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06 Dicembre 2025 - 12:10
Scandalo multe: perché Chivasso e Settimo fanno lievitare gli importi delle sanzioni e Torino no?
In provincia di Torino pagare una multa può trasformarsi in un percorso a ostacoli più complesso della violazione stessa. A Chivasso e Settimo Torinese, ad esempio, il cittadino che si presenta allo sportello, in tabaccheria o sull’App IO si ritrova spesso a versare più del previsto: importi che lievitano, spiegazioni che non spiegano, voci generiche che appaiono e scompaiono senza logica apparente. Le “spese” – indicate nei verbali in modo poco trasparente – diventano un terreno scivoloso in cui la cifra finale non coincide con quella dichiarata. E la colpa non è di misteriose commissioni bancarie, ma della stessa Pubblica Amministrazione, incapace di fornire al contribuente una rappresentazione chiara e immediata del dovuto.
Il paradosso è che a pochi chilometri di distanza, a Torino, il sistema è limpido: l’importo indicato è quello pagato, le spese sono definite, il meccanismo è comprensibile. Nessuna sorpresa, nessuna “maggiorazione in tempo reale”, nessuna decodifica obbligatoria di righi oscuri nelle modalità di pagamento.
Il quadro complessivo racconta una storia che va oltre il Codice della Strada: è una questione di fiducia, di trasparenza amministrativa, di rispetto dei principi che regolano la vita pubblica
A Chivasso, dove la nuova ZTL scolastica continua a dividere residenti e automobilisti, il problema non è soltanto la telecamera che scatta: è il prezzo finale che il cittadino si trova a pagare. La sanzione dovuta oltre i cinque giorni dalla notifica è indicata chiaramente sul verbale: 168,00 euro, accompagnati da 10,50 euro di “spese”, una voce generica che il Comune di Chivasso non dettaglia. In teoria, il totale dovrebbe essere 178,50 euro.
In pratica, però, quando l’utente prova a saldare il conto tramite i canali digitali – ad esempio attraverso App IO e il sistema PagoPA – l’importo reale che compare a schermo è 189,32 euro. Non si tratta di una semplice commissione bancaria, né di un arrotondamento: è un aumento secco che porta il cittadino a pagare quasi venti euro in più rispetto alla somma tra sanzione e spese indicata sul verbale.
La giustificazione ufficiale, riportata nella documentazione del Comune di Chivasso, è tutta in una formula burocratica: gli importi effettivi “possono non coincidere” con quelli stampati sul verbale perché vengono “calcolati in tempo reale” da PagoPA S.p.A. in funzione del mezzo di notifica utilizzato, nel caso specifico il sistema nazionale di notifiche digitali SEND. Tradotto: tra notifica digitale, gestione della piattaforma, generazione degli avvisi e altri oneri tecnici, il totale cambia. Ma il come e il quanto di ogni singola voce restano opachi.
Sul verbale compare solo il riferimento ai 10,50 euro di spese, indicati anch’essi in modo generico, senza specificare se riguardino la notifica, i diritti di segreteria, la postalizzazione o altri costi amministrativi. Il resto della differenza – quei circa 10 euro che separano i 178,50 euro scritti sulla carta dai 189,32 euro chiesti in sede di pagamento digitale – non viene spiegato. Nessuna tabella, nessuna scomposizione numerica, nessuna voce intellegibile per il cittadino. Solo il rinvio a un calcolo “in tempo reale” eseguito da un soggetto terzo.
È qui che nasce il cortocircuito di trasparenza. Sul documento cartaceo l’importo sembra lineare; sullo schermo dello smartphone o allo sportello, la cifra cambia. E mentre l’amministrazione chiede fiducia sulla gestione della nuova ZTL scolastica, molti cittadini hanno la sensazione opposta: di trovarsi davanti a un sistema in cui è facile prendere la multa e difficile capire quanto si sta davvero pagando.
A rendere ancora più concreto il problema è la voce di una nostra lettrice, che racconta la sua esperienza con un verbale pagato entro i cinque giorni, quindi con l’importo ridotto. «Oggi sono andata a pagare la multa che mi è arrivata ieri e, con mio stupore, mi sono stati addebitati 13 euro in più: in totale da 128 euro a 141 per costi di commissione e raccomandata». In questo caso la base è l’importo ridotto, 128,00 euro, ma lo schema è lo stesso: tra ciò che è scritto sul verbale e ciò che viene chiesto allo sportello ci sono 13 euro di differenza attribuiti a voci generiche – “commissione”, “raccomandata” – che il cittadino non può verificare puntualmente.
