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13 Dicembre 2025 - 07:43
Pedro Sánchez
Una porta di vetro si apre e si richiude nei corridoi della Moncloa, sede della presidenza del governo spagnolo. Dentro, secondo i racconti raccolti da diverse testate, lavoravano anche donne che per mesi hanno cercato di essere ascoltate su presunte molestie attribuite a Francisco “Paco” Salazar, ex consigliere di primo piano dell’apparato socialista. Fuori, davanti alle telecamere, la seconda vicepresidente del governo Yolanda Díaz pronuncia tre parole che segnano una frattura politica evidente: “Cambio assoluto”. È il 12 dicembre 2025 e la crisi che attraversa la Spagna si condensa in un contrasto netto. Da una parte la leader di Sumar, che chiede un rimpasto dell’esecutivo e misure immediate e severe contro corruzione e pratiche culturali riconducibili al machismo. Dall’altra il presidente del governo Pedro Sánchez, che respinge l’ultimatum, rivendica fiducia nei suoi ministri e fa filtrare un messaggio di apparente calma: nessun membro del governo sarebbe coinvolto. È uno schema già visto. I fatti, però, raccontano una situazione più complessa.

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La presa di posizione di Yolanda Díaz non nasce dal nulla. La vicepresidente, sostenuta dai partiti che compongono Sumar, tra cui Izquierda Unida, Más Madrid e Comuns, chiede un cambiamento profondo dell’esecutivo e un programma minimo di rigenerazione democratica. Sul tavolo mette una verifica immediata sulla SEPI (Sociedad Estatal de Participaciones Industriales), il rilancio di un’agenzia pubblica anticorruzione affossata in Parlamento a settembre dai voti di PP (Partido Popular), Vox e Junts, e persino la discussione sull’abolizione degli aforamientos, le immunità parlamentari, per reati di corruzione e violenza di genere. Le sue parole arrivano dopo mesi di logoramento della credibilità del PSOE (Partido Socialista Obrero Español): l’onda lunga del cosiddetto “caso Koldo”, la custodia cautelare dell’ex numero tre socialista Santos Cerdán per presunte tangenti legate ad appalti pubblici, e ora una serie di denunce per molestie che investono quadri medio-alti del partito. Testate come El País parlano apertamente di rottura. “Così non possiamo continuare”, dice Díaz in diretta televisiva, spiegando di averlo già comunicato a Sánchez. Dalla Moncloa filtra una linea opposta: i casi non coinvolgerebbero ministri in carica e le decisioni sui cambi di governo restano prerogativa del presidente. Intanto Pedro Sánchez prepara un intervento pubblico di bilancio politico, annunciato per i giorni successivi, insistendo su un clima di “assoluta tranquillità”. Su questo punto convergono le ricostruzioni di EFE, 20Minutos ed El País.
Il nodo più delicato riguarda il cosiddetto “caso Salazar”. Francisco “Paco” Salazar, ex alto funzionario della Moncloa e figura centrale della macchina comunicativa di Pedro Sánchez, è stato allontanato già a luglio dopo le prime rivelazioni giornalistiche. Il vero terremoto arriva però quando emerge che diverse segnalazioni interne inviate al canale anti-molestie del PSOE sarebbero rimaste per mesi senza una risposta efficace. La segretaria di Organizzazione del partito, Rebeca Torró, ammette pubblicamente “fallimenti di comunicazione” con le vittime, chiede scusa e chiarisce che l’istruttoria interna ha qualificato la condotta di Salazar come “falta muy grave”, una mancanza molto grave che ne impedisce qualsiasi rientro nel partito. Torró aggiunge che il PSOE offrirà assistenza legale e psicologica alle denunciate qualora decidano di rivolgersi alla magistratura. Le ricostruzioni di El País, EFE, The Guardian, Reuters e Huffington Post España coincidono su questo passaggio.
Un elemento chiave riguarda Antonio Hernández, indicato come strettissimo collaboratore di Salazar alla Moncloa. Il governo ne annuncia il licenziamento o la collocazione fuori ruolo, mentre il partito apre un fascicolo informativo per chiarire se fosse a conoscenza dei fatti e non sia intervenuto. Qui si innesta la linea difensiva socialista: nessuna volontà di copertura e, sul piano tecnico, spiegano da Ferraz, sede del PSOE, le segnalazioni non scomparirebbero ma alcuni dati verrebbero oscurati automaticamente dopo novanta giorni per ragioni di tutela della privacy. Una tesi contestata dall’opposizione e sottoposta a verifica critica dai media, come riportano Huffington Post España, EFE e The Guardian.
