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Cia Agricoltori delle Alpi lancia l’allarme: le nuove regole possono travolgere le aziende

Tra obblighi, limiti e rischi, gestire il personale agricolo non è mai stato così impegnativo

Cia Agricoltori delle Alpi lancia l’allarme

Cia Agricoltori delle Alpi lancia l’allarme: le nuove regole possono travolgere le aziende

La richiesta è chiara e arriva da una platea numerosa di datori di lavoro agricoli: in un settore dove le norme cambiano in modo incessante, con sanzioni sempre più incisive e controlli sempre più tecnologici, gli imprenditori non possono essere lasciati soli. L’assemblea organizzata a Torino da Cia Agricoltori delle Alpi durante il convegno “Lavoro in agricoltura oggi: facciamo il punto” ha confermato quanto la gestione del personale in agricoltura sia diventata un terreno minato, dove ogni passaggio – dall’assunzione alla cessazione del rapporto – richiede attenzione assoluta e competenze specialistiche. Una situazione che, secondo i relatori, rende essenziale un sistema di supporto costante e personalizzato.

Il direttore provinciale Luigi Andreis, affiancato da Giovanna Cibelli, ha aperto i lavori sottolineando come la continua produzione normativa esponga gli imprenditori a un rischio concreto di errori e sanzioni. Lo ha detto con una chiarezza che ha trovato immediato consenso in sala: «In un momento in cui gli aggiornamenti normativi sono continui e il rischio di incorrere in sanzioni è sempre più elevato, riteniamo fondamentale accompagnare gli imprenditori agricoli con strumenti chiari e un supporto di consulenza personalizzata e preventiva». Un passaggio che evidenzia il punto centrale della giornata: senza un’assistenza tecnica stabile, il settore rischia di non reggere l’urto della complessità burocratica.

Il responsabile nazionale delle Relazioni sindacali, Danilo De Lellis, ha ricostruito l’intero sistema delle figure professionali, un mosaico che spazia dall’imprenditore agricolo professionale al coltivatore diretto fino al datore di lavoro agricolo, includendo anche le attività legate alla manutenzione del verde. Proprio queste ultime, seppur inquadrate come artigiane, possono assumere rilievo agricolo quando svolgono mansioni riconosciute tali dall’Inps. Un chiarimento che tocca centinaia di piccole realtà diffuse sul territorio piemontese.

Ampia parte dell’intervento si è concentrata sulla struttura contrattuale: non esiste un unico contratto, ma un sistema composto da contratti collettivi nazionali e contratti provinciali che definiscono le scale retributive locali. De Lellis ha spiegato le tre aree professionali, i criteri di inquadramento e la fotografia aggiornata del comparto operaio agricolo, che oggi conta circa un milione di lavoratori, con il 30% di manodopera straniera e appena il 10% di contratti a tempo indeterminato, in gran parte nella zootecnia.

Il relatore ha passato in rassegna le tipologie contrattuali, a partire dalla stagionalità che consente regole specifiche, diverse rispetto ad altri comparti. Sono stati ricordati gli elementi essenziali del rapporto di lavoro – periodo di prova, part-time, orario ordinario di 39 ore, interruzioni e recuperi per maltempo – insieme agli adempimenti obbligatori nelle varie fasi del rapporto. Un quadro che spesso genera confusione, soprattutto tra le piccole aziende dove la gestione amministrativa è affidata direttamente ai titolari.

Non meno impegnativa è la parte relativa alla gestione finanziaria, dai Tfr alle prestazioni Inps, fino agli ammortizzatori sociali, con un punto fermo ribadito in sala: la cassa integrazione riguarda esclusivamente gli operai a tempo indeterminato con almeno 181 giornate effettive nell’anno.

Il tema dello scambio di manodopera ha sollevato grande interesse, anche per la sua diffusione nelle aree rurali: è ammesso, ma solo se mantiene caratteri di temporaneità, reciprocità e gratuità. Accanto a questo è stato chiarito il ruolo dell’aiuto familiare, consentito fino al sesto grado e comunque entro un limite indicativo di 90 giornate annue se svolto a titolo gratuito.

Uno dei passaggi più attesi ha riguardato i contratti di appalto, sempre più utilizzati come alternativa ai contratti a termine, ma non privi di rischi. La responsabilità in solido per i debiti dell’appaltatore resta un punto critico, così come la necessità di verifiche preventive efficaci e continue. De Lellis ha ricordato i requisiti dell’appalto genuino – oggetto del contratto, organizzazione dei mezzi, rischio d’impresa – chiarendo che il committente può vigilare, ma non impartire ordini operativi. La nuova polizza fideiussoria obbligatoria diventa così un ulteriore tassello di tutela.

Lo sguardo verso il futuro dei controlli ha introdotto un elemento nuovo: ispezioni sempre più basate su intelligenza artificiale e sistemi di geospazialità. Un cambio di paradigma che, come è stato anticipato, renderà la trasparenza un elemento strutturale e difficilmente eludibile.

Nella seconda parte della giornata, l’avvocato Massimiliano Acerbo ha illustrato con precisione i poteri dell’Ispettorato del lavoro, compresa la possibilità di interrogare i dipendenti anche durante l’ispezione. Una prerogativa forte, affiancata però dai diritti dell’imprenditore, come quello di essere assistito da un consulente. Sono state spiegate le fasi del procedimento ispettivo, i tempi, il verbale di chiusura e le prescrizioni, evidenziando che adempiere nei termini può ridurre sensibilmente la sanzione.

Restano un nervo scoperto i lavoratori irregolari, con particolare attenzione ai minorenni, e il tema del lavoro stagionale, dove i parametri minimi previsti per altri settori non sempre risultano applicabili alle specificità agricole. Acerbo ha richiamato anche la norma che vieta il pagamento in contanti del salario, prevedendo sanzioni per ogni singolo episodio, e l’obbligo di vigilanza attiva sulla sicurezza: essere formalmente in regola non basta, perché la responsabilità del datore di lavoro permane se il dipendente non rispetta le misure di prevenzione.

Il convegno si è chiuso con una consapevolezza condivisa: senza un accompagnamento professionale e continuo, il rischio è che il quadro normativo, sempre più fitto e mutevole, soffochi anziché sostenere un settore che continua a rappresentare una colonna portante dell’economia piemontese.

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