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CHIVASSO. 'Ndrangheta: "Cosa sta succedendo oggi a Chivasso?"

Riceviamo e pubblichiamo.

Mi chiedo: cosa sta succedendo a Chivasso, oggi? 

Mi pongo questa domanda perché in pubblico non se ne parla, non si sa mai! In privato un po’ di più ma sempre facendo molta attenzione che non ci siano persone “terze” che ci stanno ascoltando! 

Ed invece pezzi importanti dell’economia reale stanno passando di mano… e in che mani! 

Attività commerciali cambiano padrone e ciò avviene nell’indifferenza pressoché generale, come se la cosa non ci riguardasse! 

Con questa premessa, venerdì 26 novembre ho partecipato all’inaugurazione dell’ottavo Anno Accademico dell’Università della Legalità, organizzato dall’Amministrazione Comunale di Chivasso insieme all’Università della Terza Età.

Purtroppo di cittadini di Chivasso - fatta eccezione per pochi “addetti ai lavori” – non ce n’erano! Ma, come ha affermato un noto giornalista chivassese, “se i giornali locali escono con articoli che riguardano fatti di mafia e ’Ndrangheta, il giorno dopo vanno a ruba: questo sta a dimostrare che l’interesse c’è, ma nel privato, ecco perché non si espongono in pubblico e non partecipano ad iniziative come queste.” 

Ciò che, più di ogni altra cosa, mi ha indignato venerdì sera  è aver assistito al “teatrino” messo in scena dal sindaco Castello e dalla sua vice Tiziana Siragusa, per la faccia tosta con la quale sono saliti sul palco e mentre loro parlavano mi venivano in mente alcune affermazioni tratte dall’Ordinanza del Tribunale di Torino nella recente operazione Platinum e dichiarazioni del sindaco Castello.

L’intercettazione del 12 giugno 2017 – h. 18,52.20 – “Il candidato a sindaco di Chivasso, a 10 giorni dal ballottaggio, ha telefonato a PINO Vazzana ( da 7 mesi nelle patrie galere perché affiliato alla ‘Ngrangheta) con una richiesta esplicita di continuare a fornire il proprio supporto elettorale. ‘adesso, però, devi vincere eh Pino”  e questo gli assicurava l’impegno proprio e di altre persone”.

Allora Claudio Castello, attuale sindaco – auspichiamo ancora per poco per il bene della nostra città - perché ti sei rivolto a Vazzana dicendogli addirittura “Adesso devi vincere, eh Pino”?  

Cosa volevi dire con questa affermazione quanto meno strana? 

Che se vincevi tu vinceva anche lui? Oppure invertendo l’ordine dei fattori, che era lui che doveva vincere? Ma vincere che cosa? A che gioco stava, stavate giocando?

“Dalla seguente conversazione del 12.7.2017 – h. 10.11.05 – a pochi giorni dalla fine della competizione elettorale, del resto appare evidente come Vazzana Giuseppe sia legato al sindaco di Chivasso da una amicizia di vecchia data”.

“Quell’amicizia datata “gli consente (a Pino) di instaurare con quest’ultimo (il sindaco Castello) un canale di comunicazione privilegiato rispetto al resto della cittadinanza e di sottoporgli le proprie esigenze in maniera più snella ed informale rispetto alle consuete procedure burocratiche comunali”.

“Più avanti, i Magistrati sempre loro che, secondo alcuni politicanti, ficcano il naso dove non dovrebbero, riportano una conversazione telefonica tra Giuseppe Vazzana e la madre Domenica, risalente al 3 ottobre 2017, nella quale leggiamo: “però lui (Castello) si è sbattuto, cioè …è un amico…questo è un mio amico…”.    

Che dire, invece, della rovinosa superficialità della “stravagante vicesindaca Siragusa, con Delega alla Legalità (!), che il 27 maggio in Consiglio Comunale dichiarava: “Il problema della legalità viene fuori quando arriva la magistratura!”, quando invece proprio venerdì è stato dimostrato dai relatori – il sostituto Procuratore Roberto Sparagna, della DIA, e la professoressa Stefania Pellegrini dell’Università di Bologna - che “non dobbiamo pensare di delegare il contrasto (alle mafie) alle forze di polizia o alla magistratura”!

