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Benessere
25 Febbraio 2025 - 12:25
Tra qualche giorno si festeggerà il Carnevale, per questo oggi ho deciso di approfondire il tema delle “maschere”. Ovviamente non parlo di quelle di Venezia ma di quelle tanto care a Pirandello , che indossiamo, ogni giorno, per proteggerci o per dissimulare.
Prima però vorrei aprire una breve parentesi sulle origini del Carnevale… Questa ricorrenza deriva dai Saturnali della Roma antica e dalle feste dionisiache del periodo classico greco, dove era lecito lasciarsi andare, liberarsi da obblighi e impegni, per dedicarsi allo scherzo e al gioco. Inoltre, mascherarsi rendeva irriconoscibili il ricco e il povero, e scomparivano così le differenze sociali. Pensiamo ai nostri giorni, in quale occasione ci autorizziamo a divertirci e lasciarci andare “senza maschere” e senza paura del giudizio?
Forse, non sarebbe male riprendere il senso vero del Carnevale che penso possa essere terapeutico, una sorta di liberazione dell’Ombra, soprattutto in una società che ci appiccica addosso svariate “etichette”.
Ma torniamo adesso al tema delle maschere… a livello psicologico, la maschera rappresenta un filtro che l’essere umano pone tra sé e gli altri e caratterizza ogni momento di relazione e interazione sociale.
Ognuno di noi, chi più chi meno, indossa infatti una maschera, utile a nascondere la propria identità, con lo scopo di apparire adatto e “coerente” con il contesto nel quale è inserito. Avremo quindi maschere “lavorative”, altre “amicali”, altre di “cortesia” ecc. Fino a qui, tutto nella norma… Il problema si pone quando, nel tempo, ci si identifica con la propria maschera, confondendo il proprio Sé con ciò che mostriamo all’esterno o con il nostro Sè ideale. In questo caso, la maschera diventa una prigione che ci impedisce di mostrarci nella nostra autenticità. Nei casi più gravi, in aggiunta, potrebbero manifestarsi e disturbi d’ansia, panico o fobie, causati da improvvise prese di consapevolezza dovute all’incoerenza tra ciò che realmente si è e ciò che si appare al di fuori. In questi frangenti è sempre bene rivolgersi ad un professionista, mentre i consigli che vi riporto sono da considerarsi degli aiuti validi quando si sente il bisogno di essere più “autentici.
Infatti, c’è da dire che più siamo “coerenti” con il nostro Sè e con il modo con cui ci mostriamo all’esterno e più siamo felici! Essere noi stessi non dev’essere un miraggio ma un traguardo che si può raggiungere gradualmente.
Il primo step è l’osservazione di noi stessi; chi pratica meditazione o mindfulness sa bene che questa è la base della pratica. Guardiamoci, senza giudizio, quando indossiamo le maschere, per comprendere le situazioni, i contesti che ci allontanano dalla nostra spontaneità. Possiamo porci delle domande come: è necessario per me indossare questa maschera? Come mi fa sentire? Ecc.
Lasciamo spazio alle emozioni di esprimersi in modo più diretto; anche se siamo abituati a nasconderle e controllarle, nel limiti del buonsenso, autorizziamoci a vivere e far percepire le nostre emozioni anche all’esterno. Così come possiamo essere più diretti nelle cose che vogliamo dire o manifestare, senza farci troppi problemi (a volte infondati) sulle ipotetiche reazioni degli altri.
Il punto è che se cominciamo a chiederci cosa succederà nel mostrarci autentici al mondo, questo groviglio di pensieri e preoccupazioni ci schiaccerà, in modo tale da farci desistere nell’essere quello che siamo.
Io credo che essere sé stessi sia estremamente liberatorio e sia davvero la base della felicità.
Mi piacerebbe conoscere il vostro punto di vista e se ne avete voglia scrivetemi privatamente.
Buoni festeggiamenti e a presto!
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