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CHIVASSO. Com’è dura essere stranieri a Chivasso

CHIVASSO. Com’è dura essere stranieri a Chivasso

Chivasso Duomo

L’amministrazione di Libero Ciuffreda, e dell’assessore agli affari sociali Annalisa De Col, se la tira vantando una particolare attenzione agli stranieri più sfortunati. Ospita i profughi nella casa di Corso Galileo Ferraris sequestrata alla mafia. Apre l’anno accademico dell’Università della Legalità con una conferenza su “Migranti, accoglienza e legalità”. Eccetera. Tutte nobili iniziative, che servono a fare credere che la cosiddetta sinistra sia più sensibile degli altri alle sventure degli ultimi della terra. A diffondere la leggenda di una città dedita alle opere di bene, oltre che alla cultura, alla legalità, a ai codici etici firmati uno all’anno. Nello stesso tempo si dimentica nei cassetti le pratiche degli “stranieri” che vivono qui da molti anni, qui lavorano, qui studiano. Quelli che hanno acquisito il diritto di ottenere la cittadinanza italiana. Da Torino le pratiche belle che finite arrivano al Comune di Chivasso. E qui si piantano. Eppure non ci vorrebbe molto. Una brevissima cerimonia. A Torino hanno trovato il modo di farla e di renderla anche un momento gradevole: il Comune invita alcune decine di nuovi italiani e alla presenza del sindaco o di qualche assessore, che tiene un breve discorso di benvenuto, completa la pratica in pochi minuti. A Chivasso no. Qui gli stranieri a un passo dal diventare italiani vanno in pellegrinaggio in Comune una volta al mese sperando che sia la volta buona. Ma la volta buona non viene mai. Gli uffici hanno sempre la giustificazione pronta: siete in tanti, noi abbiamo molto lavoro, ripassate e vi diremo. Intanto i quasi italiani perdono occasioni e benefici di cui potrebbero fruire se solo il Comune si desse una mossa. Forse essere sensibili alle esigenze dei quasi italiani non c’è scritto nella Carta di Pisa.
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