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Ricercatori di Padova e Torino ricostruiscono un modello 3D di embrione umano: una svolta per la ricerca

Il modello, pubblicato su Nature Cell Biology, permette di osservare processi finora impossibili da analizzare negli embrioni umani per ragioni etiche e tecniche

Ricercatori di Padova e Torino ricostruiscono un modello 3D di embrione umano: una svolta per la ricerca

Ricercatori di Padova e Torino ricostruiscono un modello 3D di embrione umano: una svolta per la ricerca (foto di repertorio)

Una piccola cavità, cellule che si dispongono in modo ordinato, segnali che guidano la formazione degli organi. È in questo spazio infinitesimale — e cruciale — che si gioca il destino delle prime fasi della vita. E oggi, per la prima volta, quei passaggi possono essere osservati con uno strumento più preciso e riproducibile: un modello tridimensionale di embrione umano ottenuto da cellule staminali. Lo studio, firmato dai ricercatori delle Università di Padova e Torino, è stato pubblicato su Nature Cell Biology.

L’obiettivo è ambizioso: capire cosa accade nell’embrione umano quando si impianta nell’utero e inizia a organizzarsi. È un momento sfuggente, delicato e inaccessibile alla ricerca diretta. Proprio qui si colloca il valore scientifico del nuovo modello: le cellule, coltivate in laboratorio, ricostruiscono due eventi fondamentali dello sviluppo. Il primo è la formazione della cavità amniotica, quella piccola struttura cava che accompagnerà la crescita del feto per tutta la gravidanza. Il secondo è la differenziazione e migrazione delle cellule, l’inizio della mappa spaziale da cui nasceranno gli organi del corpo umano.

Senza la possibilità di studiare embrioni umani reali, spiegano i ricercatori, mancavano i riferimenti per comprendere i segnali che regolano questa complessa coreografia cellulare. Il team ha quindi utilizzato analisi genomiche avanzate ed editing genetico per individuare i meccanismi che guidano queste prime trasformazioni. Grazie al modello 3D, quei segnali possono ora essere osservati, manipolati e verificati, aprendo un campo di ricerca che fino a oggi era solo teorico.

«Le prime fasi dello sviluppo sono quasi impossibili da studiare direttamente negli embrioni umani, sia per motivi etici che pratici», osserva Graziano Martello, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova. Il ricercatore spiega come il modello abbia permesso di creare un ambiente semplice e riproducibile, in cui le cellule staminali umane imitano due passaggi chiave dello sviluppo precoce: la formazione della cavità amniotica e l’organizzazione spaziale degli organi. Due fasi che, pur essendo note anche ai non specialisti, sono sempre rimaste un “buco nero” sperimentale per la scienza.

Il lavoro delle équipe universitarie permette ora di superare un limite strutturale della ricerca sullo sviluppo umano. Offre uno strumento per indagare le cause di malformazioni, i meccanismi degli impianti falliti, le ragioni di alcune patologie che si manifestano già nei primi giorni della gravidanza. E apre, soprattutto, una strada per identificare i segnali molecolari che orientano la costruzione del corpo umano.

L’ambizione è chiara: trasformare un modello sperimentale in una piattaforma che aiuti a comprendere, prevenire e forse un giorno correggere gli errori che avvengono nelle primissime ore della vita. Un terreno nuovo, che si affianca alla ricerca clinica senza sostituirla, e che potrà diventare essenziale per la medicina riproduttiva, la biologia dello sviluppo e la genetica.

Il modello tridimensionale non è un embrione umano reale, ma un sistema di studio che riproduce in vitro passaggi cruciali dello sviluppo. Ed è proprio questa la sua forza: permette di investigare i meccanismi primari della vita senza violare limiti etici e senza dipendere dalla rarissima disponibilità di embrioni umani nelle primissime fasi. Una svolta che mette la ricerca italiana al centro di una sfida scientifica globale.

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