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Filosa invoca regole europee più flessibili sulle emissioni, ma con i cambiamenti climatici non si può scendere a patti

Il numero uno di Stellantis chiede regole più flessibili, ma alzare le soglie d’inquinanti non risolerà il problema

Filosa invoca regole europee più flessibili sulle emissioni, ma con i cambiamenti climatici non si può scendere a patti

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L’intervento di Antonio Filosa all’assemblea Anfia arriva in un momento in cui l’industria automobilistica europea sta attraversando la fase più complessa della sua storia recente. L’amministratore delegato di Stellantis, collegato da remoto, ha lanciato un messaggio chiaro ai governi e a Bruxelles: l’Europa deve rivedere con urgenza le regole sulle emissioni, introducendo maggiore flessibilità e valorizzando percorsi differenziati di decarbonizzazione.

Una richiesta che nasce dalla percezione di un continente, quello europeo, appesantito da normative rigide e da un’elevata dipendenza da filiere extra-Ue. «Le normative troppo stringenti — ha sottolineato Filosa — ci impediscono di guardare al futuro con la stessa fiducia che abbiamo negli Stati Uniti», dove i recenti dazi e le politiche industriali sono stati definiti «un segnale di grande pragmatismo» capace di riportare investimenti nei siti produttivi nazionali.

Secondo Filosa, la decarbonizzazione «può e deve essere raggiunta secondo criteri flessibili», bilanciando mercato, mobilità e libertà di scelta dei cittadini.

Un settore in bilico tra competitività e transizione ecologica

Se da un lato i costruttori chiedono regole meno punitive, dall’altro la realtà impone un punto fermo: la crisi climatica non consente scorciatoie. Ed è qui che entra la linea editoriale che guida l’interpretazione del quadro generale.

Nel dibattito pubblico — e nei timori degli osservatori — vale un principio semplice: abbassare le soglie degli inquinanti per alleggerire gli obblighi dell’industria è una soluzione a breve termine, che non migliora il futuro del continente. Regole più “tolleranti” potrebbero offrire respiro alle imprese, ma non rispondono ai fenomeni che stanno già trasformando ambiente, salute e mobilità.

Allo stesso tempo, anche l’auto elettrica non rappresenta la chiusura perfetta del cerchio. Il suo impatto ambientale esiste, ed è legato all’estrazione delle terre rare, ai processi di produzione e soprattutto al modo in cui viene generata l’energia elettrica che alimenta i veicoli. A spostarsi, più che il problema, è spesso il luogo in cui viene prodotto.

La vera sfida, dunque, non è allentare la transizione, ma governarla.

L’analisi industriale: investimenti confermati, ma l’Europa resta fragile

Filosa, nel suo intervento, ha rimarcato che il 2025 è stato «un anno di numeri non buoni» ma di passaggi decisivi. Stellantis, attraverso il cosiddetto Tavolo con il governo italiano, ha confermato 2 miliardi di investimenti negli stabilimenti nazionali e 7 miliardi di acquisti da fornitori italiani. «È il primo passo — ha spiegato — che ci permetterà di farne altri», indicando il rilancio della Jeep Compass a Melfi, l’avvio della 500 ibrida a Mirafiori e l’espansione dei volumi per i marchi DS e Jeep.

Sul fronte italiano, Filosa ha fissato tre priorità:
ridurre il costo dell’energia, ridurre il costo del lavoro tramite meccanismi fiscali e rafforzare la competitività della catena di fornitura. Obiettivi che, secondo lui, dovrebbero consentire al Paese di presentarsi alla prossima assemblea Anfia «più competitivo dell’Europa».

La partita decisiva si gioca a Bruxelles

La richiesta del manager è rivolta soprattutto alla Commissione europea, chiamata a valutare le proposte dell’Acea, l’associazione dei costruttori. La linea di Filosa è chiara: senza regole pragmatiche, l’Europa rischia di perdere terreno non solo rispetto agli Stati Uniti, ma anche rispetto ai mercati asiatici, dove il sostegno pubblico all’industria è considerato molto più deciso.

Eppure, proprio mentre le imprese chiedono margini di manovra, l’urgenza climatica impone un’altra lettura: la transizione non può rallentare, ma deve essere realistica, coerente e sostenibile, capace di tenere insieme ambiente, tecnologia e lavoro.

Un equilibrio che l’Europa non ha ancora trovato — e che l’automotive, oggi più che mai, chiede di affrontare senza ideologie ma senza rinunciare agli obiettivi ambientali che definiscono il futuro del continente.

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