La notizia si è diffusa venerdì come un fulmine a ciel sereno. Il procuratore generale della Corte di Cassazione ha chiesto l’annullamento, con rinvio alla Corte d’Appello di Torino, delle 48 condanne in appello del processo Minotauro, cioè di chi in primo grado si era fatto giudicare con il rito abbreviato. Secondo quanto riferito da alcuni avvocati, per il procuratore non sarebbe emerso “il metodo mafioso come richiesto dall’articolo 416 bis del codice penale”. Per il 23 febbraio è fissata la sentenza, ma già si sa, perchè lo sostengono alcuni avvocati, che a Roma sarebbe stata “evidenziata l’illogicità e la contraddittorietà di una sentenza torinese che stabilise l’unitarietà dell’organizzazione grazie all’esistenza del “Crimine”, salvo poi non riuscire a dimostrarne, per l’appunto, l’esistenza. Quello che manca è in sostanza la conferma dell’attività «in un contesto organizzato». Perhè è vero che per il 416 bis si è colpevoli a prescindere, anche se non si è fatto nulla, solo per il fatto di aver aderito ad un’organizzazione dedita al narcotraffico, all’usura, alla vendita di armi nel mondo, cioè alla ‘ndrangheta, ma se non lo si accerta si diventa criminali comuni, piccoli spacciatori, piccoli delinquenti o delinquenti abituali. E in verità l’ordinanza Minotauro è popolata di estorsioni, minacce, piccole cose ma secondo Roma non ce ne sarebbe abbasta per far pensare a collegamenti su vasta scala. Facciamo un esempio, così tanto, per capire. Arrivasse un carico di cocaina dalla Bolivia ed esistesse un calabrese che l’ha inviata ad un altro spacciatore calabrese in Piemonte, il sospetto che sia ‘ndranhgeta c’è tutto. Per essere ‘ndranghetisti insomma non bastano i legami con la terra di origine. Ora la situazione però si complica non foss’altro che a Torino, la notizia non potrà non incidere anche sul processo, attualmente in corso in Corte d’appello per tutti coloro che non aveva scelto il rito abbreviato, tra cui l’ex sindaco di Leini Nevio Coral tanto per citarne uno, diciamo il più famoso di tutti. Per lui, con una rilettura della sentenza di primo grado in base alle nuove considerazioni, magari trasformate in giurisprudenza, il processo potrebbe addirittura prendere la strada dell’assoluzione per l’associazione a delinquere con piccola condanna per il “voto di scambio”.
D’Onofrio e Tamburi
Non è la prima volta ed era già successo nel dicembre del 2013 per due imputati, Francesco D’Onofrio e Francesco Tamburi, condannati in appello nella maxi inchiesta denominata “Crimine” di Reggio Calabria coorrindata dal Procuratore Nicola Gratteri. Poi arrivò l’assoluzione anche del tribunale di Torino nel quadro dei procedimenti in cui si articola Minotauro. La militanza in Prima Linea aveva portato D’Onofrio ad essere arrestato una prima volta negli anni Ottanta. Originario di Vibo Valentia, aveva spiegato che frequentava molti calabresi ma che non per questo era diventato mafioso. Nell’inchiesta Minotauro aveva partecipato – con altri presunti ‘ndranghetisti – ad un incontro elettorale con l’assessore regionale Claudia Porchietto. Interrogato dal procuratore Gian Carlo Caselli, aveva ammesso la sua presenza con una serie di distinguo: “Figuratevi se sono d’accordo con quelle idee politiche. Ho anche affermato che secondo me diceva delle sciocchezze”.