Mi sono ritornate in mente altre importanti affermazioni fatte da chi per davvero la lotta alla mafia la pratica da anni mettendo a rischio la propria vita. 

Eccole.

L’ex Procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, “la mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi, ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo”!

“Intelligenti pauca” dicevano i latini, o se preferite “a buon intenditor poche parole”!

Don Ciotti, in occasione del 29° anniversario della strage di Capaci, affermava: “Il rischio è la normalizzazione del pericolo mafioso. Della legalità si è fatto un abuso retorico, per certi versi sedativo. Molti dicono “legalità” per mettersi la coscienza in pace, per sentirsi dalla parte giusta”.

Ancora Don Ciotti: “Si esibisce la legalità come una credenziale per poi usarla come lasciapassare, come foglia di fico anche di misfatti e porcherie. Ecco allora che l’espressione “educazione alla legalità, andrebbe arricchita con la parola responsabilità”.

Giovanni Falcone avvertiva che: “Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci assomiglia. La mafia non è un cancro proliferato per caso in un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi 

con la miriade di protettori, complici, informatori …che ci stanno gomito a gomito”.

Cosa è stato detto venerdì sera dai due relatori?

Che fino a dieci anni fa, la presenza della ‘Ndrangheta nella nostra Chivasso era considerata non possibile, quasi mitologica, proprio come quella figura a guardia del labirinto nell’isola di Creta: il Minotauro. Un mostro da cui prese il nome la maxi operazione partita dalla Procura di Torino. L’inchiesta “Minotauro” ha permesso di svelare l’estensione territoriale della ‘Ndrangheta nella nostra Regione, con otto clan attivi su Torino e sei paesi dell’hinterland: Cuorgnè, Rivoli, Moncalieri, San Giusto, Volpiano e Chivasso. Un circuito di infiltrazioni ignorati dalla politica e, per ciò stesso, favorito. 

Oltre alla diffusione più capillare sul territorio, l’inchiesta Minotauro ha mostrato l’esistenza di un’estesa area grigia in cui si configurano rapporti di riconoscimento e scambio tra sfera criminale-mafiosa e sfera formalmente lecita dell’economia e della politica. Da questo punto di vista, emerge in modo più chiaro come i mafiosi riescano a infiltrarsi nell’economia locale di piccoli-medi centri della provincia e dell’hinterland di Torino, alterando l’equilibrio di mercato, soprattutto di settori debolmente regolati e a condizionare le consultazioni elettorali.

“Gli ‘ndranghetisti mostrano di essere stabilmente inseriti in ampie reti collusive, vale a dire in rapporti di scambio con le sfere formalmente legali dell’economia e della politica locale, al punto di dismettere sovente le condotte più predatorie per allacciare invece reazioni di vantaggio reciproco con soggetti locali non mafiosi”.

Gruppi mafiosi e singoli affiliati occultano molte delle loro attività, ma non vivono separati dal mondo, né si muovono nella società come alieni. 

La Fondazione Agnelli ha pubblicato uno studio dal titolo “Le mafie in Piemonte. Impariamo a conoscerle, condotto da un prestigioso gruppo di studiosi del fenomeno malavitoso, diretto dal Prof. Rocco Sciarrone, ordinario di Sociologia Economica all’Università di Torino e direttore del Laboratorio di Analisi e Ricerca sulla Criminalità (Larco), che giovedì scorso ha tenuto la relazione del secondo incontro di formazione per gli amministratori di Chivasso. 

Cosa si legge in quello studio? Ecco alcuni passaggi significativi.

A pagina 42 si legge testualmente: “…Leinì, comune alle porte di Torino è stato commissariato per infiltrazioni mafiose nel 2012, il cui ex sindaco Nevio Coral è stato condannato per mafia nell’ambito del processo Minotauro. Per lungo tempo la maggioranza degli abitanti del paese ha creduto che le procedure opache e clientelari adottate dall’ex sindaco fossero un modo spregiudicato ed efficace di amministrare la cosa pubblica. Le ha sostenute…fino a quando le inchieste hanno rivelato che quel sistema di relazioni e scambi, che molti leinicesi hanno contribuito ad alimentare, è stato il volano anche per gli affari del clan di ‘Ndrangheta, i primi favoriti dalla politica di Coral”.   

