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19 Maggio 2023 - 07:49
Il lago di Ceresole
“Chiediamo soluzioni per ridurre al massimo il consumo di suolo”.
Il progetto di nuovo acquedotto della valle Orco, così com’è, rischia di impattare sui terreni agricoli del fondovalle.
Lo denuncia Coldiretti Torino.
In particolare, il potabilizzatore di Locana, previsto in località, Praie, insieme alla strada di accesso all’impianto, occuperebbero un’area a foraggere che andrebbe persa per sempre.
La richiesta di Coldiretti Torino è di modificare il progetto, spostando la futura strada.
“L’acquedotto della valle Orco è un’opera utile che non vogliamo certo mettere in discussione – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Chiediamo, però, di limitare al massimo il consumo di suolo di fondovalle dove esistono gli appezzamenti agricoli con la migliore produzione di fieno, una materia prima imprescindibile per gli allevatori che, in mancanza di una produzione in proprio, sono costretti a importare anche dall’estero. Inoltre, questa scelta interferisce con le opere idrauliche del Consorzio Irriguo San Rocco che, con questa riduzione della superficie consortile, non potrà più accedere ai finanziamenti dei bandi comunitari”.
Bruno Mecca Cici di Coldiretti Torino
Per questo, Coldiretti Torino propone due soluzioni alternative: realizzare l’adeguamento sul ponte in località Nosè, ma, per accedere al potabilizzatore, utilizzare la viabilità esistente a ridosso della montagna denominata “Strada di cavalcando e pedalando”.
In questo caso, si richiede, inoltre, quale opera compensativa che venga realizzato un sottopasso viario di adeguate dimensioni sotto la SP 460 in prossimità del ponte, per il passaggio degli animali che devono accedere al pascolo. In alternativa, si chiede di realizzare un nuovo ponte sul torrente Orco, in località Bosco, e utilizzare per accedere al potabilizzatore la strada rurale esistente, eventualmente adeguandola alle necessità viarie.
Inoltre, Coldiretti Torino chiede di evitare la formazione dei cosiddetti “reliquati” cioè quegli appezzamenti rimasti fuori dagli espropri, troppo piccoli per essere coltivati e di prevedere la ricollocazione delle opere irrigue per consentire la corretta irrigazione dei fondi.
Dopo l’affidamento dei lavori per l’impianto di potabilizzazione (96,3 milioni di euro) al Raggruppamento di imprese Vincenzo Dino, Torricelli, Righi Elettroservizi, Smat ha assegnato anche la realizzazione delle condutture.
Per il secondo lotto (55 km) il costo dei lavori a base di gara ammontava a 74,832 milioni di euro: sono stati affidati con un ribasso di gara del 31,07% per un importo totale di 51,581 milioni di euro al Raggruppamento di imprese Ritonnaro Costruzioni s.r.l, Impresa Borio Giacomo s.r.l., Mello s.r.l., C.F.C. Consorzio fra Costruttori soc. coop.
La rete
Per il terzo lotto (altri 74 km) il costo dei lavori a base di gara ammontava a 71,884 milioni di euro e sono stati affidati con un ribasso di gara del 15,33% per un importo di 60,864 milioni di euro al Raggruppamento di imprese Consorzio Innova soc. coop., Consorzio italiano Costruzioni, Manutenzioni e Servizi soc. coop.
L’acquedotto servirà 50 Comuni per un totale di 128.000 abitanti, rappresentando un’efficace soluzione tecnica per assicurare anche nei periodi di elevata siccità una adeguata fornitura di acqua ai cittadini dei Comuni dell’Alto, Basso Canavese e dell’Eporediese. L’infrastruttura prevede la realizzazione dell’opera di presa presso Bardonetto, l’impianto di potabilizzazione ed un serbatoio di accumulo a Locana.
Il costo complessivo dell’opera ammonta a 254,5 milioni di euro ed è finanziato da fondi del PNRR per 129 milioni di euro.
