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Punto Rosso
07 Dicembre 2025 - 14:45
Cavo Dragone
In questo periodo storico stiamo vivendo con il diffuso timore di essere ad un soffio da una catastrofe, alimentata in particolare da una campagna mediatica che getta una minacciosa ombra di una guerra sovranazionale sul suolo europeo.
È in corso una precisa e perniciosa costruzione di un nemico per giustificare i miliardi di euro spostati dalla spesa sociale, dalla sanità, dall’istruzione, alla produzione di armi e sistemi militari. Chi muove i fili sa bene che il “popolo” alla lunga si ribellerebbe a questa crescita mai vista della spesa militare; in Italia una popolazione sempre più vecchia ha bisogno di cura e non di cannoni, e allora velocemente ricalibra la comunicazione per costruire l’assoluta necessità di riarmarsi per difenderci da attacchi imminenti. Il nemico perfetto oggi è la Russia di Putin.
Voglio mettere subito in chiaro, per evitare censure (oggi di moda) e condanne sommarie, che la risposta nazionalista e militarista di Putin alla crisi ucraina non è in alcun modo accettabile (anche se accanto questo vanno riconosciute le responsabilità dell’espansionismo della NATO che ha deliberatamente prodotto le condizioni per un’escalation militare). Ma da qui a costruire un reale pericolo per giustificare un riarmo osceno, ce ne corre.
Il presidente russo, in risposta alle parole dell’ammiraglio Cavo Dragone «la Nato valuta la possibilità di un attacco ibrido preventivo alla Russia», ha ribadito: «Non intendiamo combattere contro l’Europa, l’ho detto cento volte, ma se l’Europa volesse improvvisamente combattere con noi e iniziasse, saremo pronti subito.»
Tutto inutile. Infatti i giornali mainstream han tutti in coro titolato «Putin minaccia l’Europa: Siamo pronti alla guerra». Modalità di giornalismo irresponsabile e prono al partito trasversale del riarmo.
Eppure l’Europa avrebbe dovuto coltivare buone relazioni diplomatiche e di scambio commerciale e culturale con la vicina Russia, semplicemente perché ci conveniva, perché ad esempio il gas che compriamo dagli Usa, per l’embargo verso la Russia, ci costa fino al 50% in più rispetto a quello russo che ci arrivava dai gasdotti.
Ma soprattutto, l’Europa ha tradito i principi ideali sui quali è nata: «un'Europa unita, federale e pacifica, come antidoto ai nazionalismi e alle guerre», recitava il Manifesto di Ventotene. L’Europa oggi ha invece indossato l’elmetto per compiacere alle lobby delle armi, ignorando le istanze dei popoli. Prova ne è che, ad ottobre 2025, la Commissione europea ha incontrato 89 volte i lobbisti per discutere di riarmo e geopolitica, e solo 15 volte sindacati, ONG o scienziati sugli stessi argomenti (retepacedisarmo.org).
I popoli europei ormai vedono nell’istituzione Europa il vero nemico: questa è la realtà e la responsabilità grave è dell’élite che manovra e governa l’Europa.
Perché parlare di guerre in uno spazio “locale”?
«I Comuni italiani giocano da diversi anni un ruolo centrale nell’assistenza alle popolazioni che fuggono dalle guerre, ma i sindaci possono mettere a disposizione la loro esperienza anche nella risoluzione dei conflitti e nella costruzione dal basso della pace» è stato affermato nell’ultima assemblea nazionale dell’ANCI, un pensiero molto condivisibile.

La sindaca di Perugi
E le parole della sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi hanno rafforzato questa dichiarazione: «Noi sindaci tocchiamo la pelle delle persone e la nostra operatività sulle questioni che riguardano le nostre comunità, ma questo non ci permette di voltare lo sguardo dall’altra parte. Noi sappiamo agire localmente ma non è possibile occuparsi di scuole e parchi se a pochi chilometri da noi ci sono bambini che muoiono sotto le bombe. (…) Ma soprattutto dobbiamo avere il coraggio necessario per provare a sperimentare altre vie alla pace che partano dal basso».
Questo è il sentimento che deve animare ogni sindaca e sindaco, ogni amministrazione, ma anche ogni consiglio comunale, dove siedono i rappresentanti dei cittadini e delle cittadine: ascoltare le voci dal basso di chi chiede più stato sociale, salute, cura, scuole, ospedali, e non arsenali pieni. Agire con urgenza per interrompere la mortale corsa agli armamenti che ci priverà dell’essenziale per vivere.
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