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USA all’assalto nei Caraibi: sequestrata la superpetroliera Skipper. E Maduro canta: "Don't worry, be happy"

L’operazione militare statunitense sulla VLCC Skipper apre uno scontro diplomatico e commerciale con il Venezuela, alimenta tensioni con l’Iran e ridisegna le rotte della flotta ombra del petrolio sanzionato

USA all’assalto nei Caraibi: sequestrata la superpetroliera Skipper. E Maduro canta: "Don't worry, be happy"

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Una manciata di secondi: il rotore di un elicottero sferza il mare dei Caraibi, uomini in mimetica scendono in corda doppia sul ponte di una superpetroliera. Qualche ora più tardi, a Caracas, microfono in mano, Nicolás Maduro canta in inglese, accento marcato, “Don’t Worry, Be Happy”, trasformandola in un appello diretto: “sì pace, non guerra”. Le due scene sembrano incompatibili eppure appartengono allo stesso giorno, il 10 dicembre 2025, segnato dall’annuncio del presidente Donald Trump: gli Stati Uniti hanno sequestrato un tanker ritenuto “grandissimo” davanti alle coste del Venezuela. Un gesto che vale come messaggio militare e finanziario e che potrebbe incidere almeno in parte sulle rotte dell’export petrolifero bolivariano.

Secondo ricostruzioni convergenti, il bersaglio della squadra americana è la VLCC Skipper, una Very Large Crude Carrier lunga oltre 333 metri. La nave era già nel mirino di OFAC (Office of Foreign Assets Control, il braccio sanzionatorio del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti) dal 2022, quando si chiamava Adisa ed era collegata, secondo Washington, a una rete che trafficava petrolio iraniano a vantaggio dell’IRGC-QF (Islamic Revolutionary Guard Corps – Quds Force) e di Hezbollah. Per la Casa Bianca, quel carico era greggio venezuelano trasportato aggirando sanzioni tramite spoofing dei transponder e bandiere di comodo.

Il sequestro avviene in acque internazionali del Caribe, nei pressi della costa venezuelana. Le fonti militari statunitensi parlano di un boarding lanciato da elicotteri partiti dalla portaerei USS Gerald R. Ford, con la Guardia Costiera degli Stati Uniti in prima linea e il supporto di FBI (Federal Bureau of Investigation) e Homeland Security Investigations. Nel video diffuso dalla procuratrice generale Pam Bondi si notano operatori che calano sul ponte e un’ispezione armata nella sovrastruttura. Non risultano vittime.

La Skipper era partita dal terminal venezuelano di Puerto José tra il 4 e il 5 dicembre con circa 1,8 milioni di barili di Merey, il blend pesante venezuelano. Prima del fermo avrebbe trasferito in operazione ship-to-ship circa 200.000 barili vicino a Curaçao verso la Neptune 6, battente bandiera panamense e ritenuta diretta a Cuba. Le autorità della Guyanaprecisano che la nave non era autorizzata a utilizzare la loro bandiera, indicazione che apre a possibili violazioni di nazionalità e registrazione. I dati satellitari e i tracker indipendenti confermano movimenti compatibili con queste informazioni. Di fronte alle domande su chi terrà il petrolio sequestrato, Trump risponde: “Probabilmente lo teniamo noi”. Per Caracas è una dichiarazione che assume toni di appropriazione indebita e di “pirateria internazionale”, mentre Teheran denuncia la violazione del diritto internazionale.

La scelta di colpire proprio la Skipper deriva dal suo passato di nave sanzionata. L’inserimento della ex Adisa nelle liste OFAC del 3 novembre 2022 la collegava a una rete di società e individui, tra cui il manager Viktor Artemov e le controllate Triton Navigation e Pontus Navigation, accusati di mascherare l’origine dell’olio iraniano tramite società schermo, documenti alterati e operazioni di blending in scali terzi. L’episodio riporta così al centro dell’attenzione l’architettura dello shadow trade: proprietà opache, assicurazioni poco trasparenti, scambi STS in aree di controllo ridotto, spoofing del sistema AIS (Automatic Identification System) e una gestione delle rotte pensata per confondere gli osservatori.

Nei mesi precedenti diverse analisi avevano segnalato una discrepanza tra ciò che la Skipper trasmetteva via AIS e la sua posizione reale, con un segnale che la mostrava immobile a cento miglia dalla Guyana mentre la nave operava lungo la costa venezuelana e successivamente nell’area di Curaçao. Una dinamica tipica della cosiddetta “flotta ombra”, la componente della logistica petrolifera impiegata per movimentare greggio di Venezuela, Iran e Russiaeludendo i vincoli.

Nello stesso giorno del sequestro, durante un evento pubblico, Maduro intona una versione personalizzata della celebre canzone di Bobby McFerrin, alternando appelli alla pace e messaggi improntati alla mobilitazione interna. Le immagini mostrano il presidente sul palco mentre ripete “No war, be happy”, con un tono studiato per parlare oltre i confini nazionali e provare a cambiare il campo narrativo: dal dibattito sulle sanzioni a quello della sovranità nazionale e della ricerca di una distensione.

Sul fronte energetico l’operazione produce un aumento moderato del Brent, intorno allo 0,4%, un movimento contenuto ma significativo dal punto di vista psicologico. Il dato rilevante riguarda però il precedente operativo: l’uso di mezzi militari statunitensi per bloccare fisicamente un flusso di petrolio venezuelano. Gli analisti concordano su un punto: se il sequestro restasse isolato, l’impatto sarebbe limitato, ma se diventasse una pratica ricorrente i premi assicurativi, gli sconti richiesti dagli acquirenti e i noli per la regione caraibica potrebbero aumentare rapidamente. Diverse valutazioni parlano di oltre trenta navi sanzionate considerate a rischio dopo il caso Skipper.