Il Progetto Preliminare è del marzo del 2019 e quantificava l’investimento totale in 186.100.000 euro. Obiettivo dichiarato: migliorare la fornitura di acqua potabile nelle case dei cittadini residenti in una vasta area del canavese, calusiese, eporediese e rivarolese, con il suo inserimento nel ciclo produttivo di energia idroelettrica in servizio da parecchi decenni nell’alta e media Valle Orco.
Si era ritornati a parlarne questa estate, anche in maniera spinta, sulla scia di una siccità che aveva lasciato alcuni comuni “a bocca asciutta”.
Tutto bene?
Più o meno, non foss’altro che l’approvvigionamento idrico sarà garantito dalle dighe di Ceresole Reale e Pian Telessio nel Parco del Gran Paradiso a quota 2.400 metri e anche lì, quest’estate l’acqua è scarseggiata.
L’impianto, stando ai progetti, avrà sei invasi capaci di trattenere 83 milioni di metri cubi di acqua, un impianto di potabilizzazione da realizzarsi a Locana con un potenziale di 52 mila metri cubi al giorno e condotte del diametro da 500 a 800 millimetri tali da garantire una distribuzione fino ad un massimo di 800 litri al secondo
Il cambiamento climatico ha ridotto di molto alcuni ghiacciai della Valle Orco e altri sono ormai quasi inesistenti, il grave problema è ben visibile a tutti e pensare di voler prelevare dell’acqua per costruire un acquedotto ci lascia perplessi e con molti dubbi.
Nessuno si sta chiedendo se il forte prelievo di acqua ridurrà o meno la portata di quella utilizzata per l’irrigazione che, peraltro, come si è visto, quest’estate è scarseggiata e pure tanto.
Nessuno si sta preoccupando di leggere le osservazioni, risalenti a qualche anno fa, del Comitato Acqua Pubblica di Torino che esprimeva dubbi sull’utilità della costosa opera.
Insomma, prima di spendere tutti questi soldi non si sarebbe almeno dovuto chiarire se Smat intende o meno fare il possibile per migliorare gli impianti esistenti? Lo ha fatto? No!
Nel progetto SMAT lamenta che le falde dalle quali i pozzi oggi prelevano l’acqua, sono vulnerabili, cioè inquinabili, per la mancanza di sedimenti argillosi protettivi.
Ottimo! Bene! Bravi. Ci si chiede però… Per quanti di questi pozzi è stata definita, e quindi tutelata, l’area di salvaguardia tramite gli opportuni studi idrogeologici previsti dalle norme, onde evitare l’inquinamento delle falde…?
SMAT (sempre nel progetto) ricorda che negli anni 2003, 2005 e 2017 si sono manifestate delle carenze idriche, epperò non abbiamo trovato alcun dato né tanto meno i costi sostenuti per far fronte alle emergenze.
Domanda: “Come si fa a sostenere un investimento di queste dimensioni, pari a più di 250 milioni di euro, partendo da considerazioni così generiche?”
SMAT infine dichiara che la finalità dell’opera è di “integrare” l’approvvigionamento idrico delle reti esistenti, non di sostituirle.
Insomma il progetto non si propone l’auspicabile e saggiamente “risparmioso” obiettivo di “razionalizzare il prelievo di risorse idriche pur riconoscendo implicitamente che sarebbe necessario farlo tanto da quantificare in un buon 35% lo spreco d’acqua degli attuali impianti.
Morale?
Se non si apporteranno miglioramenti agli impianti esistenti non si conseguirà alcun auspicabile risparmio di acqua. Ultimo appunto sui costi che finiranno, anzi no, sono già finiti nella bolletta.
Non tutti sanno infatti che la storia dell’acquedotto è vecchia come il cucco. Nasce nel 2005 da una delibera dell’ATO3 e per il periodo che va dal 2009 al 2016 i cittadini hanno già pagato con le loro bollette quasi 32 milioni di euro senza che un tubo venisse posato!
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