La lettrice lega la questione economica a una situazione di vita quotidiana resa più complicata proprio dalle regole della ZTL. «Vista la situazione molto anomala che il Comune ha approvato con l’installazione di fotocamere non sempre molto visibili, anche io come tante altre persone vorrei evitare di entrare, ma avendo i figli che vi abitano non posso farlo». In poche righe racconta ciò che molti ripetono da settimane: chi ha legami familiari dentro il perimetro della ZTL non può semplicemente “evitare la zona” come suggerito nelle risposte standard.
Poi c’è il tema della salute. «Faccio presente che un parente ha gravi problemi di salute e io, per evitare altre multe, sono costretta a farlo camminare fino in via Caluso». Qui la questione delle multe si intreccia con quella dei diritti: per non rischiare un nuovo verbale, una persona con problemi seri è costretta a percorrere a piedi un tratto che, in condizioni normali, farebbe in auto.
Sul tavolo resta anche la strada del ricorso, ma la lettrice spiega perché molti rinunciano. «Come tanti altri anche io ho chiesto di fare ricorso ma ho capito che alla fine avrei pagato di più». Tra contributo unificato, spese legali e tempi incerti, la convenienza economica del ricorso si assottiglia fino quasi ad annullarsi: la multa, anche se ritenuta ingiusta o sproporzionata, finisce per essere la soluzione “meno costosa”.
L’ultimo dettaglio è un fotogramma di vita quotidiana, ma dice molto: «Alla posta questa mattina, nel giro di cinque minuti, sono state pagate tre multe e non nel Comune di Chivasso». In coda, allo sportello, le sanzioni si sommano, i comuni cambiano, ma il copione è lo stesso: importi che lievitano per effetto di spese poco leggibili, commissioni e costi accessori che il cittadino non controlla davvero.
Nel caso di Chivasso, tutto questo accade mentre la città discute se la nuova ZTL scolastica sia uno strumento di sicurezza o una macchina di incassi. La matematica delle multe – tra sanzione, spese generiche e calcoli “in tempo reale” – non aiuta a dissipare i sospetti: per chi paga, la sensazione è di versare più di quanto dichiarato, senza una spiegazione chiara del perché.

Via Blatta a Chivasso: di giorno, durante la settimana, in alcuni orari è ZTL Scolastica
A Settimo Torinese, il problema non è solo quanto si paga, ma come viene spiegato. Se a Chivasso la discrepanza tra verbale e importo effettivo appare opaca, Settimo introduce un ulteriore livello di complicazione: la giustificazione stessa della differenza è così contorta da risultare quasi incomprensibile al cittadino. È scritta nero su bianco nelle “modalità di pagamento” del verbale, ed è l’unico tentativo ufficiale di spiegare perché chi paga tramite PagoPA si troverà ad affrontare una somma diversa. Un testo che, più che chiarire, confonde.
Il verbale riguarda un eccesso di velocità rilevato lungo la SS 11, in direzione Torino, al km 11+750, con superamento dei limiti consentiti nella tratta di competenza del Comune di Settimo Torinese. L’infrazione è accertata tramite apparecchiatura FI-VE EWO WD 1500, approvata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che registra automaticamente la violazione. Non una sanzione dubbia o discrezionale, ma un classico caso di infrazione rilevata da strumentazione elettronica omologata, con rideterminazione della velocità ai sensi di legge. Formalmente impeccabile, sostanzialmente semplice da comprendere.
La sanzione registrata nel verbale è chiara sulla carta: 130,82 euro se pagata entro cinque giorni, 182,72 euro dal sesto al sessantesimo. Importi definiti, ripetuti anche sugli avvisi PagoPA allegati. Fin qui, tutto lineare. Poi però arriva la parte che rompe la trasparenza: al momento del pagamento digitale, l’importo scontato non è quello dichiarato ma diventa 142,75 euro, come documentato dalla ricevuta bancaria. Dodici euro di differenza. Perché?
