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27 Luglio 2025 - 18:45
Schiaffo a Gaza anche da Venaria: il centrodestra boccia l'odg in difesa dei diritti umani, il sindaco si astiene. Scoppia la polemica
Vergogna. È questa la parola che più volte è risuonata tra i banchi dell’opposizione dopo il Consiglio comunale di Venaria Reale dell'altra sera quando è stato bocciato un ordine del giorno che chiedeva una presa di posizione chiara sulla crisi umanitaria in atto nella Striscia di Gaza. Sì, avete letto bene: bocciato. E ci va del "coraggio" quando basta aprire internet e i social sul telefono cellulare a restare indifferenti di fronte alle immagini che arrivano dalla Striscia.
Il documento, presentato da Uniti per Cambiare, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle è stato respinto dalla maggioranza di centrodestra. A fare rumore, però, non è solo il voto contrario.
È l’astensione del sindaco Fabio Giulivi, che ha provato a prendere le distanze dal suo stesso blocco, senza però opporsi apertamente.
Il testo dell’ordine del giorno – lungo, documentato, inequivocabile – condannava tanto l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 quanto le “gravi e documentate violazioni del diritto internazionale umanitario da parte del governo e dell’esercito israeliano”.
Nel dispositivo, si chiedeva al governo italiano di riconoscere lo Stato di Palestina, promuovere il cessate il fuoco, sospendere la vendita di armi a Israele, sostenere le sanzioni e dare attuazione ai mandati di arresto della Corte Penale Internazionale contro Netanyahu e Gallant. Tutto nero su bianco. Senza ambiguità.
E proprio quelle parole – troppe, troppo forti, troppo scomode – hanno fatto tremare la maggioranza.
La quale, dopo aver presentato e votato in passato un ordine del giorno di solidarietà verso Israele, ha tentato in Consiglio comunale di emendare in extremis il testo, stralciando i punti più decisi e aggiungendo – con tempismo chirurgico – un paragrafo per il riconoscimento dello Stato di Israele accanto a quello di Palestina.
Un’operazione in chiaro stile “un colpo al cerchio e uno alla botte”, finalizzata a rendere il documento più digeribile per la platea destrorsa. Ma il fronte progressista ha retto: “Votiamo il testo così com’è”, ha ribadito la minoranza. E così è stato.
Anche se, alla fine, la maggioranza l'ha bocciato. Giulivi si è astenuto. E la spaccatura si è consumata.
Fabio Giulivi sindaco di Venaria
La reazione è stata immediata. Furiosa. “Venaria si merita un altro governo”, ha tuonato Alessandro Brescia, chiamando il sindaco per nome e cognome: “Giulivi è il capo di questa maggioranza di destra. La sua astensione è una foglia di fico. È una vergogna non votare un ordine del giorno come questo. È una vergogna che leva questa ipocrisia: non si dichiarano antifascisti, non votano una cosa del genere. Siamo amministrati da esponenti dell'ultra-destra. Ci sono consiglieri che in cinque anni non hanno mai parlato, solo alzato la mano a comando. E adesso che ci sono mal di pancia, arriva l’imprimatur alla spicciolata: un grande classico”. Il riferimento è al post-consiglio, quando la destra – a cominciare dai partiti – ha iniziato a rafforzare pubblicamente il sostegno al sindaco, forse per metterlo al riparo dalle fratture interne che la votazione ha reso visibili.
Rossana Schillaci, consigliera del Partito Democratico, ha tenuto il punto con fermezza: “Ritengo che il riconoscimento dello Stato di Palestina sia un passaggio fondamentale per ristabilire le condizioni di dialogo e di stabilità nella regione. La drammatica crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza impone alla comunità internazionale un’assunzione di responsabilità chiara e tempestiva. Il riconoscimento non è un atto contro qualcuno, ma un atto per la pace e per il rispetto della dignità di entrambi i popoli”.
Più amaro, ma non meno diretto, Davide De Santis, consigliere del Movimento 5 Stelle: “Ho espresso la mia delusione per la bocciatura di questo ordine del giorno immediatamente. Era un testo che voleva dare un segnale di umanità, anche se flebilmente. So bene che il nostro ruolo in questo contesto internazionale è limitato, ma il silenzio delle istituzioni, anche a livello locale, è una forma di complicità morale”. E ancora: “La richiesta di emendare questo testo – nonostante il suo impianto equilibrato e la sua apertura a una condanna netta di ogni forma di terrorismo e violenza – dimostra quanto sia difficile, persino nei luoghi della democrazia, avere il coraggio di prendere posizione chiara contro la sofferenza, contro la distruzione di vite innocenti, e in favore del diritto internazionale”. Un’analisi lucida, che chiama in causa il senso stesso della rappresentanza istituzionale: “Questo documento non muoverà armate, ma avrebbe potuto rappresentare una presa di coscienza. Un piccolo gesto, forse, ma non privo di significato”.
E invece no. Il gesto non c’è stato. L’occasione è stata sprecata. Le parole – quelle vere, nette, politiche – sono state annacquate, poi cassate. I tre punti che la maggioranza voleva eliminare erano proprio quelli più coraggiosi: lo stop alla vendita di armi, il sostegno alla Corte Penale Internazionale e l’attuazione dei mandati di arresto per Netanyahu e Gallant.
Inutile cercare l’equilibrio tra verità e diplomazia quando in gioco c’è un genocidio, come ha ricordato più di un consigliere dell'opposizione. “Rispetto al 7 ottobre, oggi la Palestina non esiste più. È un genocidio. L’ipocrisia di continuare a vendere armi vuol dire che non c’è la volontà di intervenire”. Parole dure, che pesano come macigni.
La seduta è stata sospesa per permettere alla maggioranza di formalizzare gli emendamenti in diretta. Un teatrino istituzionale che ha fatto infuriare i promotori del testo. Perché la sostanza era chiara: trasformare un atto di denuncia e di solidarietà in un equilibrismo verbale buono per salvare la faccia.
Il sindaco, dal canto suo, ha provato a uscirne con un atto di equilibrio: “Mi astengo. Ciò che è successo è andato oltre il 7 ottobre”. Ma quell’astensione pesa più di un voto contrario. È l’ammissione implicita di una spaccatura. È il tentativo di salvare il ruolo senza sporcarsi le mani. Ma – come ha scritto Alessandro Brescia nel suo post su Facebook – “Giulivi di civico ha nulla. È uomo di partito. Di partiti. E di Destra. Quella di Giulivi è una coalizione di destra-destra. Vedi l’imbarazzante bocciatura della mozione su Gaza. Basta ascoltare la registrazione. Ci hanno chiesto di cancellare dal testo proprio i punti fondamentali. Insomma, l’obiettivo era edulcorare la mozione in chiave pro-Israele”.
La ferita resta aperta. Non solo nella politica cittadina. Ma nel ruolo che un’istituzione locale dovrebbe avere nel dare voce alla giustizia, alla pace, ai diritti umani. E in quel vuoto, il silenzio fa ancora più rumore.
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