Resta aperta anche la questione dei protocolli anti-molestie all’interno della stessa Moncloa. Il governo sostiene che il palazzo sia un luogo sicuro per le lavoratrici e che, dopo l’esplosione del caso, il personale sia stato richiamato ai protocolli esistenti e formato nuovamente. Le inchieste giornalistiche, in particolare di El Español, pongono però una domanda precisa: esiste un meccanismo interno realmente operativo nella sede del governo, distinto dai canali di partito, e quanto è stato utilizzato? Una possibile lacuna che pesa sulla narrazione della “tolleranza zero”.
Il quadro si amplia con altre denunce. In Galizia, il presidente della Diputación de Lugo e sindaco di Monforte, José Tomé, è stato raggiunto, secondo diverse fonti, da quattro a sei segnalazioni attraverso il canale interno del PSOE. Le testimonianze, diffuse da programmi televisivi e riprese da più testate, parlano di tocchi non consensuali, messaggi e chiamate a contenuto sessuale e di offerte di lavoro in cambio di favori. Tomé nega con decisione, definisce le accuse “gravissime” e infondate e annuncia azioni legali a tutela della propria reputazione. Il caso crea tensione anche a livello locale, con impegni pubblici cancellati e promesse di decisioni rapide. Da Madrid, il portavoce socialista Patxi Lópezpromette di allontanare con fermezza chiunque venga denunciato con elementi credibili, in nome dei valori del partito, come riportano El Confidencial, Infobae tramite Europa Press e Libertad Digital.
In Andalusia, a Torremolinos, emerge la denuncia contro Antonio Navarro, segretario generale del PSOE locale. Scatta la sospensione cautelare della militanza, l’apertura di un procedimento disciplinare, la richiesta della federazione andalusa di nominare una gestora nel circolo cittadino e la trasmissione del dossier alla Fiscalía de Violencia sobre la Mujer (Procura per la violenza contro le donne). La denunciante racconta una lunga sequenza di messaggi espliciti, insinuazioni e proposte sessuali non desiderate, oltre a un contatto fisico non consensuale, in parte avvenuti tramite canali e dispositivi dell’amministrazione locale. La vicenda, riportata da El País, RTVE, La Nación tramite Europa Press, El Español e Infobae, solleva interrogativi sulla capacità di prevenzione e tutela all’interno delle strutture politiche.
A questo si aggiunge la dimissione del senatore ed esponente dell’Esecutiva federale Javier Izquierdo, che lascia tutti gli incarichi ufficialmente per motivi personali e professionali. Rebeca Torró chiarisce però che il partito aprirà un expediente de oficio, un procedimento d’ufficio, dopo le notizie su un nuovo scritto arrivato al canale anti-molestie che lo riguarderebbe. Il PSOE sottolinea che al momento non esiste una denuncia formalmente registrata, mentre diversi media parlano di documenti protocollati. Le fonti includono EFE, El País, Artículo14, Diariocrítico, CatalunyaPresse Infobae.
Sul fronte della corruzione, la situazione è altrettanto delicata. L’ex segretario di Organizzazione del PSOE, Santos Cerdán, si trova in custodia cautelare dal giugno 2025 su ordine del Tribunal Supremo (Corte Suprema), per il suo presunto ruolo in un sistema di tangenti legato ad appalti pubblici collegati al cosiddetto “caso Koldo”. Gli atti della UCO (Unidad Central Operativa della Guardia Civil) parlano di una gestione illecita di almeno 620.000 euro. Le misure cautelari sono state confermate nonostante i ricorsi della difesa. Un quadro giudiziario ancora in evoluzione ma con un impatto politico rilevante, come sottolineano El País, Infobae tramite Europa Press, Heraldo, La Razón ed Europa Press.
