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Cronaca

Un altro suicidio in cella ad Asti: allarme sulla condizione delle carceri in Piemonte

Un detenuto di 38 anni trovato senza vita nella sezione B, l’Osapp parla di fallimento annunciato e chiama in causa la politica

Un altro suicidio in cella ad Asti: allarme sulla condizione delle carceri in Piemonte

Un altro suicidio in cella ad Asti: allarme sulla condizione delle carceri in Piemonte (immagine di repertorio)

Un uomo di 38 anni, detenuto nel carcere di Asti, si è tolto la vita nella serata di ieri all’interno della propria cella. A darne notizia è il sindacato di polizia penitenziaria Osapp, che parla apertamente di un’“ennesima tragedia” consumata dietro le sbarre e di un sistema ormai incapace di prevenire il disagio estremo che attraversa gli istituti di pena.

Il detenuto, di nazionalità italiana, era ristretto nella sezione B della casa circondariale. Le circostanze del gesto non sono state rese note, ma l’episodio si inserisce in una sequenza che, secondo il sindacato, non può più essere liquidata come una somma di casi isolati. Per l’Osapp si tratta piuttosto dell’effetto diretto di condizioni strutturali che da tempo rendono le carceri italiane luoghi ad alta tensione, dove la fragilità psichica dei reclusi si intreccia con la carenza cronica di personale e di strumenti di supporto.

A puntare il dito è Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, che parla di istituti penitenziari trasformati in vere e proprie “polveriere”, dove il disagio mentale dei detenuti “esplode quotidianamente” senza che il sistema riesca a intercettarlo in tempo. Nel mirino del sindacato finisce soprattutto l’isolamento operativo in cui si troverebbe la polizia penitenziaria, chiamata a gestire situazioni sempre più complesse con organici ridotti e risorse inadeguate.

Il carcere di Asti, sottolinea l’Osapp, soffre da tempo di una grave carenza di personale, in particolare nei ruoli di agenti e assistenti. Una situazione che rende difficile non solo il controllo e la sicurezza, ma anche quell’attività di prevenzione che dovrebbe rappresentare il primo argine contro gesti autolesionistici e suicidari. In un contesto di sovraccarico costante, avverte il sindacato, diventa sempre più complicato tutelare la vita delle persone detenute.

Da qui l’appello a un’assunzione di responsabilità politiche e amministrative, che vada oltre la rituale espressione di cordoglio dopo ogni morte in cella. L’Osapp chiede interventi immediati, a partire da assunzioni straordinarie, dal rafforzamento dei servizi di supporto psicologico e da un cambio di passo nella gestione complessiva del sistema penitenziario. Senza un’inversione di rotta concreta, avverte il sindacato, il rischio è quello di continuare a “contare i morti” senza affrontarne le cause.

Il suicidio avvenuto ad Asti riporta così al centro una questione che attraversa l’intero sistema carcerario nazionale: il confine sempre più fragile tra custodia e abbandono, tra sicurezza e tutela della vita. Un equilibrio che, secondo chi lavora ogni giorno negli istituti di pena, è ormai compromesso e non può più essere rimandato a interventi futuri o a riforme annunciate e mai realizzate.

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