A pagina 52 si legge ancora: “L’ex sindaco, Nevio Coral, è stato riconosciuto come il principale interlocutore politico della ‘Ndrangheta su quel territorio; non una vittima, ma un soggetto capace di attivarsi in prima persona per procurarsi il sostegno utile a perpetrare il suo potere politico, anche presso i mafiosi”. 

Viene poi raccontata “una cena organizzata per sostenere il figlio di Nevio, Ivano Coral, alla presenza di pregiudicati. Ivano verrà eletto sindaco.  Difronte a queste ricostruzioni, Coral padre si è difeso dicendo che a lui interessava solo che questi soggetti fossero in grado di procurargli dei voti”.

A pagina 54, la conclusione: “La scoperta più amara per i cittadini di Leinì è stato proprio capire che quell’area di scambi, favori e opacità, che la maggioranza di loro tollerava e sosteneva come un sistema efficace di gestione della cosa pubblica, costituiva in realtà il contesto ideale per il proliferare degli interessi criminali. Del resto, gran parte di quella rete non è stata colpita dalla magistratura e molti continuano ad occupare il posto che avevano prima delle indagini”.

Secondo quanto affermato dalla sindaca eletta nel 2014, dopo lo scioglimento del Consiglio Comunale di Leinì, la dottoressa Gabriella Leone: “La popolazione si è divisa. C’è gente che va a trovarlo nella sua abitazione…. Alcuni dicono: ma dal punto di vista umano…Io rispondo: il punto di vista umano è un’altra cosa, non è che gli auguro il male (…)”.

“Il sindaco Leone coltiva il progetto di eliminare o mettere all’angolo la logica personalistica che ha consentito che Leinì diventasse un territorio di conquista dei clan. Ma si tratta di un percorso lungo e tortuoso, che poco ha a che fare con indagini e arresti”.  

La sindaca Leone: “Lo dico sempre, voltiamo pagina. Questo però non vuol dire dimenticare quello che c’è stato. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che siamo stati permeati da queste dinamiche. La maggioranza di noi, in buona fede. Resta il fatto che non siamo stati sufficientemente pronti a riconoscerla. Perché siamo troppo abituati a cercare per favore ciò che ci spetta di diritto. Io cerco di amministrare senza fare alcuna differenza sulla base delle relazioni. Se una cosa ti spetta per diritto, ti spetta, anche se non mi hai votato. La nuova Leinì, questo pongo come obiettivo della mia politica, deve essere un posto diverso, dove ci sono diritti uguali per tutti, non esistono AMICI e non amici sotto questo aspetto. Non siamo disposti a tutto, per il voto (…). Così la sindaca di Leini…. !

Cinque anni dopo, la dottoressa Leone Gabriella non viene più eletta sindaco...!

A Chivasso succedeva l’esatto contrario: il candidato a sindaco della sinistra faceva quella telefonata imbarazzante, anzi inquietante e veniva eletto sindaco...!

Intanto l’operazione Platinum Dia va avanti...

Conclusione.

Contrapporsi alle mafie spesso vuol dire prendere le distanze

dall’intera costellazione di comportamenti collusivi, di scambio o semplice prossimità in cui le mafie sono immerse.

In questi anni che ci separano da Minotauro: “Si sono rafforzate le connessioni con la zona grigia e sono aumentate le infiltrazioni nell’economia legale”. Parole della professoressa invitata dal Comune di Chivasso…..! 

Proprio perché la zona grigia c’è e le infiltrazioni nell’economia legale sono aumentate, non possiamo girarci dall’altra parte e dire: “la cosa non mi interessa”, perché oggi “riguarda qualcun altro ma domani potrebbe toccare me”-

Vigiliamo, dunque, e uniamoci nel denunciare ciò che sta avvenendo!”.

Renato Cambursano

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