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Ceratti il "moderato": genealogie, sputi e altre nobili tradizioni

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Ceratti il "moderato": genealogie, sputi e altre nobili tradizioni

Vincenzo Ceratti

In certe domeniche di provincia il calcio non è solo uno sport: è una questione di genealogia. Lo si capisce bene a Ivrea, dove in un torneo rigorosamente amatoriale – cioè quella categoria in cui i giocatori si insultano come in Serie A ma il premio finale è una coppa che pesa meno della borraccia – è andata in scena la tragedia in tre atti del Gruppo Sportivo Ricreativo Olivetti. Succede a Bairo. Protagonista: Vincenzo Ceratti, classe 1967, ex Generale del Carnevale e, da sabato scorso, neo segretario cittadino di Noi Moderati. E già qui il destino si diverte... e non poco...

La scena madre arriva quasi allo scadere: un giocatore del Vistrorio atterra un avversario del Grso. Fin qui la normalità, o almeno quella che passa per normalità nelle partite dove i tacchetti parlano più del pallone. Solo che il malcapitato è il nipote di Ceratti. E allora il gene familiare chiama, il sangue ribolle, e il capitano decide di rispondere al fallo con la più antica delle tradizioni non scritte del calcio: uno sputo. Un gesto così elegante che a confronto il fallo di reazione diventa galateo.

L’arbitro, invece di fingere di non aver visto come si faceva negli anni ’80, vede eccome. Rosso diretto, senza nemmeno passare dal via. Poi, nel referto, aggiunge la sua firma in calce a una stangata solenne: squalifica di Ceratti fino al 31 maggio 2026. Giusto il tempo di seguire due campionati, maturare, diventare saggio e magari capire che sputare addosso agli avversari non migliora il karma di squadra.

cartellino rosso

Ma la serata non è finita. Perché se Ceratti perde la testa, dalla panchina qualcuno decide di perdere direttamente il controllo motorio. L’allenatore del Grso, Francesco Ferro, secondo il giudice sportivo, “afferra per il collo il direttore di gara”. Il che, a livello regolamentare, è generalmente sconsigliato. Ed ecco servita un’altra squalifica record: novembre 2026. Praticamente torna in panchina direttamente per il Mondiale in Messico-Canada-USA.

Ceratti, dal canto suo, non ci sta e sfodera la difesa classica del calcio da oratorio: “Stavo difendendo mio nipote. Mi difenderò”. Tradotto: il ricorso è già partito.

Intanto, il Vistrorio vince 3-2, ma ormai il risultato vale meno della ghiaia del parcheggio: tutti parlano della rissa, delle squalifiche, dei referti e del fatto che in un torneo definito “amatoriale” ci si comporta come se ci fosse in palio la finale di Champions League, ma con molto meno senso della misura.

Il campionato Acsi-Aca, infatti, si conferma quel meraviglioso universo parallelo in cui il rispetto è facoltativo; il fair play è opzionale; gli arbitri tornano a casa con la voce rotta e il referto pieno; e i capitani si ricordano di essere capitani solo quando devono scegliere nel sorteggio il lato del campo. Per il resto, vige il principio del “si salvi chi può”.

Ora resta da vedere cosa succederà al ricorso di Ceratti. Sarà ridotta la squalifica? Sarà confermata? Sarà introdotto un corso obbligatorio di educazione civica pre-partita? Mistero. Nel frattempo, al Grso non resta che prepararsi a un lungo inverno senza capitano e senza allenatore. E magari domandarsi se “amatoriale” significhi davvero “senza regole”, o se significhi semplicemente “senza autocontrollo”.

Insomma, più che un match, una lezione di vita: mai sottovalutare un torneo di provincia. Perché quando c’è di mezzo un nipote, un fallo duro e un arbitro con la penna facile, il calcio può diventare la notizia della settimana. Con sputo annesso, naturalmente: l’unico gesto tecnico che non necessita di moviola.

Legge di Murphy

Essere nominato segretario cittadino di un partito che si chiama Noi Moderati e finire, due minuti dopo (due), sui giornali (La Sentinella, La Stampa, Corriere della Sera...) per aver inaugurato la stagione degli sputi è una sfiga che neanche Esopo avrebbe avuto il coraggio di mettere in parabola. È come diventare portavoce del WWF e investire un cinghiale il giorno dopo. O dirigere l’Istituto per la Pace e venire alle mani con il pizzaiolo per cinque minuti di ritardo sulla margherita.

Perché il destino, quando vuole divertirsi, non chiede permesso: prende un uomo appena nominato alla guida dei Moderati e lo catapulta al centro della meno moderata delle storie. Uno sputo, un rosso, un referto scritto da un arbitro che quella sera doveva avere l’ispirazione di Omero.

E siccome la politica ha l’olfatto più sviluppato di un cane da tartufo, la notizia — ovviamente — è diventata anche una questione politica. Gli avversari ci si sono avventati con la stessa prontezza con cui si raccoglie una banconota da cento per terra. Hanno giocato sulla vicenda come avrebbe fatto chiunque al loro posto: con una punta di morale, due di sarcasmo e tre di goduria.

La verità? È che la politica è piena di contraddizioni, ma nessuna è mai stata così fotogenica: un segretario dei Moderati sbattuto in cronaca per un comportamento a dir poco esplosivo. Con l’unica vera moderazione esercitata dall’arbitro, che almeno ha evitato di aggiungere aggravanti.
Al resto ci ha pensato il destino, che quando decide di divertirsi non è moderato per niente.

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