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31 Luglio 2018 - 12:16
Un valdostano s’è comprato i terreni di Mediapolis ad Albiano. Si chiama Roberto Bagnod e fa l’imprenditore agricolo.
Si chiude così una vicenda, che per venti anni su quei circa 60 ettari di terreni agricoli di elevatissima qualità ha visto scontrarsi tra loro proprietà, cittadini, associazioni e istituzioni pubbliche...
“Questo gesto - ha subito commentato il Fai - va nella stessa direzione di quanto noi abbiamo da sempre sostenuto: la forza del valore agricolo del suolo, vero volano di sviluppo sostenibile di un’area che come si legge nel Piano paesaggistico è di grande interesse agronomico, per le colture, ma anche per prati, pascoli, bosco e bosco ceduo. Di conseguenza oggi si dovrebbe incentivare, proprio sulla base del Piano, il mantenimento delle colture prative e la protezione di questi suoli dall’impermeabilizzazione e dall’erosione, in difesa della qualità della vita dei territori e dei suoi abitanti, per il potenziale di sviluppo anche turistico e d’impresa che questo patrimonio rappresenta. Questo acquisto garantisce ora, e per il futuro, la destinazione agricola di quest’area che non sarà più minacciata dalla speculazione edilizia...”.
La storia
Per quasi 20 anni il FAI - con Italia Nostra, Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, Pro Natura Torino e WWF Piemonte – ha contrastato il progetto Mediapolis per la realizzazione di un enorme parco a tema, con un albergo e tre centri commerciali nel Comune di Albiano d’Ivrea, in una zona prettamente agricola, denominata “Guadolungo”, perché le acque della Dora Baltea lì esondano nei periodi di piogge intense. L‘attenzione del FAI è stata continua in questi lunghi anni anche in sede di giudizio con azioni legali ai vari livelli, dal TAR Piemonte al Consiglio di Stato, per dimostrare che questo progetto avrebbe solo impoverito il Canavese.
“Troppo vecchio nel suo impianto - dicevano - devastante da un punto di vista ambientale e paesaggistico, concentrato su un’area a grave rischio idrogeologico...”.
Già nel 2014 si sapeva che la società Mediapolis aveva contratto forti debiti per una causa in corso in Tribunale, in quanto uno dei creditori, la Banca Leonardo, aveva chiesto di essere pagato per i prestiti effettuati e, quindi, i terreni su cui doveva sorgere Mediapolis sono stati messi all’asta a seguito di un pignoramento. Il prezzo della base d’asta, come si può evincere dalla perizia, era stato stimato sul valore agricolo dei suoli perché ogni autorizzazione a diversa destinazione era scaduta (commerciale, urbanistica, paesaggistica e anche la Valutazione di Impatto Ambientale) e l’Accordo di programma su cui viveva il progetto era ormai una scatola vuota. Si aggiunga a questo che oggi molti strumenti di pianificazione sovraordinati – dal Piano paesaggistico al Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Torino - osteggiano operazioni immobiliari di questo genere su suoli agricoli.
La stessa perizia richiama le criticità legate agli aspetti geologici, idrologici, idraulici, morfologici e la messa in sicurezza del sito sotto ogni aspetto, come i vari vincoli. “Nel 2012 - commenta il Fai - la Giunta Regionale con un’Ordinanza prese atto della dissoluzione delle condizioni per il mantenimento dell’impianto originario del progetto e ne chiese una ritualizzazione, anche alla luce dei nuovi scenari economici e congiunturali, “ivi compresa una ricollocazione sotto il profilo territoriale. Finalmente questo è accaduto, i terreni tornano nelle mani più appropriate di una impresa agricola...”.
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