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Spendere il 20% dello stipendio per un piatto di pasta? Il vero lusso oggi è portarsi il pranzo da casa

Portarsi il pasto da casa fa risparmiare fino a 3.200 euro l’anno: il paradosso di un Paese che lavora per pagarsi la pausa pranzo

Spendere il 20%

Spendere il 20% dello stipendio per un piatto di pasta? Il vero lusso oggi è portarsi il pranzo da casa

Portarsi il pranzo da casa non è soltanto un’abitudine salutare o un modo per controllare la qualità di ciò che si mangia: oggi rappresenta una strategia economica sempre più significativa. Un’analisi della fintech Bravo, specializzata nella gestione del debito, mostra quanto la pausa pranzo fuori incida sul portafoglio degli italiani. Per alcuni lavoratori, mangiare ogni giorno al bar o alla mensa può arrivare a divorare quasi il 20% del reddito lordo mensile. Al contrario, chi prepara i pasti a casa riesce a risparmiare in media 263 euro al mese, che diventano quasi 3.200 euro l’anno.

Il confronto elaborato da Bravo si basa su un calcolo semplice: un pasto tipo composto da un piatto di pasta, una bottiglietta d’acqua e un caffè costa mediamente 16 euro al Nord, 13 euro al Sud. Preparare la stessa cosa a casa richiede circa 1,7 euro. È da questa forbice che nasce il risparmio, più ampio nelle regioni settentrionali, dove il costo della ristorazione è più elevato. Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Liguria e Trentino-Alto Adige sono le aree in cui portare con sé il pranzo permette un taglio delle spese che sfiora i 3.500 euro annui. In coda alla classifica, invece, ci sono Puglia, Sicilia, Sardegna, Molise e Abruzzo, tutte poco sotto i 2.800 euro di risparmio annuale.

Il divario non riguarda solo le regioni ma anche le città. Nelle prime venti posizioni per risparmio assoluto si concentrano metropoli e centri urbani del Nord: la Lombardia domina con sei città, l’Emilia-Romagna ne piazza quattro, seguite da Piemonte e Veneto con tre ciascuna. Le regioni meridionali, al contrario, quasi non compaiono nella parte alta della graduatoria. “Complici — spiegano gli analisti — le retribuzioni più basse e i costi inferiori della ristorazione, che riducono l’ampiezza del risparmio in valore assoluto”.

Sul podio del risparmio restano cinque città: Milano, Monza-Brianza, Parma, Modena e Bologna, tutte con un potenziale taglio annuo di 3.630 euro. Milano, che presenta la retribuzione lorda più alta d’Italia (circa 2.780 euro al mese), diventa il caso simbolico della ricerca: anche in un’area ad alto reddito, pranzare fuori resta un costo significativo e incisivo nel bilancio personale.

Il quadro si ribalta completamente quando si analizza il risparmio in percentuale sulla busta paga. Ed è qui che emerge il volto meno raccontato dell’Italia. A guidare la classifica c’è Vibo Valentia, dove portarsi il pranzo da casa equivale a risparmiare il 22,3% dello stipendio lordo mensile. Seguono Grosseto, al 21,5%, e Imperia, al 21%. In questi territori il risparmio sul pasto non è un vezzo, ma un’esigenza concreta per bilanciare il caro-vita e la vulnerabilità delle retribuzioni.

L’analisi di Bravo racconta dunque una frattura che attraversa il Paese: al Nord si risparmia di più in valore assoluto perché tutto costa di più; al Sud si risparmia meno in euro ma molto di più in rapporto al reddito. In mezzo, milioni di lavoratori che ogni giorno devono decidere se sedersi al bar o aprire il contenitore portato da casa. La differenza, ormai, non è soltanto di gusto: è una scelta che incide su un anno intero di conti.

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