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15 Dicembre 2025 - 06:00
Epidemia bovina in Francia. Disastro per gli allevatori. Autostrada bloccata contro gli abbattimenti di massa
La scena è prima di tutto sonora: il crepitio dei bracieri che spezzano il silenzio, il ronzio continuo dei generatori, il metallo dei rimorchi che vibra quando un trattore avanza di pochi centimetri per trovare assetto. Siamo all’imbocco dell’A64, all’altezza di Carbonne, una quarantina di chilometri a sud di Tolosa. Una sessantina di mezzi agricoli disposti con ordine occupano circa trecento metri di carreggiata. Non ci sono slogan gridati né fumogeni. Circolano caffè caldo, qualche birra a fine turno, torte portate dai vicini. Gli allevatori si alternano con discrezione, dopo la mungitura e prima che faccia buio. È la risposta della base agricola del Sud-Ovest francese all’epidemia di dermatosi nodulare contagiosa (DNC), conosciuta anche come lumpy skin disease, e alla decisione del Governo di ricorrere all’abbattimento sistematico dei bovini nei focolai. Una protesta misurata, che rimette l’A64 al centro del dibattito nazionale, nello stesso punto in cui nel gennaio 2024 prese forma la mobilitazione agricola che scosse il Paese.

A dare un volto e una voce al presidio è Jérôme Bayle, allevatore ed ex rugbista, già figura di riferimento delle proteste sull’A64. Attorno a lui si muove un mondo che smentisce gli stereotipi: uomini e donne, quasi un quarto donne, giovani che hanno appena rilevato un’azienda e allevatori prossimi alla pensione senza eredi certi, realtà orientate alla carne o al latte, aziende biologiche e convenzionali. Il filo che li unisce è la stessa preoccupazione. Un rialzo di temperatura, una perdita di appetito, un nodulo sotto la pelle possono essere sufficienti per far scattare la paura. Il riferimento torna sempre a quanto accaduto in Ariège, dove dopo un solo caso è stato disposto l’abbattimento dell’intera mandria, e soprattutto al caso delle 207 vacche del GAEC Mouriscou, eliminate in blocco. Un numero che circola tra i trattori come un monito. Il timore, espresso senza toni drammatici ma con lucidità, è che la prospettiva di perdere tutto possa indurre qualcuno a rimandare la segnalazione dei sintomi. È il punto di frizione più delicato tra sanità veterinaria e comportamento sul campo.
La dermatosi nodulare contagiosa (DNC) è una malattia virale che colpisce esclusivamente i bovini ed è trasmessa principalmente da insetti vettori come tafani e mosche pungenti. Non è trasmissibile all’uomo, né per contatto diretto né attraverso latte, carne o formaggi. Per gli animali, però, può essere pesante: febbre, lesioni cutanee, calo produttivo, aborti e, nei casi più complessi, morte. L’impatto economico è rilevante perché comporta restrizioni alla movimentazione, zone regolamentate e blocchi commerciali, in particolare per latte crudo e derivati. In Francia il primo caso è stato confermato il 29 giugno 2025 in Savoia. Da quel momento il Paese ha perso lo status sanitario di territorio indenne e ha attivato un piano di emergenza fondato su zone regolamentate, vaccinazione, misure di biosicurezza e abbattimenti nei focolai. I dati ufficiali parlano di oltre cento focolai individuati entro metà dicembre in nove dipartimenti, di circa 3.000 capi abbattuti e di quasi 6 milioni di euro già erogati in indennizzi. Il Governo ha annunciato un’estensione significativa della vaccinazione, fino a 1.000.000 di capi, con obbligatorietà nelle aree a rischio, dopo nuove segnalazioni nel Sud-Ovest, tra Ariège e Hautes-Pyrénées, e l’ampliamento della zona vaccinale a Aude, Haute-Garonne, Gers e Pyrénées-Atlantiques.
Dal punto di vista sanitario la strategia è chiara, ma sul piano sociale la discussione resta aperta. Molti allevatori giudicano sproporzionato l’abbattimento totale della mandria al primo caso clinico, perché cancella in poche ore il lavoro di una vita e destabilizza filiere locali già fragili. Altri, tra cui la FNSEA (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles), sindacato agricolo maggioritario, sostengono che solo interventi rapidi e radicali possano evitare un’escalation dell’epidemia e nuovi embarghi su latte e carne.
