Estorsioni, atteggiamenti intimidatori e condotte di prevaricazione: così gli ultrà dominavano la curva della Juventus. E, quando la società ha deciso di interrompere privilegi e concessioni, sono scattate le minacce e le ritorsioni. Fino alla denuncia del club, che ha fatto scattare l'indagine 'Last Banner'. Sono dodici le misure cautelari, sette in carcere, quattro ai domiciliari e due obblighi di dimora, notificati dalla Digos ai leader del tifo bianconero organizzato. Drughi, Tradizione-Antichi Valori, Viking, Nucleo 1985 e Quelli di via Filadelfia. In manette sono finiti, tra gli altri, Geraldo Mocciola, detto 'Dino', capo indiscusso dei Drughi, un curriculum criminale di tutto rispetto in cui spicca l'omicidio di un carabiniere, e Umberto Toia, leader di Tradizione. Indagate altre 37 persone, i referenti dei gruppi e i rappresentanti dei Nab (Nucleo armato bianconero) nelle varie città italiane. Associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata le accuse, a vario titolo, contestate dalla procura di Torino. "Che i capi ultrà fossero dei prevaricatori non era un segreto. Ma questa indagine ha trasformato la conoscenza generica in precise prove di precisi reati attribuibili a determinate persone", spiega il procuratore reggente Paolo Borgna. "Un'inchiesta da replicare in tutta Italia" per il questore Giuseppe De Matteis, perché il modus operandi dei gruppi ultrà bianconeri sembra essere tipico di molte tifoserie. L'inchiesta è scattata un anno fa, in seguito a una denuncia della Juventus ricattata - secondo gli investigatori - perché gli ultrà volevano continuare a gestire il bagarinaggio. E non solo. Ad avere biglietti gratis, inviti alle feste della società, consumazioni gratis ai bar dello stadio, abbonamenti a prezzi agevolati per chi piazza gli striscioni sugli spalti. La società non ci sta più. E a quel punto arrivano le ritorsioni: sciopero del tifo, cori razzisti e atteggiamenti che avrebbero portato la squadra a multe e penalizzazioni. Con la Juventus, parte lesa di questa "capillare strategia criminale" sono anche i titolari dei bar dell'Allianz Stadium. E, soprattutto, i tifosi, costretti a lasciare i posti a sedere agli ultrà, a consegnare i palloni finiti in curva e recuperati dai bambini, a stare in silenzio persino davanti a un gol perché i gruppi organizzati avevano deciso di scioperare. "Il dominio della curva da parte degli ultrà la rendeva inaccessibile persino agli steward", si legge nell'ordinanza. A raccontarlo è lo stesso funzionario della Juventus Alberto Pairetto, che lo scorso anno si è recato negli uffici della Digos - guidata dal dirigente Carlo Ambra - per denunciare quello che stava accadendo nei rapporti col tifo organizzato. "Si entra in curva a rischio e pericolo", è la sintesi. "Non si riesce a far rispettare il posto nominativo, non c'è controllo. Gli ultrà dominano e decidono in curva. Minacciano gli altri tifosi". Per loro, in fondo, come sottolinea il procuratore aggiunto Patrizia Caputo che ha coordinato le indagini insieme al pm Chiara Maina, "il tifo è un pretesto per controllare lo stadio, in cui c'è un ritorno di denaro. E la violenza è uno stile di vita". Ora i leader e i loro 'colonnelli' sono chi in carcere chi ai domiciliari. "La curva Sud è vuota" scrivono su uno striscione srotolato vicino all'Allianz Stadium i Drughi Giovinezza. "Nella curva si è creato un vuoto", sottolinea il questore. E le reazioni sono "prevedibili". Già da Juve-Verona di sabato.
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