In Danimarca e nei Paesi Bassi si chiama «covidbevis», in Germania è il «Covid-Zertifikat», in Francia il «pass sanitaire», in Svezia il «coronapas». Incorreggibili esterofili, gli italiani lo definiscono «green pass». Per tutti è l’attestato che consente di muoversi abbastanza liberamente in Europa (e di lavorare nel Belpaese, dallo scorso 15 ottobre), dopo le limitazioni e i divieti imposti dalla pandemia di Covid-19.
Gli attuali governi, in realtà, non hanno escogitato alcunché di nuovo poiché un documento per spostarsi senza incorrere in spiacevoli guai era necessario un tempo, fin dal tardo Medioevo. Rileggiamo il capitolo XXXIV del capolavoro di Alessandro Manzoni, «I promessi sposi». Correva l’anno 1628 e il morbo più temuto, la peste, stava per diffondersi un po’ dappertutto nell’Italia settentrionale. In fuga dal proprio paesello sul lago di Como, Renzo dispera di entrare in Milano poiché «ordini severissimi» impongono di esibire la «bulletta di sanità». «In vece – aggiunge don Lisander – ci s’entrava benissimo, chi appena sapesse un po’ aiutarsi e cogliere il momento». E commenta: «Era infatti così; […] Milano si trovava ormai in tale stato, da non veder cosa giovasse guardarlo, e da cosa; e chiunque ci venisse, poteva parer piuttosto noncurante della propria salute, che pericoloso a quella de’ cittadini».
«Green pass» rilasciato dalle autorità sanitarie di Cameri, nel Novarese, il 24 dicembre 1598
La bolletta di sanità («bulleta sanitatis» o «bulletinus pro evitando morbum», in latino) era il green pass di allora, una sorta di lasciapassare per circoscrivere la diffusione del contagio epidemico. In periodi di pestilenza annunciata o dilagante, senza la bolletta risultava impossibile spostarsi da un luogo all’altro. Non poche fonti storiche medievali attestano che, in Piemonte, il documento era altresì richiesto per accedere a locande, taverne, bettole e altri pubblici esercizi, non diversamente dal green pass dei nostri giorni. La sola differenza era costituita dalle pene in cui incorrevano i trasgressori, sia i clienti sia i locandieri e gli osti. Per esemplificare, sul finire del quindicesimo secolo, a Fontanetto Po, l’ammenda ammontava a ben venticinque ducati a cui bisognava aggiungere una pena corporale assai più temuta, cioè quattro tratti di corda. Il supplizio tendeva a cagionare la massima sofferenza fisica al reo mediante la minima fatica degli esecutori di giustizia (e, di conseguenza, la minima spesa). Per mezzo di una fune, il poveretto era sollevato dal suolo coi polsi stretti dietro la schiena in modo che il peso del corpo gravasse interamente sulle giunture delle spalle. Poi, all’improvviso, la corda veniva allentata e bloccata prima che l’infelice toccasse terra. Ne derivava uno strappo muscolare e, talvolta, una dolorosissima slogatura. Tanto nelle città quanto nei piccoli borghi, il controllo delle bollette competeva alle guardie civiche. Illuminante appare il testo della deliberazione assunta il 16 aprile 1493 dal consiglio della comunità di Caramagna, un piccolo centro di pianura fra Carmagnola e Bra. Vi si precisa che un certo Pietro Grossi era tenuto a presidiare la porta del borgo e a impedire l’ingresso a tutti coloro che non fossero in grado di produrre la bolletta di sanità, intendendo non soltanto i forestieri ma anche le persone del luogo che avessero trascorso almeno una notte fuori dell’abitato. Altrettanto interessante è l’editto del 7 luglio 1599 con cui il duca Carlo Emanuele I di Savoia impartì precise direttive alle pubbliche autorità a cui spettava il rilascio delle bollette. Per i forestieri che uscivano dalla capitale sabauda, ad esempio, la formula doveva essere la seguente: «Si parte da Turino libero da ogni sospetto di peste, Iddio gratia, il tale …, di tal luogo …, del quale è originario terriero, et da esso originariamente partito il giorno …, et passato per tali luoghi …, et quarantenaro per tanti giorni …, come si vede per le sue bolette et attestationi de commessari sopra la sanità deputati». Va da sé che gli addetti al controllo dei lasciapassare dovevano essere in grado di leggere. Il che non era affatto scontato in epoche di analfabetismo diffuso, specie nelle campagne. Non stupisce, pertanto, che la comunità di Fontanetto Po richiedesse, sullo scorcio del Medioevo, che almeno una delle guardie da nominarsi fosse «intelligente» o «letterata» per «lezere li bolatini». Che dire? I nostri antenati erano meno sprovveduti di quanto si crede? Sicuramente sì. Di certo sapevano che il passaporto sanitario era l’unico valido strumento per evitare d’interrompere completamente la circolazione degli uomini e i traffici. Non sorprende che all’obbligo della bolletta fossero soprattutto tenuti i mercanti: si trattava, infatti, di salvaguardare i commerci allo scopo di garantire il vettovagliamento, in tempi assai critici di emergenza sanitaria. È facile concludere che dalla storia abbiamo tutti da imparare. Anche gli esagitati no-green pass o anti-green pass, che dir si voglia.
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