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15 Marzo 2017 - 10:29
La scorsa settimana è durata oltre sei ore, a Torino, l’udienza in Camera di consiglio di Domenico Agresta, 28 anni, nel processo per l’omicidio dell’odontotecnico Roberto Romeo. Agresta, che ha deciso di collaborare con la giustizia, avrebbe raccontato, in un’udienza a porte chiuse, alcuni particolari sul delitto avvenuto a Rivalta, il 30 gennaio 1998. Si trattò della quarta vittima della faida di ‘ndrangheta che insanguinò Volpiano e nella quale vennero uccisi anche Antonio e Antonino Stefanelli e Francesco Mancuso.
I cadaveri di questi ultimi non sono mai stati ritrovati.
La lunga scia di sangue era stata scatenata dalla morte di Francesco Marando, ritrovato carbonizzato nei boschi di Chianocco nel 1996.
Nel processo per l’omicidio Romeo è imputato Domenico Marando, che era stato condannato come uno dei mandanti a trent’anni di carcere. La Cassazione però aveva annullato la sentenza, ordinando un nuovo passaggio in appello, affermando che il suo ruolo non era stato adeguatamente chiarito. Agresta ha spiegato di avere riportato quanto sentiva dire nella propria cerchia familiare.
Nel quadro della sua collaborazione con gli inquirenti, Agresta ha parlato anche dell’omicidio del procuratore torinese Bruno Caccia, avvenuto nel 1983. Le sue dichiarazioni hanno portato la procura di Milano a indagare (a piede libero) come uno dei presunti esecutori del delitto Francesco D’Onofrio, ex militante di Prima Linea, che però, interrogato nei giorni scorsi, ha respinto ogni coinvolgimento.
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