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CORONAVIRUS. Impennata di casi, ma picco imprevedibile

Coronavirus, impennata di casi. Non riescono ancora a dare un quadro reale della situazione, i numeri che registrano 10.590 malati di coronavirus in Italia, 2.076 in più di ieri, e che fanno impennare il totale dei casi a 12.462, comprese le vittime e i guariti. Non ci sono infatti ancora gli elementi per parlare di picco in un Paese che presenta "una situazione a macchia di leopardo", ha detto il direttore del dipartimento Malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità, Giovanni Rezza. "I prossimi 14 giorni - ha rilevato - saranno cruciali per capire l'andamento dei casi". Solo dopo questo periodo si potranno vedere gli effetti delle misure finora adottate. "Guardiamo con fiducia ai risultati che potrà dare quest'opera di contenimento. Serve ancora tempo, speriamo bene", ha detto ancora Rezza. La dichiarazione di pandemia da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) "non aggiunge molto", ha osservato riferendosi alle azioni di contenimento intraprese dall'Italia. Il nostro Paese "è stato fra i primi ad avere un'epidemia dentro casa", ha spiegato. "Quello che l'Oms puntualizza è che in effetti diversi Stati hanno fatto poco per arginare la diffusione del virus. L'Italia se lo è ritrovato dentro casa nel momento del picco influenzale", ha aggiunto. Se "nell'estremo Oriente la reazione è stata abbastanza dura, purtroppo è sfuggita di mano in Iran e forse una reazione più decisa da parte dell'Europa sarebbe stata auspicabile, sembra comunque che Francia e Germania stiano adottando provvedimenti più restrittivi". Si sente "rassicurato", Rezza, dalle misure che fanno di tutta l'Italia una zona protetta: "Facciamo un contenimento preventivo. Stiamo facendo quello che dovevamo fare, lo stato di pandemia fa sì che l'Oms inviti altri Paesi ad agire". Favorevole a misure più restrittive è il consulente del ministero della Salute, Walter Ricciardi, per il quale "ha senso" la richiesta da parte della Lombardia di "chiudere tutto" per contenere il più possibile il contagio, anche se la misura "potrebbe essere proporzionata per la Lombardia", visto che quella regione "è per l'Italia quello che Wuhan era per l'Hubei", ma non per il resto del Paese. Se per Rezza la buona notizia, è che "nel genoma del virus si sono riscontrate finora solo piccole mutazioni", che "non ne hanno cambiato le caratteristiche e che non lo hanno reso più aggressivo", sul tasso di letalità c'è invece un'incertezza dovuta ai diversi sistemi di rilevamento dei casi a livello internazionale: "Se si comincia a testare solo le persone sintomatiche, il tasso letalità di alza - ha osservato - e questo impedisce dei confronti diretti; se invece adottassimo come denominatore il numero di persone che hanno l'infezione avremmo un tasso inferiore". La scelta di fare il test solo a chi ha i sintomi della Covid19 impedisce di avere la dimensione reale del fenomeno, ha osservato l'infettivologo Massimo Galli, dell'Università di Milano e primario dell'ospedale Sacco. Bisognerebbe infatti sapere, ha aggiunto, quante sono le persone positive al coronavirus, comprese quelle che non hanno i sintomi. Per questo, ha rilevato, "la politica del tampone solo a sintomatici alla lunga potrebbe rivelarsi insufficiente". Anche per questo secondo Galli sull'arrivo del picco in Italia c'è un punto interrogativo: tutto dipenderà dall'efficacia delle misure di contenimento.
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