L'Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede, la scorsa settimana ha dedicato un articolo al progetto di riduzione del numero delle diocesi italiane, tramite possibili tagli e accorpamenti, dopo che il comunicato finale del Consiglio Cei svoltosi a Roma ha fatto sapere che la Congregazione per i vescovi ha richiesto alle conferenze episcopali regionali il parere su un progetto di riordino che dovrà essere espresso entro la fine d'agosto 2016. Il giornale vaticano ricorda che quello del numero delle diocesi italiane è un "argomento che non da oggi è all'ordine del giorno" ma "a lungo dibattuto e ripreso da Papa Francesco già nel 2013, durante il suo primo incontro con l'episcopato italiano". Anche il Concilio Vaticano II, nel decreto Christus dominus sulla missione pastorale dei vescovi, si era soffermato sulla necessità di rivedere i confini delle diocesi, "questione molto sentita in Italia sin dai tempi dei patti del Laterano. In effetti, la Penisola da sempre 'soffre' - a motivo dell'evoluzione di peculiari processi storici - di un'anomalia: un numero troppo elevato di diocesi se confrontato con il resto del mondo cattolico". La questione venne affrontata già nel 1964 da Paolo VI, che il 14 aprile all'assemblea dei vescovi rilevò l'"eccessivo numero delle diocesi". Successivamente il Pontefice tornò ancora sull'argomento e il 23 giugno 1966, sempre incontrando l'assemblea della Cei, avvertiva: "Sarà quindi necessario ritoccare i confini di alcune diocesi; ma più che altro si dovrà procedere alla fusione di non poche diocesi, in modo che la circoscrizione risultante abbia un'estensione territoriale, una consistenza demografica, una dotazione di clero e di opere, idonee a sostenere un'organizzazione diocesana veramente funzionale, e a sviluppare una attività pastorale efficace ed unitaria". All'epoca le diocesi erano ben 325 - oggi sono 226 - e a seguito delle parole di Montini la Cei costituì una commissione detta "dei quaranta", che elaborò un progetto di riduzione, tra 118 e 122. Si trattava di un'ampio studio che nel 1968 venne consegnato alla Congregazione per i vescovi. Il testo fu esaminato, poi anche approvato a maggioranza dai vescovi italiani e, infine, accantonato. Bisognerà attendere il 1986 quando, attraverso una serie di accorpamenti di piccole diocesi, si arrivò all'assetto attuale. Un "fatto storico", scrisse il segretario della Congregazione per i vescovi, l'arcivescovo Lucas Moreira Neves, presentando sull'Osservatore Romano del 9 ottobre 1986 la nuova "geografia" delle diocesi italiane. Tuttavia proprio in quella circostanza il segretario del dicastero ricordava che 119 era il numero delle circoscrizioni ecclesiastiche "ritenuto molto vicino all'ideale". La questione viene adesso riproposta. "L'operazione è certamente difficile, ma non dovrebbe suscitare il panico e l'opposizione" disse Paolo VI il 23 giugno 1966. Anche perché - come ha ricordato Papa Francesco il 23 maggio 2013 nel suo primo incontro con l'episcopato italiano - la Chiesa non è "espressione di una struttura o di una necessità organizzativa", ma "segno della presenza e dell'azione del Signore risorto" per edificare "la comunità nella carità fraterna". E Ivrea? Più che di indiscrezioni, si tratta di un vero e proprio studio, elaborato dai Vescovi piemontesi. In base a quanto abbiamo appreso nella nuova geografia delle Diocesi, Pinerolo andrebbe con Susa in una nuova “diocesi alpina”, Fossano e Saluzzo con Cuneo e infine d’Ivrea con l’Arcidiocesi di Torino. Già! Proprio così. E sarebbe per l’ex città dell’informatica un colpo basso fors’anche peggiore della perdita dell’Olivetti. Chi glielo spiega, per esempio, a Monsignor Cesare Nosiglia che sotto le rosse torri, di questi tempi, il vescovo sta al Carnevale come le arance alla battaglia? E chi glielo spiega a Monsignor Edoardo Cerrato, che sarà l’ultimo vescovo di Ivrea...
MARTEDì 16 FEBBRAIO SU LA VOCE IN EDICOLA LA TELEFONATA DEL VESCOVO CERRATO A LA VOCE
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