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Cronaca
29 Giugno 2024 - 17:17
Operazione Platinum Dia
Si è pentito il boss del narcotraffico della ‘ndrangheta Vincenzo Pasquino di Volpiano.
Le sue dichiarazioni arrivano qualche mese dopo la condanna del settembre 2023, davanti alle forze dell’ordine sono divenute pubbliche. “Intendo collaborare con la giustizia” ha raccontato Pasquino nel mese di maggio ai magistrati dopo essere stato estradato dal Brasile, dove era stato arrestato dopo una lunga latitanza, da lì aveva lungo governato le rotte del narcotraffico internazionale. Ore sono in allerta le cosche di tutta Italia, di Platì, San Luca e di Torino. Pasquino è nato sotto l’ala della fortissima famiglia Agresta di Volpiano, ma è nel tempo diventato broker per le maggiori famiglie di mafia originarie della Locride e dell’Aspromonte.
A Volpiano, Vincenzo Pasquino non lo si vede dal 2017: dopo un passaggio in Calabria si era trasferito in Sudamerica.
Qui si scopre che Pasquino, che aveva legami con la potente famiglia mafiosa degli Agresta: è riuscito a stabilire rapporti diretti con i paramilitari sudamericani nel periodo compreso tra il 2017 e il 2020, come riportato nei documenti relativi all’inchiesta che l’ha identificato come un affiliato alle cosche di ‘ndrangheta.
Le accuse nei suoi confronti riguardano il traffico di quattro carichi di cocaina, di cui tre cubani con un peso totale di circa 700 kg (530, 102 e 55 kg) e un quarto carico di quantità imprecisata.
Il carico più significativo, spedito nel giugno del 2020 durante il lockdown della pandemia di Covid, era contenuto nel container MEDU4526418, imbarcato sulla nave MSC ABIDJAN proveniente da Itapoa (Brasile) e arrivato a Gioia Tauro.
Altri 102 kg di cocaina, suddivisi in 84 panetti, sono stati occultati in un carico di banane all’interno del container TRIU8585260, imbarcato sulla nave MSC NAOMI partita da Puerto Bolivar (Ecuador) con transhipment nel porto di Rodman (Panama) e sequestrata il 22 dicembre 2020 al porto di Gioia Tauro. Altri 55 kg di cocaina erano stati spediti in collaborazione con le famiglie mafiose dei Giampaolo, Romeo e Nirta di San Luca.
Vincenzo Pasquino
Nei messaggi criptati intercettati dagli investigatori, Pasquino utilizzava lo pseudonimo “UI K64NAO” per comunicare direttamente con i fornitori.
Le conversazioni evidenziano la sua gestione di enormi quantità di cocaina a beneficio di diversi cartelli calabresi.
Pasquino non era solo il rappresentante in Sud America degli Agresta di Torino/Volpiano/Platì, ma era diventato molto di più.
La sua ascesa nel mondo del narcotraffico, documentata nelle migliaia di pagine dell’ordinanza emessa dalla Dda di Reggio Calabria, rivela un giovane uomo determinato e risoluto, intenzionato a portare a termine ogni affare possibile.
Il suo arrivo in Brasile è avvenuto dopo l’arresto di Nicola e Patrick Assisi, due dei primi cinque principali trafficanti di stupefacenti al mondo, anch’essi originari del Canavese, fermati dalla Policia Federal e dal Ros centrale.
In una delle conversazioni con Pasquino, un paramilitare scriveva: “Con Patrick e i suoi parenti abbiamo fatto tante cose belle”.
Nelle intercettazioni dei carabinieri del nucleo investigativo, Pasquino, parlando con la moglie, manifestava la sua totale fedeltà alla famiglia Agresta di Volpiano.
Quando la donna metteva in discussione i rischi derivanti da una scelta di vita del genere, Pasquino rispondeva con fermezza: “Se mi chiedi di scegliere tra loro e te, allora caccio te. Loro mi hanno insegnato tutto, quando puzzavo di fame mi hanno permesso di vivere. Non avevo nemmeno i 5 euro per le sigarette e chi c’era? Loro, solo loro mi sono stati vicini. Non mi costringere a prendere una posizione”.
Chi è Vincenzo
Pasquino?
Vincenzo Pasquino (Torino, 3 ottobre 1990) è un mafioso italiano, membro di spicco della ‘ndrangheta.
È stato arrestato il 24 maggio 2021 in Brasile nel corso di un’operazione internazionale, partecipata da Interpol e Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che ha condotto anche all’arresto del secondo latitante più ricercato d’Italia, Rocco Morabito.
Pasquino nasce a Torino da una famiglia di origini calabresi.
Cresce in uno dei quartieri più difficili del capoluogo piemontese, Barriera di Milano, avvicinandosi al mondo del crimine nella prima adolescenza.
Si costruisce una fama di duro nel mondo delle rapine a mano armata e degli assalti ai furgoni portavalori, come dimostrato dal suo arresto nel 2012.
All’epoca, appena ventiduenne, era stato tratto in arresto insieme al latitante Michele Bassu, nell’ambito di un’indagine maturata a seguito di una tentata rapina ad un portavalori.
