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06 Dicembre 2016 - 17:55
"Sono un bambino sporco": questo il cartello che un bimbo di 9 anni, nato a Donetsk in Ucraina e affidato alle cure di una famiglia italiana, doveva portare al collo come punizione. Una delle tante vessazioni umilianti a cui, secondo l'accusa, era costretto dai genitori adottivi con cui viveva in un paesino del torinese. Ora il ragazzo, ormai 17enne, vive in una comunità a seguito di un provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Torino, mentre la madre e il padre sono imputati per maltrattamenti. Il 13 dicembre, a Palazzo di Giustizia a Torino davanti al giudice Antonio De Marchi, verranno sentiti i testimoni della difesa, rappresentata dall'avvocato Valerio D'Atri. Il ragazzo si è costituito parte civile ed è seguito dal legale Emanuela Martini.
Ad accorgersi delle percosse e delle umiliazioni quotidiane erano state le maestre della scuola frequentata dal piccolo. Il bambino arrivava in classe con vestiti grandi, sporchi e puzzolenti, e sulla schiena aveva spesso dei lividi lasciati da una cinghia o da un bastone. "Mi facevano zappare l'orto sino a sera tardi - aveva raccontato agli inquirenti - E spesso mi fasciavano la testa con una benda per impedirmi di parlare". I genitori adottivi si sono sempre dichiarati innocenti.
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