Nelle ultime ore la UCO ha effettuato acquisizioni di documenti in ministeri e imprese pubbliche, tra cui Hacienda(Ministero delle Finanze), Transición Ecológica (Ministero della Transizione Ecologica), Correos, Mercasa ed ENUSA. L’indagine della Audiencia Nacional (Alta Corte Nazionale) su una presunta trama legata alla SEPI ha portato all’arresto dell’ex presidente Vicente Fernández Guerrero, dell’ex dipendente Leire Díez e dell’imprenditore Joseba Antxon Alonso, ritenuto vicino all’ambiente socialista. Le ipotesi di reato includono prevaricazione, malversazione, traffico di influenze e associazione a delinquere. Yolanda Díaz insiste per un’audit immediata sulla SEPI e per un pacchetto anticorruzione vincolante per tutte le società controllate dallo Stato, come riportano El País ed El Español.
Di fronte alle richieste di rimpasto, Pedro Sánchez mantiene una linea ferma. Le fonti della Moncloa ribadiscono che i casi di molestie riguardano esponenti del partito o amministratori locali e provinciali, non ministri in carica, che il governo interviene con provvedimenti mirati quando necessario e che un rimpasto ora sarebbe solo una risposta di facciata. È una posizione che ha una sua logica istituzionale, ma che rischia di accentuare la frattura con Sumar in una fase delicata della legislatura. I retroscena suggeriscono che Sánchez mantenga comunque margini di manovra, come riportano EFE, 20Minutos e HuffPost España.
In gioco non c’è solo la stabilità dell’esecutivo, ma la credibilità di un’intera agenda politica. Le promesse di parità di genere, l’efficacia dei protocolli interni, la capacità di reagire con trasparenza ai casi di corruzione e la tenuta di una coalizione complessa sono sotto esame. Osservatori internazionali, citati da The Guardian, Reuters e Huffington Post España, parlano di un possibile danno reputazionale per il PSOE, legato alla distanza tra retorica e pratica. Allo stesso tempo, fonti socialiste ricordano che il problema del machismo attraversa l’intero sistema politico spagnolo.
Le prossime settimane saranno decisive. Senza un rimpasto, Pedro Sánchez potrebbe puntare su interventi mirati, rafforzando i meccanismi di controllo nelle imprese pubbliche e uniformando i protocolli di gestione delle segnalazioni nella pubblica amministrazione. Yolanda Díaz e Sumar spingono invece per un pacchetto normativo minimo che includa un’agenzia anticorruzione con reali poteri ispettivi e maggiore trasparenza sui casi di molestie. Sul piano comunicativo, dopo le scuse di Rebeca Torró, il PSOE è chiamato a dimostrare con dati e tempi verificabili che le promesse di fermezza non restano sulla carta. Anche la gestione del rapporto di coalizione resta centrale, perché senza segnali concreti il rischio di disaffezione dell’elettorato progressista aumenta.
Alcune certezze emergono comunque: esiste un problema sistemico nella gestione delle segnalazioni di molestie, riconosciuto dagli stessi vertici socialisti; l’inchiesta sulla corruzione legata alla SEPI non è una costruzione mediatica, ma un’indagine con arresti e sequestri coordinati dalla Fiscalía Anticorrupción; la coalizione di governo è sottoposta a una pressione politica che richiede risposte tangibili. Restano molte incognite: fino a che punto Sánchez potrà mantenere la linea del non intervento sui ministri, quali saranno gli esiti delle istruttorie interne e se la promessa di “tolleranza zero” diventerà uno standard replicabile.
Quella che la Spagna attraversa non è solo una crisi tra Moncloa e Ferraz, né un semplice scontro tra PSOE e Sumar. È una prova sulla cultura politica e sulla capacità delle istituzioni di tradurre in pratiche concrete i principi dichiarati. Pedro Sánchez può anche rinviare oggi un rimpasto, ma per spegnere davvero l’incendio dovrà mostrare risultati misurabili. Altrimenti saranno i tribunali, i sondaggi e infine gli elettori a pronunciarsi.
Fonti: El País, EFE, 20Minutos, El Confidencial, Huffington Post España, The Guardian, Reuters, RTVE, Infobae tramite Europa Press, Libertad Digital, El Español, La Nación, Artículo14, Diariocrítico, CatalunyaPress, Heraldo, La Razón, Europa Press.
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