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02 Dicembre 2025 - 11:22
Milano, il tram che umilia la città dei creativi: “Cerchiamo elettricisti e idraulici, ma qui tutti vogliono fare i modelli”
Un tram che attraversa Milano con una frase essenziale, quasi disarmante nella sua semplicità, è bastato per trasformare una constatazione tecnica in un tema nazionale. «Cerchiamo elettricisti, idraulici e muratori. Ma Milano solo creativi e modelle?» recita la scritta, bianca su fondo neutro. Nessun artificio grafico, nessun riferimento pubblicitario: solo una domanda che mette a nudo una fragilità strutturale del mercato del lavoro italiano. L’iniziativa è di Saverio Cutrullà, imprenditore calabrese e fondatore della Save Group, attiva nella manutenzione e gestione degli spazi aziendali. Alla periferia del capoluogo lombardo sta cercando una trentina di addetti, con stipendi che oscillano tra i 1.800 e i 2.700 euro. Non li trova, e quel tram si è trasformato nel simbolo di una difficoltà che riguarda centinaia di imprese.
Il paradosso è sotto gli occhi di tutti. Mentre il dibattito pubblico si concentra sulle prospettive dell’Intelligenza artificiale e sul timore che i robot possano sostituire l’uomo, il mercato reale soffre l’assenza di figure professionali alla base del funzionamento della città. Mancano manutentori, operai specializzati, tecnici dell’energia, personale sanitario, camerieri, cuochi, autisti. Mancano persone disposte a svolgere ruoli che permettono a scuole, ospedali, cantieri, ristoranti e infrastrutture digitali di andare avanti giorno dopo giorno. È una fotografia che Milano, capitale del design e dell’innovazione, riflette più di altre città: mentre l’offerta culturale e creativa si amplia, i mestieri tecnici faticano a trovare ricambio.
I numeri confermano la portata del fenomeno. Nel solo mese di novembre, su 443 mila richieste di personale, 202 mila posizioni sono rimaste scoperte. Quasi una su due. In quasi un terzo dei casi, le imprese non hanno ricevuto nemmeno un candidato. È un enorme cortocircuito tra domanda e offerta, che non può essere spiegato solo con le retribuzioni. Il costo della vita nelle grandi città pesa come un macigno: con 1.500 euro al mese, a Milano non si vive. A questo si aggiunge una formazione spesso in ritardo rispetto alle esigenze produttive, con percorsi scolastici che continuano a privilegiare indirizzi considerati “di prestigio” ma scarsamente assorbiti dal mercato.

Sul piano psicologico insiste una seconda ombra: la paura dell’automazione. Indagini recenti indicano che quasi la metà dei lavoratori teme di essere sostituita dall’Intelligenza artificiale. In alcuni settori il rischio esiste: assistenza clienti, consulenze di base, design, programmazione, parte della produzione industriale. Ma il quadro complessivo è meno oscuro. Le stime internazionali dicono che entro il 2030 scompariranno circa 90 milioni di posti, ma ne nasceranno 170 milioni, per un saldo positivo di 78 milioni. E soprattutto, non tutti i lavori sono automatizzabili: manutentori, idraulici, elettricisti, infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici degli impianti restano figure centrali e insostituibili. Sono mestieri che richiedono presenza fisica, manualità, capacità di giudizio immediato. Una macchina, per ora, non è in grado di replicarli.
Nel frattempo, però, Milano rischia un rallentamento. La città attrae designer, comunicatori, professionisti digitali, influencer e modelle; fatica invece a trattenere chi si occupa dell’infrastruttura materiale che la sostiene. Quando i manutentori non si trovano, gli impianti rallentano. Quando mancano cuochi e camerieri, interi settori faticano a garantire i servizi di base. Quando non si recluta personale sanitario, la pressione sugli ospedali cresce.
La soluzione richiede un approccio multilivello. Servono salari più adeguati al costo della vita urbana, ma anche percorsi formativi moderni, rapidi e realmente orientati alle esigenze del mercato. Tutto ciò deve accompagnarsi a un orientamento scolastico più onesto, capace di spiegare ai giovani che il valore di un mestiere non è legato alla narrazione sociale che lo circonda, ma alla sua spendibilità reale e alla sua capacità di generare futuro.
Il tram che attraversa Milano non è una provocazione estetica. È un segnale, quasi un avviso alla città: senza tecnici qualificati, senza lavoratori essenziali, senza competenze che uniscono manualità e tecnologia, il motore economico più potente del Paese rischia di rallentare. E mentre gli algoritmi avanzano, la domanda più urgente resta sorprendentemente semplice: chi farà funzionare il mondo di domani?
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