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13 Dicembre 2025 - 05:41
“Sweden is dying”: la grande truffa virale sulla Svezia, tra stupri gonfiati, no-go zones inventate e paura usata come arma
All’alba, a Malmö, il mercato del pesce apre mentre un furgone della Polisen scorre lento lungo il canale. Pochi minuti dopo, sullo schermo di uno smartphone compaiono due notifiche destinate a fare il giro del mondo. Elon Musk scrive su X: “Sweden is dying”. Subito sotto, Peter Imanuelsen, noto online come Peter Sweden, rilancia: Malmö sarebbe “pericolosa quanto Baghdad”, in Svezia esisterebbero “65 zone vietate” e gli stupri sarebbero aumentati del “+2.300% in cinquant’anni”. Nel frattempo la città si sveglia, i tram entrano in servizio, i bar aprono. Fuori dallo schermo, la realtà continua. Dentro, la narrazione globale si spacca in tempo reale.
Il 9 dicembre 2025 il commento di Elon Musk, ridotto a tre parole, si aggancia a un thread allarmista su criminalità e immigrazione e trasforma ancora una volta la Svezia in un simbolo della guerra culturale internazionale. Il messaggio rimbalza rapidamente dall’ecosistema anglofono ai media svedesi, alle community militanti e agli ambienti politici più polarizzati. Nello stesso flusso, Peter Sweden amplifica il quadro con affermazioni drastiche e percentuali ad effetto. Alcuni numeri hanno una base reale, altri derivano da stime controverse o da definizioni deformate. Sui social, però, la precisione passa in secondo piano rispetto alla forza evocativa.
Uno dei punti centrali della polemica riguarda le cosiddette “no-go zones”. In Svezia queste zone non esistono nel senso letterale del termine. Non ci sono quartieri interdetti alle forze dell’ordine. Esiste invece una classificazione operativa elaborata dalla Polizia svedese (Polisen) che individua le “utsatta områden”, cioè aree vulnerabili caratterizzate da fragilità socioeconomiche e dalla presenza di reti criminali capaci di condizionare la vita quotidiana. Nel 2025 la Polisen ne censisce 65, di cui 19 definite “particolarmente vulnerabili”. L’aumento rispetto all’anno precedente è dovuto anche a una diversa segmentazione territoriale e non a un improvviso collasso della sicurezza. Gli stessi rapporti ufficiali segnalano miglioramenti in diversi quartieri e ribadiscono un dato spesso ignorato nel dibattito online: la polizia opera quotidianamente in tutte queste zone. Definirle “zone vietate” è una semplificazione che non regge alla verifica dei fatti.
Il paragone tra Malmö e Baghdad nasce invece dall’uso disinvolto di classifiche come quelle pubblicate da Numbeo, piattaforma che si basa su sondaggi di percezione degli utenti e non su statistiche ufficiali di criminalità. Nelle graduatorie di metà 2025 i punteggi delle due città risultano vicini, ma si tratta di indicatori soggettivi, utili per misurare il “sentiment” e non per descrivere la realtà dei reati. I dati ufficiali raccontano altro. La Svezia ha conosciuto negli ultimi anni un fenomeno anomalo per l’Europa occidentale, legato soprattutto all’uso di esplosivi da parte delle reti criminali, ma nel 2024 il numero degli omicidi è sceso a 92, il livello più basso dell’ultimo decennio. Anche le sparatorie sono diminuite rispetto ai picchi degli anni precedenti, pur restando concentrate in contesti di gang. Equiparare Malmö a una capitale segnata da decenni di guerra civile è un’operazione retorica, non un’analisi statistica.
Il tema delle esplosioni è reale e preoccupa le autorità. Dopo il picco del 2023, con circa 149 episodi, il 2024 ha registrato un calo degli interventi dell’unità nazionale antisabotaggio. Nel 2025, però, i conteggi provvisori della Polisen e le stime della stampa indicano una nuova crescita, con circa 150–160 esplosioni entro l’autunno. Si tratta di ordigni artigianali e granate, spesso provenienti dai Balcani, utilizzati nelle faide tra gruppi criminali. Sul fronte delle sparatorie, invece, il trend resta in discesa grazie a indagini più mirate e a un aumento del tasso di risoluzione degli omicidi legati alle gang. Resta il problema dell’impiego di minorenni come esecutori materiali, un elemento che allarma istituzioni e cittadini.
Ancora più delicata è la questione dei reati sessuali. L’affermazione di un aumento del 2.300% degli stupri in cinquant’anni è uno slogan che non trova riscontro nei dati istituzionali. Secondo il Consiglio nazionale svedese per la prevenzione del crimine (Brå), l’aumento delle denunce nel lungo periodo è legato in larga misura ai cambiamenti legislativi e a una maggiore propensione a denunciare. Nel 2018 la Svezia ha introdotto la legge sul consenso, stabilendo che ogni rapporto senza consenso esplicito costituisce stupro, senza la necessità di provare violenza o minaccia. Dopo questa riforma, le condanne sono aumentate rapidamente: nel 2019 e 2020 risultavano già superiori del 75% rispetto al 2017. Nel 2024 le denunce di stupro sono state 10.167, con un aumento del 7% rispetto al 2023, all’interno di un totale di 25.879 reati sessuali. Si tratta di denunce, non di condanne definitive, e riflettono un insieme di fattori normativi, definitori e sociali. Attribuire questi numeri in blocco all’immigrazione significa ignorare la complessità del fenomeno.
