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Micro telefoni lanciati nel carcere: il sistema penitenziario resta senza controllo

Due dispositivi scoperti nei pressi della sentinella 4. L’OSAPP denuncia: personale ridotto, tecnologie illegali in aumento e carceri sempre più vulnerabili. Chiesto al Governo lo stato di emergenza.

carcere di Ivrea

carcere di Ivrea

Due micro telefoni sono stati rinvenuti ieri mattina all’interno della Casa Circondariale di Ivrea, durante un controllo di routine condotto dal Nucleo Traduzioni e Piantonamenti (NTP). I dispositivi erano stati lanciati dall’esternodell’edificio e si trovavano nei pressi della postazione della sentinella 4, ma non sono riusciti a raggiungere le mani dei detenuti.

L’episodio viene segnalato dall’OSAPP, l’Organizzazione Sindacale Autonoma della Polizia Penitenziaria, che sottolinea come non si tratti di un caso isolato. Il giorno precedente, nella Casa di Reclusione di Saluzzo, dieci smartphone erano stati trovati durante un’ispezione interna, in una sezione riservata a detenuti appartenenti al circuito dell’Alta Sicurezza.

Per il segretario generale dell’OSAPP Leo Beneduci, la situazione delle carceri italiane è ormai al limite:
“Le carceri sono allo sfascio: luoghi dove circolano droga e microcellulari, con un personale ridotto all’osso, chiamato a gestire un’emergenza continua”.

L’introduzione di micro dispositivi telefonici è una delle principali criticità che affligge il sistema penitenziario. Non solo perché consente comunicazioni non controllate con l’esterno, ma perché spesso è collegata a dinamiche criminali, traffici e coordinamenti illeciti.

Secondo l’OSAPP, l’organico ridotto e le condizioni di lavoro difficili rendono ancora più difficile contrastare questi fenomeni. Da tempo il sindacato denuncia una mancanza di investimenti strutturali e organizzativi, che lascia le strutture penitenziarie esposte e fragili.

Di fronte a questi segnali, l’OSAPP chiede al Governo un intervento deciso, arrivando a sollecitare la proclamazione dello stato di emergenza per il sistema penitenziario. Una misura estrema, ma che per il sindacato riflette la reale gravità di un sistema che fatica a garantire sicurezza, legalità e condizioni di lavoro sostenibili.

Il ritrovamento a Ivrea rappresenta solo l’ennesimo episodio in un contesto nazionale sempre più complesso, dove l’introduzione illegale di dispositivi tecnologici non è più una novità, ma una pratica ricorrente. E dove la distanza tra la retorica istituzionale sulla sicurezza e la realtà quotidiana degli istituti penitenziari si fa sempre più evidente.

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