The art of the brick, l’arte dei mattoncini LEGO® prosegue il suo tour mondiale passando per l’Europa e fa tappa a Torino. Dopo aver attirato oltre un milione e mezzo di visitatori tra Stati Uniti, Australia, Singapore, Taiwan e Cina, fino al 24 febbraio 2019 anche i sabaudi possono meravigliarsi davanti alle creazioni di Nathan Sawaya, l’americano che dei LEGO® ha fatto lo strumento della sua espressione artistica, a dir poco originale. Come tutti noi, anche Sawaya cominciò da bambino stando seduto sul pavimento, circondato da una moltitudine di mattoncini, ma quando fu grande e divenne avvocato a New York, quelle costruzioni erano ancora con lui e divennero qualcosa di più di un gioco per ragazzini, divennero la valvola di sfogo di un bisogno prorompente di creare e di esprimersi e allo stesso tempo la via per la liberazione da una scrivania sommersa dalle carte e dalla noia. Fu così che nacque The art of the brick e da allora la fama di Nathan Sawaya si è affermata in tutto il globo. La Promotrice delle belle arti ospita oltre ottanta delle sue opere, raccolte in sezioni tematiche e destinate ad emozionare non solo i più giovani, lungo un percorso che non è solo sensoriale ma anche spirituale: nella prima parte trovano posto le creazioni dedicate alla natura umana e ispirate da alcuni dei sentimenti umani più diffusi, come il dolore, l’angoscia, la speranza e la gioia di vivere; spicca “Yellow”, una delle opere più note dell’artista, il busto di un uomo che si squarcia il petto da cui escono tanti mattoncini gialli a rappresentare la spinta irrefrenabile a far emergere le proprie passioni e i propri talenti nascosti. Nella parte dedicata ai tributi ai grandi dell’arte classica e moderna ci si imbatte nella riproduzione della “Notte stellata” di Van Gogh, del bacio di Klimt, della grande onda di Kanagawa e si passa ai ritratti, tra cui emerge il volto iconico di Andy Warhol e poi lo scenario cambia ancora e ci si trova di fronte ad una testa dell’Isola di Pasqua, e nel frattempo, avvicinandosi all’uscita si sentono dei suoni che richiamano la foresta, una natura primordiale e annunciano la sorpresa finale, destinata a far brillare gli occhi dei più giovani sicuramente. Il filo conduttore, dall’inizio alla fine, forse dettato anche dalla storia personale di Sawaya, è quello di ascoltarsi e far sprigionare il nostro lato artistico e creativo, qualunque forma esso assuma. Non male, per un mucchio di freddi mattoncini di plastica danesi.
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