Nel novembre 2025 le esportazioni venezuelane avevano superato 900.000 barili al giorno, un livello elevato rispetto agli anni precedenti. La ripresa era sostenuta anche dall’importazione di nafta e diluenti che permettevano alla PDVSA(Petróleos de Venezuela S.A.) di spedire il greggio extrapesante a clienti disposti ad accettare alti sconti. Il sequestro della Skipper è letto come un segnale della volontà di Washington di estendere l’enforcement delle sanzioni oltre il versante finanziario. Nonostante ciò, la compagnia statunitense Chevron, partner di PDVSA in joint venture autorizzate, comunica che le sue attività proseguono regolarmente, con invii verso gli Stati Uniti arrivati a circa 150.000 barili al giorno. La convivenza tra canali autorizzati e flussi opachi conferma un equilibrio fragile.

Il timore negli ambienti del trading è la combinazione tra minore disponibilità di armatori ad accettare rotte venezuelane, aumento dei premi assicurativi e una maggiore prudenza degli acquirenti asiatici. Come osserva il politologo dell’energia Francisco J. Monaldi, l’impatto per Caracas potrebbe diventare “tremendo” qualora gli episodi si moltiplicassero, anche se la storia recente mostra una resilienza strutturale del governo venezuelano di fronte a shock economici severi.

Il quadro giuridico rimane incerto. In presenza di sanzioni unilaterali gli Stati Uniti utilizzano strumenti di diritto interno — sequestri su mandato e confische — per colpire asset collegati a reti considerate di supporto a organizzazioni terroristiche. Sul piano del diritto del mare, la legittimità dell’intervento in acque internazionali dipende dallo status della nave e dalla validità della bandiera. La precisazione della Guyana, secondo cui la Skipper non era registrata presso i suoi registri, apre alla possibilità della right of visit prevista dalla UNCLOS (United Nations Convention on the Law of the Sea) per chiarire la nazionalità. Dal diritto di visita al sequestro, tuttavia, il passaggio non è automatico e può essere contestato in sede internazionale.

Da Caracas la reazione è durissima: si parla di “pirateria internazionale” e di un attacco alle risorse del popolo venezuelano. Per l’Amministrazione Trump, invece, l’operazione rientra in una campagna di sicurezza nazionale contro il narco-terrorismo e le reti petrolifere sanzionate. Anche la diplomazia iraniana si allinea alla protesta venezuelana. La battaglia retorica serve a preparare il terreno per lo scontro nei fori multilaterali e nell’opinione pubblica.

Il 10 dicembre dimostra anche il peso delle immagini nella comunicazione politica contemporanea. Il video pubblicato sui profili di Pam Bondi diventa un elemento centrale della narrazione statunitense, perché mostra capacità operative e volontà di agire. Dall’altra parte, la clip di Maduro mira a disinnescare l’idea di uno scontro militare con un messaggio immediato e facilmente condivisibile sui social. Due estetiche opposte che tentano di occupare lo stesso spazio informativo.

Le navi della flotta ombra potrebbero ora rivedere parte delle rotte, privilegiando l’Atlantico Sud o il passaggio dal Capo di Buona Speranza per allontanarsi dal Caribe e ridurre la possibilità di intercettazione. Un’eventuale maggiore prudenza della Cina, principale acquirente di greggio scontato, avrebbe effetti immediati sugli sconti richiesti a PDVSA e sulla sostenibilità complessiva dell’export venezuelano. Le possibili ricadute riguardano anche Cuba, tradizionale destinataria del petrolio venezuelano, già alle prese con crisi energetiche e blackout.

All’interno del Venezuela la dipendenza dal petrolio rimane assoluta. La ripresa dell’export nel 2025 è costruita su margini ridotti e sulla disponibilità di partner disposti a correre rischi. Qualsiasi restrizione aggiuntiva sulle rotte può incidere rapidamente sui conti, sugli approvvigionamenti di diluenti e sulla manutenzione degli impianti. L’immagine di una VLCC presa d’assalto può compattare una parte del fronte chavista, ma allo stesso tempo alimentare timori se la stretta internazionale si traducesse in carenze di carburante o di altri derivati.

Per gli Stati Uniti l’operazione indica un salto di livello nell’applicazione delle sanzioni. Passare dalla leva finanziaria alla interdizione fisica significa colpire la logistica, ma richiede risorse, copertura legale e consenso politico. Ogni intervento comporta un rischio di incidenti e di contro-narrazioni, e i mercati potrebbero reagire in modo più nervoso se simili operazioni divenissero frequenti in un contesto di incertezza sulla domanda globale.

Il sequestro del 10 dicembre 2025, la natura della VLCC Skipper e l’effetto di deterrenza potenziale su armatori e acquirenti compongono una cornice che evolve rapidamente. La domanda che resta aperta riguarda la capacità di Caracas di continuare a fare affidamento sulla flotta ombra se Washington mostra di essere pronta a intervenire con metodi più incisivi. La risposta dipenderà da quante altre navi verranno fermate e da quanto a lungo l’amministrazione venezuelana potrà fare leva sulla narrativa della resistenza.

Fonti utilizzate: Reuters, Washington Post, Le Monde, Al Jazeera, Pam Bondi, dati satellitari e tracker indipendenti.

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