Quando - ormai con cadenza settimanale, in una continua e sempre più affannosa rincorsa - il Governo annuncia un nuovo decreto-legge con ulteriori “misure anti Covid”, l’attenzione dei media e della popolazione si concentra inevitabilmente su quali saranno le nuove restrizioni, gli obblighi, le multe. Nei decreti, però, c’è comunque sempre una parte “narrativa” che spiega per quali finalità i provvedimenti vengono deliberati.

Prendiamo per esempio l’ultimo, quello - soffertissimo - dell’Epifania, con l’obbligo vaccinale per gli over 50, quello su cui Draghi e i ministri si sono scornati fino a tarda sera: è stato emanato - come i precedenti - «ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di rafforzare il quadro delle vigenti misure di
contenimento della diffusione del virus». La serie è ormai lunga. Il 26 novembre era stato emanato il decreto 172 che introduceva il “super green pass” o “green pass rafforzato”, entrato in vigore il 6 dicembre, che per molte categorie ha cambiato le regole per accedere ai posti di lavoro, per frequentare l’università, usufruire di trasporti e mezzi pubblici, entrare in ristoranti e bar, andare allo stadio o al cinema o a teatro, eccetera. La vigilia di Natale, poi, un ulteriore decreto (il 221) ne ha cambiato modalità di utilizzo e durata, e il 30 dicembre un altro decreto ancora (il 229) ha introdotto ulteriori misure. Tutti, comunque, saldamente imperniati sul super green pass, il certificato rilasciato solo ai vaccinati: chi ne è dotato può andare ovunque e fare praticamente tutto, chi ne è privo s’è visto aggiungere divieti di giorno in giorno, fino all’impossibilità di lavorare e, fra pochi giorni, anche di accedere ai servizi essenziali. Il Governo, quindi, per arginare l’epidemia ha fatto una scelta precisa:
dividere gli italiani in due categorie, concedendo la più ampia libertà a chi ha completato il ciclo vaccinale (e fa la dose booster entro pochi mesi),
e allo stesso tempo restringendo sempre più gli spazi - e i diritti - ai non vaccinati. E’ questa, secondo Draghi e i suoi ministri (e il Parlamento che a larga maggioranza converte i decreti-legge), la strategia per il «contenimento della diffusione del virus». Ebbene: queste misure - e, in particolare, l’introduzione del super green pass - stanno funzionando? Chiudere i non vaccinati «in casa come sorci», come già a luglio auspicava un noto virologo televisivo e come di fatto sta avvenendo, e intanto «premiare i vaccinati» lasciandoli andare ovunque, è servito a raggiungere l’obiettivo di «contenere la diffusione del virus»? I dati, duri ed incontrovertibili, dicono di no. Al 26 novembre - data del primo decreto citato - c’erano in Italia (almeno) 172 mila “positivi”, ed è scattata la corsa al vaccino per poter ottenere il super green pass; ma quando è entrato in vigore, il 6 dicembre, i “positivi” erano già saliti a 235 mila. A Natale, con le ulteriori restrizioni per i non vaccinati, si era a 460 mila; a fine anno quasi 700 mila. E ora, passate le Feste, i “positivi” sono quasi due milioni, di cui - dato che sempre si sottace - due terzi plurivaccinati e dotati di super green pass.
Due milioni, quando nel 2020 eravamo arrivati al massimo, nel periodo peggiore, a 800 mila. L’assurda pretesa del Governo Draghi di contenere il contagio discriminando e isolando i non vaccinati (che, oltretutto, ormai sono meno del 10% della platea over 12, ed il cui numero si riduce di giorno in giorno), secondo l’equazione - che scientificamente è una bestialità - “vaccinati = sani, non vaccinati = malati”, ha ormai ampiamente dimostrato la propria inefficacia, ed ogni giorno è peggio. Anziché individuare ed isolare i “positivi” - che a luglio erano complessivamente 40 mila: controllabili e tracciabili - il Governo ha preferito puntare tutto e soltanto sulla campagna vaccinale e, cosa ben più grave, promuovere una campagna di odio e di discriminazione nei confronti dei non vaccinati, additati come nemico pubblico numero uno ed unica causa dell’espansione della pandemia. Risultato? Oggi (dati del bollettino Iss del 7 gennaio),
su dieci “positivi” rilevati, otto sono vaccinati e con super green pass, e - proprio grazie a questo lasciapassare, potendo andare ovunque senza limitazioni fino a quando non si “tamponano” perché i sintomi sono ormai evidenti - costituiscono il principale veicolo di trasmissione del virus. La limitazione dei posti allo stadio (dove senza super green pass già non si entra), la pressante richiesta di dad nelle scuole (dove insegnanti e operatori sono tutti dotati di super green pass) e l’obbligo di tampone a chiunque entri nelle case di riposo (anche se bi o tri-vaccinati) costituiscono soltanto l’ultima ammissione di questa verità scientifica che fa crollare la narrazione di Governo, tv e giornali di regime ammannitaci in tutti questi mesi: signori, anche i possessori di super green pass possono contagiare e contagiarsi. Altro che «garanzia di essere tra persone non contagiose», come disse il presidente del Consiglio per motivare l’introduzione del lasciapassare verde: mai fandonia fu più letale. Il Governo Draghi, quindi, con l’introduzione del super green pass ha chiaramente fallito l’obiettivo di «contenere la diffusione del virus» e, anzi, ne ha oggettivamente agevolato la propagazione. E siccome il premier alla prova dei fatti ha dimostrato queste eccellenti qualità di governante, è molto probabile che questo Parlamento lo promuova al Quirinale: lui sì che ci sa fare.