Alla fine la giustizia ha fatto il suo corso, probabilmente senza ascoltare le lacrime di un bambino di nove anni la cui colpa è solo quella di essere al centro di una contesa dei suoi genitori, lui italiano, lei croata. Ad averla vinta è stato il padre, l'imprenditore torinese Alessandro Avenati che riavrà suo figlio, in viaggio verso l'Italia, portato via anni prima dalla madre Nina Kuluz. Chi ha assistito oggi alla 'consegna' del piccolo avvenuta stamani a Spalato, in Dalmazia, ha parlato di momenti drammatici, tra le lacrime della madre, proteste e reazioni politiche. Tutto ha inizio nell'aprile 2011, quando la compagna torna in Croazia con il loro figlio di un anno e mezzo. La donna e il bambino spariscono nel nulla fino al settembre 2016, quando lei viene arrestata. Da allora è stata tutta una battaglia legale. Nei giorni scorsi il Tribunale di Spalato aveva ordinato la consegna del bambino al padre, come prevedeva una decisione del 2012 della giustizia italiana. Dopo la separazione dei coniugi, alla quale non è però seguito il divorzio, la madre aveva portato il bambino in Croazia, tra mutue accuse di abusi e violenze, e per un periodo era anche fuggita nella vicina Bosnia-Erzegovina. In base a una denuncia di Avenati, un tribunale di Torino ha condannato la madre per rapimento negandole nel contempo la custodia congiunta del figlio. La donna ha tentato tutte le vie legali per evitare che la sentenza italiana fosse applicata, ottenendo varie proroghe, e mobilitando l'opinione pubblica del proprio Paese. In suo sostegno si erano espressi molti politici e personalità pubbliche croate, come anche l'arcivescovo di Spalato, monsignor Marin Barisic, insistendo che il benessere del piccolo, che ha finora trascorso la maggior parte della propria infanzia con la madre, dovrebbe essere al primo posto in questo contenzioso. Stamane davanti alla abitazione di Kuluz è stata inscenata una piccola protesta di circa trenta persone, che hanno varie volte urlato contro gli agenti incaricati di assicurare la consegna al padre del piccolo Cesare. I manifestanti hanno mostrato le circa diecimila firme raccolte contro la consegna del bambino al padre, e striscioni con scritte quali "Fermate questo atto mostruoso" o "Date ragione alle lacrime di un bimbo". Al Parlamento di Zagabria alcuni deputati sono intervenuti sulla vicenda affermando che si tratta di una ingiustizia per la quale maggiormente soffrirà il bambino. I portali internet hanno pubblicato foto che mostrano il momento in cui il bimbo viene separato dalla madre, e costretto a salire sull'auto dove lo attendeva il padre. Secondo un'amica della madre, il piccolo era in lacrime e voleva restare a Spalato.
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