impatto economico annuo potenziale di circa 30,8 miliardi di yen, tra merchandising, ristorazione, trasporti e turismo. I negozi del quartiere hanno costruito intere linee di prodotti dedicate, mentre lo zoo ha introdotto sistemi di lotteria e contingentamento per gestire l’afflusso. L’uscita di scena di Lei Lei e Xiao Xiao lascia quindi un vuoto che non è solo affettivo, ma anche economico, e che difficilmente potrà essere colmato nel breve periodo.
Dal 1972 in poi, i panda sono entrati stabilmente nell’immaginario collettivo giapponese. Le code interminabili a Ueno, i servizi televisivi, i personaggi ispirati al bianco e nero dei panda hanno accompagnato generazioni diverse. Ogni nascita ha riacceso l’attenzione, ogni partenza ha rappresentato un passaggio delicato. L’addio a Ri Ri e Shin Shin nel 2024 aveva già segnato la fine di una fase. Ora tocca ai figli, mentre il Paese osserva consapevole di trovarsi davanti a una cesura storica.
Il rimpatrio di due panda è un’operazione complessa. Prevede controlli veterinari approfonditi, periodi di quarantena, casse di trasporto progettate su misura e voli cargo con temperatura e umidità costantemente monitorate. Tutto viene coordinato tra lo zoo giapponese, le autorità di Tokyo, le istituzioni cinesi e i centri di ricerca di destinazione, come il Chengdu Research Base of Giant Panda Breeding o il China Conservation and Research Center for the Giant Panda. Anche l’accesso del pubblico viene ridotto al minimo indispensabile, con tempi di osservazione molto brevi, per limitare lo stress sugli animali.
Per la Tokyo Metropolitan Government, l’addio ai panda è anche una prova di gestione urbana. Ueno non è solo uno zoo, ma un distretto culturale che comprende musei, parchi e una rete di attività commerciali. Nei mesi successivi alla partenza, la città dovrà assorbire una probabile riduzione di visitatori. Nel frattempo, altri Paesi continuano a stringere o rinnovare accordi con la Cina. Negli Stati Uniti, lo Smithsonian’s National Zoo di Washington ha annunciato un nuovo accordo decennale dopo il rientro dei panda nel 2023. A San Diego, in California, nel 2024 è arrivata una nuova coppia. Segnali che indicano come la diplomazia del panda non sia finita, ma si adatti ai contesti politici.
Sullo sfondo resta la questione della conservazione. Il panda gigante è passato da specie “in pericolo” a “vulnerabile” nella Lista Rossa IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) grazie a decenni di interventi coordinati. L’ultimo censimento disponibile, del 2014, stimava 1.864 esemplari in natura, con una popolazione in cattività in crescita. Restano però criticità legate alla frammentazione degli habitat e agli effetti del cambiamento climatico sul bambù. In questo quadro, il ruolo degli zoo, se orientato a ricerca e educazione, continua a essere considerato parte della strategia complessiva.
Per chi vorrà salutare Lei Lei e Xiao Xiao prima del 25 gennaio, serviranno pazienza e organizzazione. I tempi di visita sono ridotti, le prenotazioni obbligatorie. Dopo, resteranno i peluche sugli scaffali e una programmazione culturale che punta a trasformare la nostalgia in informazione, con mostre e incontri dedicati alla biodiversità. Quando i cassoni di trasporto partiranno verso il Sichuan, la folla di Ueno si disperderà lentamente. Resterà la consapevolezza che i panda hanno rappresentato, per oltre mezzo secolo, uno specchio delle relazioni tra Giappone e Cina. Questa fase si chiude. Non è una rottura definitiva, ma una pausa in una relazione che, come la storia insegna, potrebbe riprendere.
Fonti: Tokyo Metropolitan Government, Ueno Zoological Gardens, China Wildlife Conservation Association, Kansai University, IUCN, Smithsonian’s National Zoo, San Diego Zoo Wildlife Alliance, principali agenzie di stampa giapponesi e internazionali.
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