A mezzogiorno e mezzo le barriere si sono sollevate per l’ultima volta, chiudendo un capitolo che ad Arè — la frazione più popolosa di Caluso, tagliata per decenni dalla ferrovia Chivasso–Ivrea–Aosta — aveva segnato abitudini, tempi e perfino paure. Alle 12.30 di ieri, martedì 2 dicembre, è entrato ufficialmente in funzione il nuovo sottopasso accompagnato da una pista ciclopedonale: un’infrastruttura che cambia la geografia locale e mette fine al tratto più delicato della mobilità calusiese.
Il progetto, frutto di una collaborazione tra RFI, Anas, la Città metropolitana di Torino e il Comune, vale 16 milioni di euro. L’obiettivo è chiaro: eliminare quattro passaggi a livello considerati ad alto rischio lungo la direttrice che collega Chivasso alla Valle d’Aosta. L’ingegner Dario Pellegrino, dirigente nazionale di RFI, ha parlato di un’operazione “impegnativa e necessaria”, parte di un intervento più ampio che riguarda l’intero corridoio ferroviario fino a Quincinetto, dove verranno soppressi complessivamente 63 passaggi a livello, sostituiti da sottopassi e cavalcaferrovia.
Dietro la scelta di intervenire qui c’è una memoria pesante. Il 23 maggio 2018 un treno regionale si scontrò contro un Tir rimasto bloccato sui binari, causando la morte del macchinista e del caposcorta del convoglio e il ferimento grave della capotreno. Il deragliamento trasformò quel passaggio a livello in un simbolo della vulnerabilità del sistema.

Il ridisegno della viabilità era iniziato già a luglio con l’apertura della variante di Arè, tre chilometri abbondanti di tracciato che deviano altrove il traffico pesante, liberando un abitato che per anni ha sopportato volumi eccessivi di mezzi diretti verso la statale 26. La variante si lega al nuovo sistema attraverso due punti di innesto e consente ai residenti di Rodallo di raggiungere le abitazioni senza percorrere la nuova arteria, preservando la funzionalità interna alla frazione.
Gli interventi connessi hanno riguardato anche altre aree critiche. In via Doberdò, in piena zona agricola, la chiusura del passaggio a livello ha reso necessario costruire una strada sterrata con fossi di scolo e barriere laterali leggere, destinata soprattutto ai mezzi agricoli. Un’altra soppressione, quella nei pressi della stazione, in via Vittorio Veneto, rientra invece nella seconda tranche dei lavori: qui sorgerà un sottopasso pedonale promiscuo insieme a un nuovo collegamento viario extraurbano. Completano il disegno una rotonda tra via Mazzè e viale Europa, pensata per fluidificare i movimenti verso l’area artigianale, e la chiusura definitiva della variante.
Il nuovo sottopasso non è solo cemento e rampe. È dotato di un sistema di gestione automatica in caso di forti piogge: se l’acqua dovesse superare la capacità delle pompe idrovore, un semaforo bloccherà l’accesso, impedendo il transito. Un dettaglio che racconta un modo diverso di concepire le opere pubbliche, come elementi che dialogano con la fragilità idrogeologica del territorio.
Ora il compito passa alla manutenzione, che sarà decisiva. Gli investimenti infrastrutturali vivono di tempo, non solo di inaugurazioni: segnaletica in ordine, controlli regolari, pulizia e monitoraggi renderanno la nuova opera davvero utile alla comunità. Per i residenti, l’apertura del sottopasso significa riappropriarsi di un passaggio quotidiano che per decenni è stato regolato dal ritmo delle sbarre. In un territorio dove la ferrovia è sempre stata una linea di frattura, la continuità viaria restituita ai cittadini è un risultato che va oltre l’ingegneria: è un nuovo modo di muoversi, attraversare, collegare.
Tra Chivasso e Quincinetto si va verso una ferrovia più sicura e una viabilità più razionale. Ad Arè, più semplicemente, le barriere non scenderanno più. E questo cambiamento, che arriva dopo anni di attese e dopo un passato segnato da un dramma, rappresenta molto più di un’opera pubblica: è il punto da cui un intero territorio prova a impostare il proprio futuro.