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Filosa frena gli entusiasmi, ma rivendica i risultati: “Stellantis è in linea con gli obiettivi”

L’AD evita commenti prematuri sui conti 2025 mentre restano sul tavolo le promesse su Mirafiori, la transizione elettrica e il rapporto con il governo

Filosa frena gli entusiasmi, ma rivendica i risultati: “Stellantis è in linea con gli obiettivi”

Filosa frena gli entusiasmi, ma rivendica i risultati: “Stellantis è in linea con gli obiettivi” (immagine di repertorio)

Antonio Filosa continua a muoversi con cautela. Alla Industrial & Auto Conference di Goldman Sachs, l’amministratore delegato di Stellantis ha confermato una linea comunicativa che ormai caratterizza la sua gestione: niente dichiarazioni premature sui risultati economici e nessuna concessione agli entusiasmi, pur ribadendo che il gruppo, «a fine novembre», era «in linea con le guidance fissate per il 2025». Un modo per congelare le attese attorno ai conti, in un passaggio che resta sensibile per investitori, lavoratori e governo italiano. L’AD ha messo un paletto netto: «Condivideremo i numeri nel momento giusto. Il lavoro è fatto quando è fatto».

Ma la prudenza non ha impedito al manager campano di chiarire la rotta industriale che Stellantis intende seguire nei prossimi mesi e, soprattutto, nel prossimo anno. Filosa ha annunciato che «entro la metà del primo semestre 2026» si terrà il Capital Market Day, durante il quale il gruppo presenterà il nuovo piano strategico. Un appuntamento centrale, perché arriva in un momento in cui Stellantis deve rispondere a una doppia pressione: da una parte la necessità di «tornare a generare cassa» e «migliorare gli indicatori finanziari trimestre su trimestre»; dall’altra il confronto politico e sindacale nei Paesi in cui il gruppo mantiene stabilimenti, Italia in primis. Sul dividendo, Filosa è stato netto: deciderà il consiglio di amministrazione.

Nelle ultime settimane il manager è diventato la voce più riconoscibile dell’azienda nei rapporti con governi e mercati. Durante la conferenza, rispondendo a una domanda sul futuro del gruppo, ha scelto l’ironia: «Cosa sarà cambiato tra un anno per Stellantis? Spero non il CEO». Una battuta che rivela un punto di fondo: la sua guida è ancora in una fase di consolidamento, dentro una congiuntura economica che richiede continuità ma anche scelte nette su investimenti, modelli e strategie regionali.

L’Europa resta il terreno più accidentato. Filosa ha ribadito la necessità di una transizione energetica più graduale, rispetto alla direzione impressa dall’Unione europea negli ultimi anni. Il ragionamento tiene insieme tre variabili: «salvaguardia dei posti di lavoro», «protezione dell’ambiente» e «accessibilità del mercato». Un equilibrio difficile, soprattutto in un contesto in cui l’elettrico fatica a decollare come previsto, i costi rimangono alti e la domanda rallenta. Per Stellantis, che ha già ridimensionato alcune linee elettriche e rilanciato modelli ibridi, la posizione di Filosa è anche un messaggio politico diretto a Bruxelles.

La prospettiva cambia completamente se si guarda agli Stati Uniti, dove Filosa è reduce da un incontro alla Casa Bianca sui nuovi standard CAFE su consumi ed emissioni. «Le regole sono più market friendly e allineate alla domanda», ha spiegato. Per Stellantis, che negli Usa ha aumentato la propria quota fino all’8% nel terzo trimestre, «è una grande opportunità per volumi e mix». Il manager ha sottolineato di aver migliorato la gestione delle scorte — un problema ricorrente negli anni scorsi — e di aver rafforzato il rigore nei lanci di nuovi prodotti, soprattutto nei marchi Ram e Jeep, considerati i più profittevoli del gruppo.

Gran parte della strategia americana ruota attorno alla motorizzazione ibrida, definita «centrale» per il mercato nordamericano. Filosa ha annunciato un ampliamento della gamma Ram, dal V8 al nuovo sistema range extender, primo nel segmento pickup, e ha confermato la produzione di un modello di medie dimensioni a Toledo e di un pickup di fascia più grande in Michigan. Per Jeep, il 2025-2026 sarà segnato dal rilancio della Cherokee, un modello che il manager ha definito «iconico» e «migliore della precedente generazione». Sul fronte dei dazi, il quadro è definito «più stabile e perfino più blando», con margini per mitigare — «se non annullare» — l’impatto tramite riduzione dei costi e reshoring produttivo.

Mentre gli Usa offrono una traiettoria positiva, è in Italia che Filosa si gioca la parte più complessa della sua leadership. La promessa di riportare il Paese al centro della strategia di Stellantis si è scontrata con mesi di tensioni, richieste del governo, critiche dei sindacati e attese dei territori. L’annuncio della Fiat 500 Hybrid e del ritorno del secondo turno a Mirafiori ha rappresentato un segnale di fiducia per Torino dopo anni segnati da cassa integrazione e produzioni ridotte al minimo. Filosa ha più volte ricordato gli «oltre due miliardi investiti in Italia nel 2025» e «sei miliardi di acquisti dai fornitori italiani». Numeri ribaditi con insistenza, ma che restano in parte da verificare nei loro effetti reali. Le ricadute industriali si misureranno solo nel medio periodo, quando il ciclo produttivo della 500 ibrida sarà a regime e l’andamento del mercato europeo avrà mostrato se la strategia è sostenibile.

Le contraddizioni restano. Filosa deve garantire margini e competitività a una multinazionale che opera su scala globale, privilegiando Paesi con costi più bassi e normative più flessibili, ma allo stesso tempo deve rassicurare un sistema industriale italiano che continua a considerare Stellantis l’erede naturale della Fiat, con tutto il peso simbolico e sociale che questo comporta. I tavoli con il governo, le critiche sul ritmo della transizione elettrica, le incertezze su stabilimenti come Melfi, Pomigliano, Cassino e Termoli sono elementi che pendono sulla narrazione del manager.

Alla conferenza di Goldman Sachs, Filosa ha ripetuto che il gruppo è «in linea con gli obiettivi». Ma la sfida non è solo rispettare una guidance: è rendere coerente un percorso industriale in un settore che vive un rallentamento strutturale e una competizione globale sempre più aggressiva. Il giudizio arriverà, come ha detto lui stesso, «quando il lavoro sarà fatto». E quel lavoro ora passa da un piano strategico atteso per metà 2026, da scelte concrete per gli stabilimenti italiani e dalla capacità di mantenere l’equilibrio tra mercati, politica e lavoratori.

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