Il Comune prova a spiegarlo con un "Nota Bene". Eccolo nella sua forma originale:
«N.B. In fase di pagamento del verbale, l’importo dovuto potrebbe variare rispetto a quanto riportato sull’avvisatura di pagamento allegata. L’importo effettivo di pagamento viene calcolato direttamente dal Sistema del Servizio Notifiche Digitali (SEND) in base al mezzo di notifica effettivamente utilizzato (digitale o cartaceo) e alle spese di notifica riconosciute al Servizio Postale; l’importo viene aggiornato ogni giorno per un massimo di 60 giorni dalla notifica del verbale, fermo restando che le spese di postalizzazione / raccomandata sono determinate al momento dell’invio del plico e non variano per i primi dieci giorni di giacenza. SEND non provvede alla stampa degli avvisi di pagamento e alle spese di notifica effettuate a mezzo di Servizio Postale per recapito fisico. Queste risultano aggiornate per i costi richiesti dal Servizio Postale. Per tale motivo, l’importo da lei riscontrato in fase di pagamento potrebbe essere diverso.»
In teoria, sarebbe una spiegazione. In pratica, apre più domande di quante ne chiuda. Il Comune distingue tra notifica tramite SEND, la piattaforma nazionale digitale, e notifica tramite servizio postale fisico. Ma non chiarisce quando si verifica l’una o l’altra, né perché il cittadino debba pagare una maggiorazione nel caso in cui la raccomandata venga consegnata da un postino anziché da un sistema digitale già finanziato dallo Stato.
La “modalità di pagamento” diventa così un labirinto semantico, dove i costi si muovono senza mai essere realmente nominati: si parla di “aumento”, di “maggiorazione”, di “costi riconosciuti dal Servizio Postale”, ma mai di importi precisi, mai della loro natura, mai della loro ripartizione.
Il risultato è un paradosso: il cittadino ha davanti importi perfettamente definiti – 130,82 euro, 182,72 euro – ma deve pagare una cifra diversa senza che nessuna voce del verbale permetta davvero di capire perché.
Il caso documentato lo conferma. Il pagamento effettuato tramite circuito bancario riporta 142,75 euro, senza commissioni applicate dalla banca. È PagoPA a generare l’importo, non il cittadino. Ed è il Comune che, con le sue spiegazioni involute, chiede di accettare la discrepanza come un fatto naturale, un automatismo incontrollabile.
L’impressione è che il cittadino debba fidarsi del sistema senza poterlo verificare. Ed è esattamente ciò che un’amministrazione pubblica non dovrebbe mai chiedere.
Se la trasparenza è un dovere, qui si trasforma in un esercizio di stile: si spiega tutto senza spiegare nulla. Il Comune riconosce implicitamente la presenza di una maggiorazione – tra i 7 e i 12 euro – ma la inserisce in un testo talmente farraginoso da far sembrare il verbale un atto ermetico. Non un documento amministrativo, ma la pagina di un regolamento che rimanda ad altri regolamenti, che rimandano a un link che rimanda a un chiarimento che non chiarisce.
Nel frattempo, per chi paga, resta solo il dato: l’importo promesso non coincide con l’importo richiesto. E la famosa nota “N.B.” del verbale – quella che a Settimo dovrebbe spiegare tutto – è, nei fatti, una supercazzola perfettamente a norma.
A Torino, la multa non è mai una buona notizia, ma almeno è chiara. Il verbale rileva l’ingresso non autorizzato in ZTL, in via Cernaia angolo corso Palestro, documentato dal sistema elettronico K53700 omologato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Una sanzione tipica delle zone a traffico limitato del capoluogo: niente contorsioni linguistiche, niente costi nascosti che emergono al momento del pagamento.
Il Comune indica due importi, entrambi trasparenti: 68,42 euro se si paga entro cinque giorni, 93,32 euro dal sesto al sessantesimo. E spiega anche da cosa sono composti: sanzione pura più 10,32 euro di spese, un valore costante e riconoscibile che non muta in base al canale di pagamento. È un dettaglio che fa la differenza, perché significa che il cittadino sa esattamente quanto deve versare, indipendentemente da dove o come effettuerà il pagamento.