Il presidio di Carbonne è diventato così un banco di prova di convivenza tra dissenso e ordine pubblico. Non si registrano violenze, sono presenti famiglie, le turnazioni consentono agli allevatori di rientrare in stalla, e le forze dell’ordine mantengono una presenza discreta. Gli organizzatori insistono su sicurezza e disciplina, con corsie di emergenza sempre libere e passaggi garantiti. Il messaggio è netto: nessuno nega l’esistenza della malattia, ma si chiede di privilegiare una vaccinazione tempestiva e ben organizzata, accompagnata da indennizzi rapidi e regole chiare.
Sul piano politico il confronto attraversa le principali organizzazioni agricole. La FNSEA appoggia, pur con richiami alla proporzionalità, la linea governativa. La Coordination Rurale contesta la sistematicità del depeuplement totale e chiede misure più mirate basate su quarantene e tracciabilità rafforzata. La Confédération paysanne, sindacato dei piccoli e medi agricoltori, avverte che la crisi sanitaria rischia di accentuare la fragilità economica delle campagne e di accelerare la concentrazione delle aziende.
I numeri aiutano a capire la posta in gioco. Dall’estate all’inizio di dicembre 2025 i focolai hanno superato quota cento, gli abbattimenti hanno oltrepassato i 3.000 capi e gli indennizzi hanno raggiunto quasi 6 milioni di euro. Le restrizioni ai movimenti sono state irrigidite, con obblighi di notifica entro 24 ore per mercati e centri di raccolta e divieti temporanei di raduni di bovini. Ogni cifra si traduce in ritardi, costi aggiuntivi, stalle vuote e contratti sospesi, sia nelle zone di montagna sia nella zootecnia di pianura.
Il dibattito ruota attorno a due strumenti entrambi onerosi, abbattimento e vaccinazione. Secondo il Ministero dell’Agricoltura, l’abbattimento totale nel focolaio elimina la carica virale e protegge l’area circostante, mentre la vaccinazione di massa crea una barriera immunitaria. Nella pratica le due strategie si combinano, insieme a misure di biosicurezza come il controllo degli insetti e la disinfezione dei mezzi. La ministra Annie Genevard ha confermato l’obbligatorietà della vaccinazione nelle aree designate e ha ricordato che la DNC può manifestarsi in forme lievi difficili da individuare. Senza misure incisive, ha avvertito, il rischio sarebbe quello di esporre fino a 1,5 milioni di capi e di compromettere la credibilità sanitaria del Paese.
L’epidemia ha effetti immediati anche sui mercati. Diversi partner commerciali hanno introdotto restrizioni su bovini vivi, materiale genetico, latte crudo e derivati non pastorizzati, in linea con le regole della WOAH (World Organisation for Animal Health), l’organizzazione mondiale per la salute animale. La filiera lattiero-casearia francese, tra le più importanti dell’Unione Europea, risente di prezzi in calo alla stalla, ritardi nei ritiri e incertezze contrattuali. Da qui la pressione del Governo per ridurre rapidamente la circolazione del virus e recuperare condizioni sanitarie favorevoli all’export.
Tra i trattori dell’A64 emerge infine un tema meno visibile ma decisivo, quello psicologico. Ogni sistema di sorveglianza sanitaria si fonda sulla segnalazione precoce. Se la conseguenza percepita è la perdita dell’intero patrimonio aziendale, la tentazione di rimandare una comunicazione diventa concreta. Le autorità cercano di compensare questo rischio con indennizzi rapidi e priorità vaccinali, ma la fiducia resta un elemento fragile, che richiede tempo e coerenza.
Nel Sud-Ovest la mappa delle zone regolamentate e vaccinali continua a evolversi, coinvolgendo territori come Haute-Garonne, Aude, Gers e Pyrénées-Atlantiques. La sfida è logistica, dalla disponibilità delle dosi alla capacità delle squadre veterinarie di operare in tempi ristretti. L’obiettivo dichiarato è interrompere l’epidemia entro una finestra stagionale ancora utile.
Il presidio di Carbonne resta così un indicatore dello stato d’animo agricolo. Se la campagna vaccinale procederà come annunciato e gli indennizzi continueranno a essere erogati senza intoppi, i trattori potrebbero tornare ai campi. In caso contrario, l’A64 rischia di diventare di nuovo un luogo di confronto permanente. La protesta, per ora, dimostra che anche una mobilitazione può mantenere misura e ordine, ponendo al centro una questione che riguarda non solo gli allevatori, ma una delle principali filiere agroalimentari europee e il rapporto tra politica sanitaria ed economia reale.
Fonti utilizzate: Ministero dell’Agricoltura francese, Prefetture dei dipartimenti interessati, FNSEA (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles), Coordination Rurale, Confédération paysanne, WOAH (World Organisation for Animal Health), comunicati ufficiali delle autorità sanitarie veterinarie francesi.
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