Il punto
In Piemonte la ‘ndrangheta esiste, ma si presenta in una veste che non permette ai giudici di condannare tutti i suoi discepoli. Così si può leggere la richiesta della Procura Generale di Roma di annullamento della sentenza d’appello di chi a Torino, nell’ambito del maxi processo Minotauro, era stato giudicato in primo grado con il rito abbreviato. Gli inquirenti, grazie alle rivelazioni del pentito Rocco Varacalli, avevano individuato dieci “locali” (le articolazioni territoriali della ‘ndrangheta) sparse per il Torinese e in contatto con le case madri calabresi, ma non sempre erano riusciti a contestare i cosiddetti “reati fine” come estorsioni o intrusioni negli appalti. L’inchiesta Minotauro aveva preso le mosse nel 2006 e, dopo lunghe indagini svolte in gran parte dai carabinieri, era sfociata nel 2011 in 151 ordinanze di custodia cautelare. NEL DICEMBRE DEL 2013. Nel dicembre del 2013, il processo d’appello per tutti coloro che in primo grado si erano fatti giudicare con il rito abbreviato si era chiuso con 48 condanne e 14 assoluzioni. La pena più alta, 13 anni di carcere, riguarda Bruno Iaria. Ed è proprio questa la sentenza di cui si sta discutendo oggi in Corte di Cassazione. Nell’elenco Agresta Antonio 10 anni 1 mese Alì Rocco 2 anni Barbaro Giuseppe 5 anni Belcastro Valerio 4 anni e 4 mesi Bernardo Leonardo 6 mesi Caglioti Salvatore 8 anni Callà Nicodemo 4 anni Callà Vincenzo 6 anni e 8 mesi Callipari Michele 10 anni e 6 mesi Camarda Nicodemo 5 anni e 2 mesi Candido Vito Marco 7 anni Capece Cosimo 7 anni Cento Filippo 5 anni Ciccia Antonio 5 anni e 2 mesi Cincinnato Luigi 4 anni 8 mesi Crea Adolfo 10 anni e 1 mese Crea Aldo Cosimo 8 anni e 8 mesi Cufari Paolo 8 anni e 8 mesi Currà Fortunato 6 anni D’Agostino Francesco (cl. 59) 5 anni e 4 mesi D’Agostino Francesco (cl. 60) 7 anni D’Agostino Pasquale 6 anni Del Grosso Cenzina 9 mesi e 15 giorni Del Grosso Matteo 11 mesi Fazari Giuseppe 8 anni Giorgio Francesco 9 anni e 8 mesi Gorizia Domenico 4 anni 8 mesi Iaria Bruno Antonio 13 anni Iaria Giuseppe 4 anni e 8 mesi Lino Antonio 6 anni Lo Surdo Giacomo 8 anni e 1 mese Lombardo Cosimo (cl. 55) 6 anni e 8 mesi Lombardo Cosimo (cl. 42) 5 anni Macrina Valter 4 anni e 10 mesi Maiolo Pasquale 5 anni Marando Francesco 4 anni e 8 mesi Perre Francesco 8 anni Pollifroni Bruno 5 anni Racco Natale Domenico 5 anni e 5 mesi Racco Giuseppe 5 anni e 5 mesi Raghiele Rocco 6 anni Rizzi Antonio 2 anni Tamburi Domenico 5 anni Tamburi Nicolino 4 anni e 8 mesi Trimboli Natale 8 anni e 10 mesi Trunfio Pasquale 8 anni 8 mesi Valentino Carmelo 3 anni e 4 mesi Zucco Urbano 6 anni. IN CORSO A TORINO A Torino è però ancora in corsa il processo d’appello di chi ha deciso di farsi giudicare con il rito ordinario ed è già stato condannato in primo grado. Nell’elenco Argirò Vincenzo, 21 anni e 6 mesi Demasi Salvatore, 14 anni Romeo Natale, 13 anni Napoli Saverio, 12 anni e 6 mesi Macrina Nicola, 12 anni Praticò Benvenuto, 11 anni e 6 mesi Napoli Francesco, 10 anni e 6 mesi Napoli Girolamo, 10 anni Coral Nevio, 10 anni Guarneri Domenico, 9 anni e 3 mesi Agostino Nicodemo, 9 anni Iervasi Nicola, 9 anni Arena Cosimo, 8 anni e 6 mesi Pagliuso Antonio, 7 anni e 6 mesi Vadalà Giovanni, 7 anni e 4 mesi Modafferi Stefano, 7 anni Trunfio Bruno, 7 anni Raschillà Bruno, 7 anni Papalia Antonio, 7 anni Carrozza Antonio, 7 anni Direda Francesco, 6 anni e 6 mesi Napoli Rocco, 6 anni Idotta Giuseppe, 6 anni Ientile Nicodemo, 5 anni e 6 mes Lo Surdo Franco, 5 anni e 6 mesi Pollifroni Vito, 5 anni e 6 mesi Gigliotti Luigina, 5 anni e 4 mesi Raso Stella, 5 anni Occhiuto Antonino, 4 anni e 6 mesi Lo Surdo Maria, 3 anni e 4 mesi. Bartesaghi Vittorio, 3 anni Troiano Massimo, 2 anni e 2 mesi. Battaglia Antonino, 2 anni Macrì Giovanni, 2 anni Barbera Roberto, 1 anno e 8 mesi. Ragusa Mattia, 1 anno e 8 mesi
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