Nemmeno il giudice ci ha creduto. "Eravamo amici, la chiamavo soltanto per questo" sono state, venerdì scorso presso l'aula penale del Tribunale di Ivrea, le parole del 23enne Marcello Paternò, imputato con l'accusa di molestie nei confronti di una campagna di scuola dei tempi delle superiori. "E lei – gli ha domandato il giudice Maria Claudia Colangelo – era per amicizia che in quelle conversazioni rivolgeva alla ragazza certi nomi?". In tutto 207 telefonate, per lo più effettuate da un'utenza che la persona offesa, S.O., residente a Bollengo, non conosceva ma che risultava intestata, come emerso poi dalle indagini effettuate dai carabinieri, alla madre del giovane molestatore, difeso dall'avvocato Paolo Maisto. Lo ha confermato, sentito come testimone, l'Ispettore capo Aiola. Le verifiche, insomma, confermavano i sospetti della ragazza. Ora il processo è agli sgoccioli e il giudice ha rinviato l'udienza per la discussione e la sentenza. Tutto risale al 2010. All'epoca, verso la fine della quinta, il gruppo con cui uscivano sia Marcello che S.O stava cominciando a sfaldarsi. Ognuno stava prendendo nuove strade, chi l'università, chi il lavoro. "Eravamo migliori amici – ha raccontato la persona offesa – poi qualcosa è cambiato". Infastidita su facebook da quello che poi scoprì essere un profilo finto controllato da Paternò, è però fra il luglio e il dicembre del 2011 che si erano infittite le telefonate anonime sul suo cellulare. Giorno e notte. “Inizialmente sembravano scherzi. Quasi divertenti". Poi, gli insulti. “Sei una troia, una lurida, una persona che fa schifo, vergognati”. Era cominciato l'incubo. "Avevo paura – ha raccontato la ragazza -, non capivo perchè uno sconosciuto mi importunasse. Mi confidai con gli amici. Anche con lui, Marcello, a cui ero legata da una profondissima amicizia. Smisi di rispondere ma continuai a ricevere molti squilli”. S.O. aveva deciso, ad un certo punto, di lasciare Ivrea. Di partire per un soggiorno di un anno in Australia, nell'ambito dei programmi scolastici interculturali. “Pochi giorni prima del volo, ricevetti un sms da Marcello Paternò. Mi insultava Solo allora pensai che potesse esserci lui dietro alle telefonate, ma all'epoca era solo un sentore, nulla di più”. Passati i mesi, il ritorno in Italia era stato piuttosto amaro. “Convocata in questura, mi dissero che erano risaliti a uno dei numeri che con più frequenza mi aveva chiamato in quel periodo: era quello di Marcello Paternò".
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