CHIVASSO. “La pace è una delle grandi conquiste della lotta di Liberazione, su cui è stato costruito poi l’intero edificio della Costituzione italiana”. Sono le parole di Vinicio Milani, presidente dell’ANPI di Chivasso, riferite da La Voce di martedì scorso. Per quel poco che ne so, la lotta di Liberazione fu: 1) una guerra per la liberazione del territorio nazionale dall’aggressore e invasore nazista; 2) e una guerra per la democrazia contro la dittatura fascista. Due guerre in una: una antinazista per la liberazione del paese, e una antifascista per la democrazia. Fu una guerra, come tale combattuta con le armi, non genericamente una “lotta”. Certo si può dire che una conseguenza della Resistenza fu la pace. Ma la pace venne dopo: prima fu necessaria la guerra di Resistenza. E poi la pace la volevano tutti: ma solo i partigiani presero le armi. Perché dunque Milani sottolinea in particolare la conquista della pace? La spiegazione si trova nelle parole successive, che fanno riferimento alla guerra in Ucraina e alla necessità di porvi termine con la pace: “di fatto dal 24 febbraio, il conflitto in Ucraina avanza facendo strage di vite innocenti, riducendo le città in cimiteri per cui la guerra va fermata”. Così, prendendo spunto dalla guerra in Ucraina, l’ANPI fa improvvisamente diventare la Resistenza italiana una lotta per la pace, mentre essa fu prima di tutto una guerra, come tale condotta con le armi, per la liberazione del territorio dell’Italia e per la creazione di uno Stato democratico. Può piacere o non piacere, ma la Resistenza fu una guerra combattuta armi in pugno. Oggi l’ANPI sostiene che non bisogna mandare armi alla resistenza ucraina, benché sia anch’essa una guerra di liberazione del territorio nazionale contro l’invasore. Una posizione legittima. Forse giusta. Forse quella che serve veramente a fermare la guerra. Ma ciò non legittima l’ANPI a cambiare il significato e il carattere della Resistenza italiana: che fu una lotta armata. Una “guerra” partigiana, come recita l’articolo 2 dello Statuto dell’ANPI. Due anni fa un montanarese ha pubblicato un libro sulla Resistenza nel Canavese e nelle Valli di Lanzo. Mi risulta che l’ANPI di Chivasso non l’abbia mai presentato. Né la sua presentazione pubblica compare fra le iniziative che l’associazione sta realizzando in questi mesi. È un caso o non solo un caso?
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