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La scuola da inaugurare pochi giorni prima delle elezioni...

Tra cantieri, rendering e futuro immaginato, il sindaco Lo Russo scopre l’edilizia scolastica giusto in tempo per la primavera elettorale

La scuola che non c’è e il voto che arriva

La scuola che non c’è e il voto che arriva

Entrare in una scuola in costruzione, scrive su Facebook il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, significa immaginare il futuro di chi la vivrà ogni giorno. Ed è vero. È talmente vero che, se ci si entra abbastanza spesso, il futuro finisce per sembrare già presente. Anche quando non lo è.

Succede all’Istituto Norberto Bobbio, in via Santhià, dove il sindaco cammina tra spazi “ancora in divenire”. Espressione gentile, quasi affettuosa, per indicare un luogo che non è ancora una scuola ma che, raccontato nel modo giusto, lo diventa subito. Basta cambiare il tempo verbale: dal presente dei lavori al futuro delle intenzioni.

L’iniziativa si chiama “Scuole in Cantiere” ed è un titolo molto onesto, perché non promette scuole finite, ma scuole raccontabili. Nel 2025, del resto, l’opera pubblica non deve essere conclusa: deve essere visibile. E possibilmente visitabile, fotografabile, condivisibile.

La nuova scuola, grazie ai fondi PNRR, sorgerà al posto di quella abbattuta e sarà pronta nella primavera del 2026. Primavera, non estate né autunno. Primavera. La stagione giusta per inaugurare, sorridere, stringere mani e ricordare che investire nelle scuole significa investire nel futuro. Anche perché a Torino, nella primavera del 2026, si voterà. Ma questa è solo una coincidenza del calendario, naturalmente.

La scuola sarà sicura, accogliente, inclusiva e sostenibile. È l’elenco minimo sindacale della buona amministrazione contemporanea. Se manca una di queste qualità, il progetto non passa. Se ci sono tutte, non servono molte altre spiegazioni. La scuola, così descritta, è già perfetta. Anche se per ora esiste soprattutto in forma di promessa.

Il sindaco spiega che investire nelle scuole vuol dire prendersi cura delle persone e dei quartieri. È un passaggio interessante, perché sposta il discorso dal cemento alla morale. Non si costruisce un edificio, si costruisce una comunità. Non si alzano muri, si alza lo sguardo. E in un’area come Barriera di Milano, aggiunge, questo intervento ha un valore ancora più forte. Forte quanto basta per non dover essere misurato.

Seguono i ringraziamenti, puntuali e preventivi. A chi progetta, a chi lavora, a chi segue ogni fase con responsabilità. Tutti già ringraziati, anche se la fase decisiva deve ancora arrivare. Un modo elegante per dire che il racconto è già completo, anche se l’opera non lo è.

Un ringraziamento speciale va a Urban Lab, che racconta la grande trasformazione di Torino. Ed è una frase che spiega molto del nostro tempo: non basta trasformare una città, bisogna raccontarla mentre cambia. A volte basta anche solo raccontarla.

Il messaggio finale invita a continuare a costruire insieme una Torino che mette al centro la scuola e le nuove generazioni. È una frase che funziona sempre, perché non contraddice nessuno e non impegna nessuno. È il tipo di frase che si può pronunciare davanti a un cantiere, davanti a un rendering o davanti a un’urna.

In fondo, entrare in una scuola in costruzione significa davvero immaginare il futuro. E immaginare il futuro, in politica, è spesso il modo migliore per arrivare al presente giusto, nel momento giusto. Con la scuola quasi pronta, la fascia tricolore ben visibile e la primavera già scritta sul calendario.

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