Il confronto internazionale è reso ancora più difficile dal modo in cui la Svezia registra i reati. Ogni singolo atto viene conteggiato separatamente, anche quando avviene all’interno dello stesso episodio. A questo si aggiungono le riforme legislative del 2005, del 2013 e del 2018, che hanno ampliato la definizione di stupro e introdotto nuove fattispecie, come lo stupro colposo. Le campagne di sensibilizzazione e un elevato livello di fiducia nelle istituzioni hanno inoltre aumentato la disponibilità delle vittime a rivolgersi alla polizia. Per questo motivo, un numero elevato di denunce non equivale automaticamente a un’esplosione della vittimizzazione. Le indagini campionarie mostrano livelli più vicini a quelli degli altri Paesi nordici.
Sul rapporto tra immigrazione e criminalità, il Brå mantiene una posizione prudente. La maggior parte delle persone, indipendentemente dall’origine, non viene mai sospettata di reati. Esiste una sovra-rappresentazione di persone con background migratorio tra i sospettati, ma questa diminuisce sensibilmente quando si tengono in considerazione fattori come età, genere e condizioni socioeconomiche. La relazione non è meccanica né uniforme e varia molto da territorio a territorio. Ridurla a uno slogan, in un senso o nell’altro, non aiuta a comprendere il problema né a risolverlo.
La narrativa dello “stupro sistemico” nasce e si diffonde proprio in queste semplificazioni. Dal 2018 in poi, diversi studi sull’ecosistema digitale hanno documentato l’uso ricorrente di frame come “Svezia stuprata”, “no-go zones” o “fallimento del multiculturalismo” da parte di media militanti e ambienti suprematisti. La Svezia, Paese noto per il welfare e l’uguaglianza di genere, diventa così un esempio negativo da esibire. L’Institute for Strategic Dialogue (ISD) ha mostrato come reti dell’estrema destra negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa centrale abbiano coordinato campagne mirate contro la reputazione svedese, spesso rilanciate anche da media vicini al Cremlino.
Dentro Malmö, la realtà è più sfaccettata di quanto suggeriscano i post virali. Quartieri come Rosengård o Södra Sofielund compaiono a fasi alterne nelle liste delle aree vulnerabili, ma la classificazione non indica zone inaccessibili. Serve a segnalare difficoltà nella raccolta di testimonianze, pressioni criminali e mercati della droga radicati. La città ha attraversato periodi di forte tensione alternati a fasi di calo della violenza, mentre negli ultimi anni l’attenzione si è spostata in parte verso l’uso di esplosivi, un fenomeno raro nel resto d’Europa ma diventato significativo in Svezia.
Le politiche adottate dalle autorità puntano su più livelli. Il governo ha rafforzato gli strumenti investigativi e le misure di sorveglianza, aumentando il tasso di risoluzione degli omicidi legati alle gang. Sono state intensificate le azioni contro il traffico di esplosivi, con sequestri record già nel 2023, e sono stati avviati interventi sociali nelle aree vulnerabili, che combinano presenza delle forze dell’ordine, lavoro con le scuole e i servizi sociali e strategie di lungo periodo per ridurre la segregazione residenziale.
La Svezia continua a ossessionare l’“internazionale suprematista” perché rappresenta un cortocircuito simbolico. È un Paese con alti livelli di fiducia istituzionale, dati pubblici e un dibattito aperto. Proprio questa trasparenza consente alla propaganda di selezionare numeri, decontestualizzarli e trasformarli in prove di un presunto declino. Se “cade” la Svezia, il messaggio implicito è che nessun modello liberale può reggere. È una narrazione semplice per problemi complessi.
Sweden is dying https://t.co/3aapUtP8nF
— Elon Musk (@elonmusk) December 9, 2025
Se ci si allontana dall’immediatezza dei social, il quadro appare più articolato. La sicurezza in Svezia non segue un’unica direzione: nel 2024 meno omicidi, meno sparatorie, nel 2025 più esplosioni. Le 65 aree vulnerabili sono uno strumento operativo, non un segnale di perdita di controllo del territorio. La legge sul consenso del 2018 ha ampliato l’accesso alla giustizia per le vittime, facendo crescere denunce e condanne, mentre la prevenzione resta una sfida aperta. Il legame tra migrazione e criminalità esiste in forme complesse e mediate dal contesto, lontane sia dal negazionismo sia dal determinismo.
Quando Elon Musk scrive “Sweden is dying”, intercetta un disagio reale legato a episodi violenti e a grafici in salita, ma lo cristallizza in un’immagine apocalittica che i dati non confermano. La Svezia attraversa una fase difficile e per molti inquietante, ma le istituzioni funzionano, le statistiche sono pubbliche e le politiche si adattano. È la differenza tra la politica dei numeri e quella delle paure. La prima richiede metodo e tempo, la seconda offre risposte immediate e nemici facili. La Svezia reale, lontana dai thread virali, vive di sfumature.
Fonti: Polisen; Brå (Consiglio nazionale per la prevenzione del crimine); Numbeo; Institute for Strategic Dialogue (ISD); dati ufficiali del Governo svedese; articoli di stampa svedese e internazionale
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