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Altro che «ambienti sicuri»: ci si contagia anche tra vaccinati

Altro che «ambienti sicuri»: ci si contagia anche tra vaccinati
Qualche settimana fa era molto cool affermare che «è la pandemia dei non vaccinati»: dalla presidente della Commissione europea Von der Leyen ai consulenti del ministro Speranza ai giornali del Gruppo Gedi, a tutti i livelli si cercava di convincere l’opinione pubblica che «il virus si trasmette solo tra non vaccinati». In Italia, poi, l’ineffabile Mario Draghi per giustificare l’introduzione del certificato verde (e le restrizioni a cui il suo Governo sottopone chi ne è sprovvisto) aveva sentenziato: «il green pass è una misura con la quale i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose», e quindi «in ambienti sicuri». Come naturale conseguenza dell’assioma «non vaccinato = untore» era allora scattato l’obbligo, per i non vaccinati che volevano andare a lavorare, o seguire una lezione all’università o anche solo entrare in un museo, di effettuare un tampone. I vaccinati, invece, liberissimi di andare ovunque esibendo il green pass ottenuto essendosi “immunizzati” settimane o mesi prima. In questo modo, pensavano i nostri illuminati governanti, si sarebbero individuati e isolati i “positivi” e si sarebbe posto un freno al contagio, perché il green pass certificava di non essere portatori del virus. Ancora una volta i numeri si incaricano di smentire queste narrazioni (e i conseguenti provvedimenti normativi) semplicistiche e discriminatorie. Nel mese di novembre - dati Iss - erano stati rilevati circa 130 mila “positivi” vaccinati, quindi dotati di green pass. Nel mese di dicembre ne sono stati rilevati oltre 260 mila: più del doppio*. E tra questi oltre 150 mila sono vaccinati con doppia dose da meno di cinque mesi, e quasi 10 mila hanno ricevuto anche la terza. Occorre poi considerare che il dato dei “positivi” vaccinati è sottostimato, perché non avendo obbligo di tampone vengono rilevati solo quando vi si sottopongono volontariamente perché presentano sintomi da Covid; considerando asintomatici e paucisintomatici sono quindi molti di più. Altro che «lockdown dei non vaccinati»... Sempre il divino Draghi, poi, nella conferenza stampa di fine anno ha affermato con la consueta sicumera che «dei decessi da Covid-19, tre quarti sono non vaccinati». Nessuno delle decine di ossequiosi giornalisti presenti ha avuto l’ardire di chiedergli da dove avesse tratto tale dato, dal momento che dai bollettini dell’Iss risulta costantemente - non da ieri: da mesi - che oltre il 50% delle persone decedute con Covid era vaccinata. Ma la fake news che gira con più successo per giustificare l’accanimento sui presunti untori è quella degli «ospedali pieni di non vaccinati», anche questa smentita dai dati Iss: tra il 5 novembre e il 5 dicembre sono state ricoverate con Sars-Cov2 circa 12.700 persone, e - di queste - 6700 (quindi più della metà) erano vaccinate con una, due o tre dosi. L’ondata dicembrina del virus sta raggiungendo numeri di diagnosi Covid simili a quelli di un anno fa, e probabilmente li supererà. E anche tra chi non è abituato a leggere i dati e si fida di quel che dicono in tv (la maggioranza della popolazione) sono sempre di più coloro che si ritrovano “positivi” anche dopo aver fatto il vaccino, e si chiedono come sia possibile che, in un Paese in cui è ormai vaccinato il 90% della popolazione, e buona parte anche con richiami o “booster”, il virus continui a circolare così diffusamente. La narrazione che addossa tutte le colpe ai non vaccinati (che sono sempre meno e, come s’è visto, sono controllatissimi e, se “positivi”, individuati immediatamente) non regge più, e ai virologi da talk show non resta che mettersi a cantare: perché gran parte delle presunte «verità scientifiche» che ci hanno propinato in questi due anni è stata smentita dai fatti.  (u.l.) *Agli aspiranti Nobel per la statistica che poi vengono sui social a commentare che il dato è una conseguenza dell’«effetto paradosso» anticipiamo che tra novembre e dicembre il numero di vaccinati è aumentato del 3% scarso, mentre il numero di vaccinati “positivi” è raddoppiato. Evitino, quindi, di venircela a menare con «bisogna considerare il denominatore»: a fronte di una platea di vaccinati sostanzialmente stabile, se i casi di positività sono raddoppiati il denominatore è pressoché ininfluente.  
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