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Incatenati davanti alla sede di Ahold Delhaize: la polizia arresta gli attivisti di Animal Equality

Gli attivisti bloccano l’ingresso del parcheggio e chiedono la fine delle gabbie nella filiera USA

Incatenati davanti alla sede di Ahold Delhaize

Incatenati davanti alla sede di Ahold Delhaize: la polizia arresta gli attivisti di Animal Equality

Il rumore delle tronchesi ha interrotto il silenzio dell’alba ad Amsterdam. Gli agenti della polizia olandese si sono chinati sulle catene una dopo l’altra, tagliandole a colpi netti, mentre gli attivisti di Animal Equality rimanevano immobili, legati a terra davanti alla sede centrale di Ahold Delhaize, il gigante dell’alimentare che controlla marchi come Albert Heijn, Delhaize, Stop & Shop e Food Lion. Una scena tesa, essenziale, priva di gesti plateali ma carica di un’evidenza difficile da ignorare: chi era steso sull’asfalto non chiedeva un gesto simbolico, ma un cambio strutturale nella filiera di una delle multinazionali più influenti del settore.

L’intervento è avvenuto il 3 dicembre 2025, poche settimane dopo un’azione identica messa in atto il 26 novembre. Questa volta, però, la protesta è stata ancora più dura, meditata e strategica: gli attivisti si sono incatenati all’ingresso del parcheggio principale, bloccando l’accesso dei dipendenti e costringendo la direzione dell’azienda a misurarsi direttamente con la contestazione. La polizia è arrivata in pochi minuti, ha delimitato l’area, ha ordinato lo sgombero e ha proceduto agli arresti. Tutto rapido, metodico, privo di scontri, ma sufficiente a far capire che la protesta aveva raggiunto un nuovo livello di esposizione.

Secondo Animal Equality, la ragione di un gesto tanto drastico è una sola: Ahold Delhaize, nonostante l’impegno annunciato dieci anni fa, non avrebbe ancora presentato una roadmap chiara, con scadenze verificabili, per eliminare l’uso delle gabbie per le galline nella filiera statunitense delle uova. Un ritardo che l’organizzazione considera non più accettabile, soprattutto alla luce delle immagini raccolte negli allevamenti e pubblicate nell’ultimo anno, che mostrerebbero – secondo gli attivisti – animali confinati in spazi minimi, incapaci di muoversi, aprire le ali o compiere comportamenti basilari.

In mezzo alla scena del blitz, tra catene spaccate e agenti che sollevano uno ad uno gli attivisti per caricarli sui mezzi della polizia, emerge la voce di Sharon Núñez, presidente e co-fondatrice di Animal Equality. Le sue parole arrivano come una dichiarazione formale, ma hanno il tono di un atto d’accusa: «Il ritardo odierno per i lavoratori è minimo rispetto al decennio di ritardi che le galline hanno dovuto sopportare nelle gabbie. Il disagio dei nostri attivisti è temporaneo, il loro dura tutta la vita».

Poi la descrizione, ancora più diretta, delle condizioni negli allevamenti: «Questi animali sono stipati in minuscole gabbie di filo metallico, incapaci di spiegare le ali o di svolgere molti dei loro comportamenti naturali; le loro intere vite sono plasmate dalle decisioni prese nelle sale riunioni».

Infine, la frase che sintetizza la strategia dell’organizzazione: «Il silenzio protegge solo lo status quo, ma non accetteremo più che tutto continui come al solito».

La protesta si inserisce in un ciclo più ampio di mobilitazioni internazionali coordinate, condotte negli ultimi mesi in Europa e negli Stati Uniti. Animal Equality sostiene che una multinazionale del peso di Ahold Delhaize abbia la responsabilità – oltre che la capacità logistica – di prendere una decisione che potrebbe influenzare l’intero mercato globale delle uova. E proprio per questo, spiegano, la strategia di pressione continuerà finché non verrà pubblicato un impegno vincolante, dettagliato, verificabile.

L’intervento della polizia olandese, eseguito con tecnica e senza escalation, non chiude infatti la questione. Al contrario, la rende più visibile e più urgente agli occhi dell’opinione pubblica. Nelle ore successive agli arresti, l’organizzazione ha diffuso le immagini della protesta, rilanciandole sui social per amplificare l’impatto della giornata. La multinazionale, dal canto suo, non ha ancora fornito commenti ufficiali sul blitz né sulle tempistiche relative all’eliminazione delle gabbie.

Intanto il fronte aperto resta lì, sotto gli occhi di tutti: un parcheggio bloccato, una sede centrale trasformata per qualche ora in teatro di una contesa globale, e un gruppo di attivisti portati via in manette pur di riportare al centro il tema dell’allevamento intensivo. Nulla lascia pensare che questa sia l’ultima volta.

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