L’avviso PagoPA riportato nei documenti conferma tutto: importo 68,42 euro, nessun ricarico, nessuna differenza tra verbale e bollettino. E la ricevuta finale inviata dall’istituto bancario ribadisce la stessa cifra, senza alcuna commissione caricata di nascosto all’ultimo passaggio. Un caso raro, nel panorama delle sanzioni digitali, in cui la cifra dichiarata corrisponde alla cifra pagata. Nessun algoritmo “in tempo reale”, nessuna spesa aggiuntiva attribuita a notifiche, raccomandate, piattaforme ibride o costi di postalizzazione sfuggenti.
A Torino la matematica dei verbali è semplice: quello che si legge è quello che si paga. E questo evita un secondo tipo di sanzione, spesso più amara di quella prevista dal Codice della Strada: la frustrazione del cittadino davanti a importi che cambiano senza spiegazioni. Qui non succede.
Il confronto con Chivasso e Settimo Torinese è inevitabile. Lì gli importi lievitano; qui restano immobili. Lì gli utenti devono interpretare pagine di spiegazioni fumose; qui visualizzano un numero che non si muove. Lì ogni pagamento diventa un’esperienza imprevedibile; qui è un atto amministrativo ordinario, privo di imboscate.
Torino non rende piacevole la multa, ma almeno non la rende opaca. E, nell’officina frenetica delle città italiane che digitalizzano i propri sistemi di riscossione, è già una notizia.
A tirare le fila giuridiche della vicenda è l’avvocato Roberta Caccuri, del Foro di Torino, che mette a fuoco ciò che più colpisce in queste pratiche: la frattura tra ciò che dovrebbe essere garantito in uno Stato di diritto e ciò che concretamente accade al cittadino quando va a pagare una multa. La sua analisi è severa, articolata e lucidissima.
«In uno stato di diritto è imposto a tutti i pubblici poteri di agire nel rispetto di alcuni principi fondamentali, tra i quali quelli della trasparenza, della certezza e dell’uguaglianza - spiega -. Se tali principi sono solidi e consolidati, il cittadino, trasgressore di una norma, come ad esempio come quelle del C.D.S., abitualmente, paga quanto dovuto, nel rispetto delle istituzioni, perché è cosciente e consapevole della sua condotta e della conseguenza della stessa che accetta in quanto conosciuta o potuta conoscere.
Non va proprio così in questa vicenda, in cui, il cittadino, ipotetico trasgressore, che si reca a pagare la sanzione nei 5 giorni successivi la notifica per usufruire della riduzione del 30% (e che dunque, fin da subito, già rinuncia a valutare la legittimità della stessa e dunque al suo diritto di difesa) si ritrova, solo praticamente al termine della procedura di pagamento (e non inquadrando il qrcode!) a scoprire il vero importo del verbale.
Tale maggiorazione per “spese di notifica” a quanto pare può esserci o meno (dipende dai Comuni) e se prevista potrebbe essere compresa fra i 7 e i 12 euro, in dipendenza dalla “zona di consegna” e del sistema di pagamento utilizzato (Ufficio Postale, App online della Banca, Tabaccheria) senza che si possa capire, almeno non in modo chiaro e immediato, il criterio utilizzato per calcolarla. Tanto meno tale spesa risulta documentata o rintracciabile o comunque facilmente rintracciabile.
Succede, poi, che lo stesso cittadino – sempre nella speranza che questi soldi in più li abbia sul conto corrente – si veda costretto a pagare l’importo così maggiorato, sia perché ormai ha iniziato la procedura di pagamento (e magari ha anche trascorso ore all’Ufficio Postale) sia perché, a volerci capire qualcosa in più trascorrerebbero dei giorni e perderebbe la riduzione del 30%.
Va da sé che un cittadino, in una situazione del genere, non può che sentire molto chiara la sensazione di sconforto e di carenza di quei principi che comunque la Pubblica Amministrazione dovrebbe sempre assicurargli: trasparenza, certezza e uguaglianza.»
Le sue parole chiudono il cerchio dell’inchiesta: non è solo una questione di multe più alte del previsto, ma di un rapporto incrinato tra Pubblica Amministrazione e cittadini. Il diritto — soprattutto in ambiti quotidiani come la viabilità urbana — funziona soltanto se è comprensibile. Qui, troppo spesso, non lo è.
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