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Parma, bimbo morto al nido: tre educatrici indagate dopo il malore nel sonno

L’indagine della Procura punta a ricostruire ogni minuto del malore

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Carabinieri, immagine di repertorio

Nel dormitorio dell’asilo nido Brucoverde, tra materassini ordinati e luci basse, il respiro di un bimbo di tredici mesi si è fatto improvvisamente corto. Erano circa le 15:30 del 3 dicembre 2025 quando, secondo le prime ricostruzioni, il piccolo ha iniziato a mostrare difficoltà respiratorie durante il riposo pomeridiano. Le educatrici hanno dato l’allarme, la catena dei soccorsi si è messa in moto in pochi minuti, i sanitari hanno praticato manovre di rianimazione per quasi quaranta minuti e il trasferimento all’Ospedale Maggiore di Parma è stato immediato. Quel respiro, però, non è tornato. Una settimana dopo, tre educatrici del nido comunale risultano iscritte nel registro degli indagati: un atto tecnico ma cruciale per verificare ogni passaggio, ogni scelta, ogni minuto che ha preceduto il decesso. A confermarlo sono state le cronache locali di Repubblica Bologna, citando l’ufficio della Procura guidata dal procuratore Alfonso D’Avino, che mira ad accertare eventuali omissioni nella vigilanza.

Le prime ricostruzioni delle fonti ufficiali indicano che il bimbo, identificato da più testate come Marcus, ha avuto un improvviso malessere respiratorio mentre dormiva nella struttura di via San Leonardo. Le educatrici si sono accorte immediatamente che qualcosa non andava e hanno chiamato il 118. L’equipe sanitaria ha tentato il possibile: rianimazione prolungata, intubazione, trasporto d’urgenza. La morte è stata constatata poco dopo l’arrivo in pronto soccorso, un esito confermato dai lanci dell’ANSA, dalle cronache della Gazzetta di Parma e dalle ricostruzioni del Corriere di Bologna e di Open. In quelle stesse ore, il Comune ha sospeso le attività del nido per consentire controlli e dare un punto di riferimento alle famiglie. “Siamo sconvolti”, ha detto il sindaco Michele Guerra, mentre l’assessora ai Servizi Educativi Caterina Bonetti raggiungeva la struttura.

Il passaggio da indagini contro ignoti all’iscrizione di tre educatrici nel registro degli indagati segna un cambio di passo investigativo. Non attribuisce responsabilità, ma offre a chi è coinvolto gli strumenti per partecipare agli atti irripetibili, a partire dall’autopsia. L’accertamento tecnico è stato disposto nelle 24 ore successive al decesso e affidato alla dottoressa Valentina Bugelli dell’Istituto di Medicina Legale di Parma, mentre la pm Sara Faina, titolare del fascicolo, si avvale anche del professor Gaetano Bulfamante, anatomopatologo dell’Università di Milano, come consulente. Serviranno circa sessanta giorni per una relazione completa, che includerà esami istologici e tossicologici e potrà essere decisiva nell’individuare la causa della morte.

La cornice giudiziaria ruota attorno all’ipotesi di omicidio colposo, definita dagli inquirenti un “atto dovuto”, utile a garantire l’esecuzione di accertamenti irripetibili senza pregiudicare nessuno. Nel frattempo emerge una prima successione di minuti che gli investigatori dovranno verificare con precisione: Marcus dorme nello spazio dedicato al riposo, mostra segnali di difficoltà respiratorie, le educatrici chiamano il 118 e provano a prestare i primi soccorsi. I sanitari tentano la rianimazione sul posto, poi il trasporto. Alcune testate riportano che tra le prime persone ad accorgersi del malessere ci fosse la madre del piccolo, arrivata per il ritiro: un dettaglio da verificare negli atti. Sarà una timeline scandita al secondo a definire cosa sia realmente accaduto.

Gli inquirenti lavorano su diversi livelli: se i protocolli interni sul riposo fossero applicati correttamente; se turni, ratio numerica e modalità di sorveglianza fossero adeguati; se la chiamata al 118 sia partita nei tempi giusti; se ci fossero patologie pregresse o fragilità non note; se fattori ambientali – temperatura, posizione nel sonno, disposizione del dormitorio – possano aver avuto un ruolo. Sono verifiche standard nei decessi improvvisi in contesti educativi per la prima infanzia, ma ogni caso ha proprie specificità, e l’impostazione data dalla Procura riflette la necessità di inserire il fatto dentro un quadro più ampio di prassi operative.

La città, intanto, si muove tra cordoglio e interrogativi. “Una giovane vita spezzata così d’improvviso lascia senza parole”, ha detto il sindaco Guerra, affiancato dall’assessora Bonetti. Il giorno successivo il nido comunale ha ripreso l’attività ordinaria, dopo le prime verifiche. Famiglie e personale, però, raccontano di uno choc profondo: abitudini rassicuranti, rituali quotidiani, la fiducia riposta in un servizio pubblico che ora si trova esposto a una domanda collettiva di chiarezza. L’iscrizione delle tre educatrici come indagate è anche un modo per garantire loro pieno contraddittorio, in un equilibrio fragile tra dolore umano e responsabilità professionale.

Le informazioni diffuse finora indicano il nome Marcus, tredici mesi, ma tutto ciò che riguarda dati sanitari e background clinico resta coperto, com’è necessario in presenza di un minore. Le ipotesi sulle cause della morte restano aperte: arresto cardiocircolatorio improvviso, apnea, cause naturali, predisposizioni cliniche. Sarà la relazione autoptica, integrata dagli accertamenti collaterali, a dare risposte. Resta centrale il nodo della vigilanza nel sonno: un tempo delicato, in cui la vulnerabilità dei bambini è maggiore e l’attenzione degli adulti deve essere costante e organizzata. La Procura lo indica come punto focale dell’indagine, verificando se le prassi interne del Brucoverde fossero rispettate e se fossero adeguate. Testimonianze, tracciati delle chiamate, atti tecnici e consulenze dovranno ricostruire un quadro coerente.

Nei prossimi mesi, mentre la consulente Bugelli procede con gli esami, gli inquirenti ascolteranno personale, genitori e testimoni, ricomponendo la sequenza degli eventi e confrontando ogni versione. La pm Faina dovrà poi valutare se esistono condotte penalmente rilevanti, arrivando a una richiesta di archiviazione o a un eventuale rinvio a giudizio solo con un quadro probatorio completo. Intanto, resta la responsabilità di raccontare i fatti senza trasformare il lutto in un processo sommario. Le indagini non sono una condanna anticipata: sono lo strumento per cercare la verità. Evitare la caccia al colpevole facile è parte del dovere civile.

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