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Università di Torino, bilanci in rosso: riserve per tappare i buchi e appello ai fondi statali

Deficit in aumento, appello al ministero e tagli ai costi operativi. A rischio borse post-laurea e aiuti economici

Università di Torino, bilanci in rosso: riserve a tappare i buchi e appello ai fondi statali

Università di Torino, bilanci in rosso: riserve a tappare i buchi e appello ai fondi statali. Sullo sfondo: Palazzo Nuovo

In via Po l’allarme non è più sommesso. I numeri del bilancio dell’Università di Torino raccontano una difficoltà strutturale che, per il secondo anno consecutivo, impedisce all’ateneo di chiudere i conti in pareggio. Nell’immediato la soluzione è stata attingere alle riserve di cassa, ma la proiezione dei prossimi anni restituisce uno scenario che impone scelte rapide e tutt’altro che indolori: il disavanzo stimato arriva a 62 milioni di euro nel 2026, per poi scendere a 54 milioni nel 2027 e 47 milioni nel 2028. Una traiettoria in lieve attenuazione, ma ancora lontana da un equilibrio sostenibile.

Il problema non nasce oggi e non è frutto di una contingenza isolata. Dall’ateneo spiegano che la spesa è cresciuta in modo significativo soprattutto sul fronte del costo del personale, appesantito dagli adeguamenti all’inflazione e dalle progressioni di carriera previste dai contratti. Costi rigidi, difficilmente comprimibili, che aumentano più velocemente delle entrate. Sul versante opposto, infatti, il Fondo di finanziamento ordinario del ministero resta sostanzialmente stabile, incapace di assorbire l’aumento delle spese. È qui che si apre il vero squilibrio: un mismatch strutturale tra risorse disponibili e costi obbligati, che allarga anno dopo anno il divario.

Di fronte a questo scenario, l’Università di Torino ha messo sul tavolo due linee di intervento. Da un lato l’appello al ministero, affinché aumenti la dotazione finanziaria e riconosca il peso crescente dei costi che gravano sugli atenei. Dall’altro, un piano di razionalizzazione delle spese operative e gestionali, che guarda a tutto ciò che può essere ridotto o ottimizzato: dai consumi più quotidiani, come benzina e fotocopie, fino alla gestione delle aree verdi e alle manutenzioni. Un lavoro capillare, che punta all’efficienza, ma che non può essere indolore.

Il punto critico sta infatti nelle possibili ricadute. Nella lista delle voci che rischiano di essere ridimensionate compaiono anche fondi per borse post laurea e aiuti agli studenti. Un segnale che preoccupa, perché tocca il cuore della funzione pubblica dell’università. Se il risanamento passa dal taglio al sostegno al merito e al diritto allo studio, l’effetto non è solo contabile: può riflettersi sulla qualità della didattica, sull’attrattività dell’ateneo e, nel medio periodo, sulla capacità di produrre ricerca, competenze e innovazione.

La fotografia che emerge è netta. Le misure di efficientamento possono alleggerire il conto, ma difficilmente possono sostituire un adeguamento strutturale delle risorse. L’inerzia del finanziamento pubblico, a fronte di costi in crescita e sempre più rigidi, non è più sostenibile con soli aggiustamenti interni. Per questo l’appello al ministero non appare come una richiesta accessoria, ma come una condizione necessaria per riallineare missione e mezzi. In gioco non c’è solo l’equilibrio di un bilancio, ma il ruolo stesso dell’Università di Torino come motore culturale, sociale ed economico del territorio.

Palazzo del Rettorato

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