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Cronaca
19 Luglio 2023 - 20:51
Renzo Tarabella
Ieri, in aula a Ivrea, durante il processo per la strage di Rivarolo, è emerso un interrogativo cruciale: poteva essere evitato il tragico evento del 10 aprile 2021, in cui Renzo Tarabella, 85 anni, uccise la moglie Maria Grazia Valovatto, 79 anni, il loro figlio disabile Wilson, 51 anni, e i padroni di casa, i coniugi Osvaldo Dighera, 74 anni, e Liliana Heidempergher, 70 anni?
Le testimonianze di ieri hanno sollevato un dubbio angosciante riguardo alla presenza di una pistola in casa dell'imputato, arma con cui è stata commessa la strage, e al fatto che i servizi sociali erano a conoscenza di questa situazione. Tuttavia, nessuna segnalazione alle forze dell'ordine è stata fatta poiché Tarabella aveva garantito di tenere separati l'arma e i proiettili.
Uno degli spunti cruciali è emerso dalla testimonianza di Daniela Andreucci, che nel 2014 era l'assistente del figlio autistico dell'assassino.
Andreucci ha riferito in aula di un ambiente familiare gravemente compromesso: "Spesso i due coniugi piangevano lamentando una situazione insopportabile per via del figlio disabile e della loro età avanzata con problemi di salute. Un giorno Renzo mi disse che voleva farla finita, avrebbe caricato tutti in macchina e si sarebbero gettati nell'Orco. La cosa peggiore fu quando mi mostrò la pistola che aveva in casa, carica, la teneva in cucina di giorno e sul comodino di notte. Io ne fui spaventata, denuncia la situazione alla mia referente e al CISS 38, i servizi sociali".
Rossana Vella, l'assistente sociale che aveva seguito la famiglia Tarabella dal 2008 al 2017, ha confermato di aver ricevuto la segnalazione riguardante l'arma, ma ha affermato che Tarabella le aveva assicurato che l'avrebbe tenuta separata dal caricatore e in cassaforte.
Di conseguenza, Vella si tranquillizzò e decise di non segnalare ulteriormente la situazione alle forze dell'ordine, preferendo non rovinare il rapporto costruito con la famiglia.
Tuttavia, le parole dell'avvocato di parte civile della famiglia Dighera, Sergio Bersano, hanno suscitato sgomento: "Con una famiglia dove c’è un clima tale, con un soggetto dal pessimo carattere, che ha manifestato intenti suicidi - commenta l’avvocato - dopo una segnalazione della presenza di un’arma carica ci si sarebbe aspettato una segnalazione alle forze dell’ordine, invece, non fu fatto nulla. Siamo sconcertati dalle parole dell’assistente sociale. Senza una pistola non credo avrebbe potuto fare la strage che ha fatto".
L'avvocato Sergio Bersano con Francesca DIghera, figlia dei coiniugi uccisi da Tarabella
La questione se la strage poteva essere evitata rimane aperta, suscitando interrogativi sulla gestione di situazioni a rischio e la responsabilità delle autorità preposte.
L'assenza di Tarabella in aula per motivi di salute ha aggiunto tensione al processo, rendendo ancora più pressante la necessità di comprendere come si sia arrivati a questo tragico epilogo. La giustizia e il dibattito sulla prevenzione delle tragedie simili continueranno a essere al centro dell'attenzione durante il proseguimento del processo.
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