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Cronaca

Morte sul lavoro a Leinì: quattro indagati, indagini sui subappalti

Aperta un'inchiesta sulla morte dell'operaio. Dubbi su cantiere ed assunzioni

Morte sul lavoro a Leinì: quattro indagati, indagini sui subappalti

Morte sul lavoro a Leinì: quattro indagati, indagini sui subappalti

Un’altra morte sul lavoro. Un’altra tragedia che si sarebbe potuta evitare. Quattro persone sono finite sotto inchiesta per la morte di Abdelkarim Alaa Ragarb Ramadam, operaio egiziano di 35 anni, precipitato venerdì sera dal tetto di un capannone in via Edoardo Agnelli 20 a Leinì. La vittima stava montando un ponteggio quando la copertura ha ceduto sotto il suo peso, facendolo cadere nel vuoto da un’altezza di dieci metri. Nessuna imbracatura. Nessuna protezione. Nessuna via di scampo.

Le indagini, coordinate dal pm Ludovico Bosso della Procura di Ivrea, stanno cercando di fare luce su una catena di appalti e subappalti che rischia di trasformarsi in un labirinto di responsabilità. Tra gli indagati ci sono il titolare della RM srl, l’impresa per cui lavorava la vittima (anche se non risultava assunta), il rappresentante della Climagest srl, proprietaria del capannone, il responsabile dell’azienda che aveva l’appalto per il montaggio del ponteggio e una quarta persona, individuata come preposto al cantiere. Le ipotesi di reato sono omicidio colposo e violazione delle normative sulla sicurezza.

La Procura di Ivrea

C’è un dettaglio inquietante: né la Cassa Edile né il sistema di congruità del cantiere registravano la presenza dell’operaio. In altre parole, Abdelkarim lavorava in un cantiere fantasma. Ma non è tutto. Dopo l’incidente, invece di chiamare immediatamente i soccorsi, i colleghi hanno caricato il ferito su un’auto e lo hanno trasportato d’urgenza all’ospedale San Giovanni Bosco di Torino. L’uomo è morto poco dopo, alle 22.45.

Perché questa decisione? Paura di conseguenze? Tentativo di insabbiare le irregolarità? I dubbi si fanno ancora più pesanti se si considera che, una volta arrivati in ospedale, i colleghi hanno mentito ai medici, raccontando che Abdelkarim era caduto in casa. Una versione che non ha retto a lungo. Le ferite non erano compatibili con una caduta domestica, e i sanitari hanno subito avvisato le forze dell’ordine.

Quando carabinieri, Spresal e vigili del fuoco sono arrivati nel capannone, hanno trovato una scena dell’incidente già manomessa. Qualcuno aveva ripulito le tracce di sangue e rimosso le barre di metallo che l’operaio stava trasportando al momento della caduta. Un tentativo di cancellare prove scomode? Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti e identificare chi abbia provato a nascondere le tracce della tragedia.

Intanto, oggi, la Procura ha disposto l’autopsia per accertare le cause esatte della morte. Abdelkarim avrebbe potuto essere salvato se fosse stato soccorso subito? È uno degli interrogativi su cui si concentreranno gli accertamenti.

Dietro questa vicenda c’è il dramma di un sistema che continua a non proteggere chi lavora. Cantiere non censito, mancate misure di sicurezza, operai senza tutele. Una storia già vista troppe volte.

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