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Ex Gondrand, quattro anni persi e un progetto al ribasso

Iaria attacca la giunta: “Nel 2021 c’era un’idea più forte. Oggi meno opere pubbliche, meno garanzie e nessun vero ritorno per Barriera di Milano”

Ex Gondrand, quattro anni persi e un progetto al ribasso

Iaria

Quattro anni buttati via. Quattro anni di attese, tavoli tecnici, promesse, dichiarazioni solenni e conferenze stampa, per arrivare oggi a un progetto più debole, più povero e decisamente meno ambizioso di quello che era già pronto nel 2021. Sull’area ex Gondrand di Torino, uno dei nodi urbani più delicati di Barriera di Milano, il tempo non ha portato valore: ha prodotto un ridimensionamento. E a dirlo non è l’opposizione per partito preso, ma Mauro Iaria, che quell’area l’ha seguita da vicino quando era assessore e che oggi parla da deputato del Movimento Cinquestelle, ma soprattutto da cittadino che vive quotidianamente quelle strade.

«Il confronto tra la proposta presentata al mio assessorato nel maggio 2021 e il progetto approvato oggi è chiaro e politicamente preoccupante», afferma Iaria, mettendo subito le cose in chiaro. «Non siamo di fronte a un’evoluzione migliorativa, ma a un ridimensionamento che produce pochi benefici per la città e per i cittadini». Tradotto: dopo quattro anni, Torino porta a casa meno di quanto avrebbe potuto ottenere allora, nonostante si parli di una delle più grandi aree di trasformazione urbana rimaste in Barriera.

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Nel 2021 l’ex Gondrand non era solo un’area dismessa da trasformare con qualche ruspa e due rendering patinati. Era – ed è tuttora – un concentrato di problemi strutturali: occupazioni abusive, spaccio, degrado, tensioni quotidiane sul fronte dell’ordine pubblico. Un’area vasta, strategica, che si estende per oltre 38 mila metri quadrati complessivi, considerando sia l’ex stabilimento Gondrand sia l’adiacente ex area Carlini. Proprio per questo, spiega Iaria, la scelta era stata quella di intervenire in fretta e con una visione forte, sfruttando l’interesse pubblico per pretendere un ritorno reale per il quartiere. Non un’operazione immobiliare resa semplicemente “possibile”, ma una vera rigenerazione urbana e sociale.

Il metodo, allora, era chiaro: prima si valutavano le ricadute sull’intero quartiere, poi si costruivano accordi solidi, con obblighi e contropartite precise. Il parco urbano, la riqualificazione ambientale di via Lauro Rossi, il rafforzamento degli spazi culturali già presenti – come Spazio 211, presidio fondamentale per Barriera – non erano dettagli marginali, ma pilastri di una strategia che mirava a cambiare davvero il volto della zona. Non a cosmetizzarlo, non a renderlo solo più appetibile sul mercato.

Oggi, invece, il bilancio è amaro. «Dopo quattro anni molte delle criticità di ordine pubblico sono ancora presenti», osserva Iaria, «e le vivo anch’io quotidianamente da cittadino della zona». Nel frattempo, fa notare, un governo che in campagna elettorale aveva promesso più sicurezza non ha lasciato tracce concrete sul territorio. Le parole sono rimaste tali, mentre Barriera continua a fare i conti con gli stessi problemi di sempre, aggravati dal trascorrere del tempo e dall’assenza di interventi strutturali incisivi.

Sul piano urbanistico il risultato è deludente anche guardando ai contenuti del progetto approvato. A fronte di un’area enorme, la città guadagna poco: meno opere pubbliche, meno garanzie, meno attenzione alla dimensione sociale e culturale. Il nuovo intervento prevede soprattutto funzioni private: spazi commerciali, strutture ricettive come hotel o B&B, attività di somministrazione, uffici, una palestra e parcheggi. Un mix che rende l’operazione economicamente sostenibile, ma che conferma il punto politico sollevato da Iaria: l’interesse pubblico è rimasto sullo sfondo.

Il progetto approvato rinuncia a chiedere di più, si accontenta di applicare – attraverso una deroga urbanistica – prescrizioni che erano già previste dal piano, senza pretendere un vero salto di qualità. Una scelta politica precisa, che scarica i costi sul quartiere e riduce al minimo il ritorno collettivo, trasformando quella che poteva essere una leva di rigenerazione profonda in un’operazione formalmente corretta ma sostanzialmente debole.

Ancora più grave è l’assenza di interventi strutturali sui parcheggi di interscambio a servizio della futura Metro 2. Un’infrastruttura strategica per Torino, che avrebbe dovuto essere accompagnata da scelte coerenti su accessibilità, mobilità e riduzione del traffico. Invece, nulla. Un vuoto che pesa, perché parlare di rigenerazione urbana senza affrontare seriamente il tema dei flussi, dei collegamenti e dei servizi significa fermarsi alla superficie, lasciando irrisolti i nodi che incidono davvero sulla vita quotidiana dei residenti.

«La differenza più evidente riguarda il metodo», sottolinea Iaria. «Noi puntavamo a un interesse pubblico forte, capace di generare un ritorno reale per i cittadini. L’attuale giunta ha scelto invece di utilizzare una deroga urbanistica per attuare, di fatto, prescrizioni già previste dal piano, senza pretendere un salto di qualità vero per la città». È qui che sta il nodo politico: nella rinuncia a usare il peso pubblico per migliorare davvero il progetto.

Anche le tempistiche raccontano molto. Le demolizioni sono partite solo tra la fine del 2024 e il 2025, mentre il completamento dell’intervento è previsto non prima del 2027. Significa che, dopo quattro anni di attesa, il quartiere dovrà aspettarne almeno altri due per vedere un risultato finale che, paradossalmente, è meno ambizioso di quello che era già sul tavolo nel 2021.

Il rischio, ora, è che la tanto evocata rigenerazione urbana si riduca a un’operazione formale, buona per i comunicati e per i titoli ottimistici, ma incapace di incidere sulla vita reale del quartiere. Barriera di Milano resta con gli stessi problemi e con strumenti più deboli per affrontarli. E dopo più di quattro anni di attesa, i cittadini si trovano davanti a un progetto meno ambizioso di quello che era già pronto allora. Altro che passo avanti. Insomma.

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