Parzialmente analfabeta, si era guadagnato la fiducia delle ‘ndrine piemontesi attraverso azioni spettacolari come le rapine a mano armata ai portavalori e le spedizioni punitive nei confronti di esponenti della malavita albanese. Per i suddetti motivi, il Pasquino è anche noto come “il capraro” e il “tosapecore”.
Taciturno e defilato, il Pasquino aveva catturato l’attenzione dell’antimafia per la prima volta l’8 settembre 2016.
Monitorato nell’ambito di un’inchiesta volta ad accertare l’esistenza di una “procura parallela” in Piemonte, quella sera gli inquirenti ascoltarono il Pasquino parlare di poliziotti, avvocati e giudici in servizio presso il Palagiustizia di Torino e, a suo dire, collusi con il sistema ‘ndranghetista sulla base di un sistema clientelare basato su favoritismi in stile do ut des.
Di lì a poco sarebbe iniziata un’immensa raccolta di prove, poi culminata nella maxi-operazione Cerbero, che pochi mesi più tardi avrebbe condotto all’arresto di Antonio Piccolo, migliore amico del Pasquino, per il possesso e l’occultamento di 71 chilogrammi di hashish.
Un’occasione, quella dell’arresto del Piccolo, che aveva rivelato agli agenti di polizia anche il ruolo di un’altra figura – Morena Maggiore –, che aveva avvertito Pasquino dell’arrivo dell’antidroga.
Legato da un matrimonio a Morena Maggiore, con la quale ha avuto una figlia durante la latitanza in Brasile e che può essere ritenuta una figlia d’arte alla luce del contesto familiare.
La Maggiore, infatti, è la secondogenita del pluripregiudicato Giuseppe Maggiore, noto narcotrafficante e membro di spicco dell’omonima famiglia criminale siciliana: i Maggiore.
Suddetta famiglia, che riveste un ruolo egemonico nei panorami criminali di Torino, Palermo e Catania, è nota per i legami di lunga data con Cosa nostra, in particolare con il clan Santapola, ed è specializzata in una vasta gamma di attività criminose, tra le quali il traffico internazionale di droga, la tratta di armi, le rapine, la ricettazione, i furti e le estorsioni.
Non Torino, e neanche Palermo, ma Catania sarebbe la centrale operativa dei Maggiore.
Il raggio d’azione della famiglia non sarebbe circoscritto soltanto alla città etnea – parzialmente controllata a mezzo delle armi su delega dei Santapaola e degli Ercolano –, perché esteso nell’intera provincia.
Nello specifico, stando alle risultanze investigative, il centro operativo dei Maggiore sembrerebbe essere il piccolo comune di Militello in val di Catania, la cui cronaca giornaliera è, non a caso, dominata dalle gesta dei membri di questa famiglia.
Le indagini hanno appurato che i Maggiore sono riusciti a scalare i vertici della grande criminalità facendo ricorso, tra i vari mezzi, alle unioni sentimentali con i membri di altre famiglie criminali. Ad esempio, mentre la suddetta Morena Maggiore si era unita in matrimonio al Pasquino, determinando la nascita di un’alleanza tra le due famiglie – i Pasquino sono radicati sia in Calabria sia nel Torinese, dove sono ritenuti vicini alla politica locale e monopolizzano la cronaca del comune di Cigliano.
Pasquino viene arrestato il 24 maggio 2021, al termine di una latitanza di due anni – era ricercato nel quadro dell’operazione Cerbero –, in compagnia di Rocco Morabito. Insieme a lui, era presente anche la moglie, Morena Maggiore, con la quale ha avuto una figlia durante la latitanza.
L’11 giugno è stata inoltrata ufficialmente la richiesta di estradizione in Italia (eseguita poi il 22 marzo 2024) alle autorità brasiliane da parte del Ministero della Giustizia.
Trait d’union fra le ‘ndrine e i cartelli latinoamericani, per conto delle quali e dei quali gestiva il traffico di sostanze stupefacenti transatlantico, Pasquino era uno dei papabili alla successione di Morabito, nonché tesoriere dei clan e stratega adibito all’amministrazione delle latitanze dei gregari.
In contatto con i cartelli della droga messicani, colombiani e venezuelani, e tramite fra ‘ndrangheta e Comando Vermelho, Pasquino ha attratto l’attenzione delle principali polizie ed antimafie mondiali – come dimostrato dal coinvolgimento di FBI, DEA e Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti nell’operazione che ne ha determinato l’arresto – e rappresenta il principale esponente della criminalità organizzata calabrese di nuova generazione.
Nel mese di dicembre dello stesso anno, su richiesta del pubblico ministero e nell’ambito del processo Cerbero, per Pasquino viene richiesta una condanna a ventiquattro anni di reclusione per reati attinenti al crimine organizzato e al traffico internazionale di droga.
Viene condannato in primo grado, il mese successivo, a diciassette anni e al risarcimento di quindicimila euro al comune di Volpiano per danno di immagine.
Giovedì 22 settembre 2023, Vincenzo Pasquino è stato condannato in appello a 14 anni e 6 mesi di reclusione.
Per i giudici della Corte d’Appello di Torino è capo promotore di un’organizzazione criminale specializzata nel narcotraffico internazionale.
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