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SETTIMO TORINESE. Vogliono demolire il Dado. M’incateno

SETTIMO TORINESE. Vogliono demolire il Dado. M’incateno

Non sarà quel che si definisce un tormentone ma è certo, o quasi, che su questa storia della chiusura del Dado di via Milano, il consigliere comunale Felice Scavone potrebbe anche arrivare a fare delle pazzie. Chiamatela interpretazione “estrema” del ruolo di consigliere comunale di uno che non si è mai limitato ad alzare la manina a comando, per piacere o per piacersi..

Eccolo lì. Nonostante l’età e i tanti anni passati tra le fila della minoranza, Scavone ha ancora voglia di “rompere” e di battere i pugni sul tavolo.

“Questa volta però mi incateno ad un palo - urla - Questa volta mi sdraio sull’asfalto. Questa volta mi faccio sentire con il megafono...”.

Incredibile ma vero, lo avevamo lasciato che stava uscendo dal Comune con tutte le carte e le perizie sul Dado. Ce lo ritroviamo che impreca, alzando gli occhi al cielo...

“Leggi un po’ qua che cosa scrivono i consulenti. E’ una perizia del 12 settembre dell’anno scorso? - ci dice - C’è scritto che vogliono abbattere l’edificio per valorizzare i terreni. Al posto di rimetterlo a posto lo vogliono buttare giù...”.

E dire che il vicesindaco Elena Pistra, su queste stesse pagine, si era spesa per un riutilizzo della struttura, con particolare riferimento ai giovani che non hanno la possibilità economica di andare a vivere da soli...

“Non ci prendiamo in giro - sgrana gli occhi Scavone - Il Dado è stato chiuso per una infiltrazione dal terrazzino e le due ordinanze di chiusura le ha firmate proprio il vicesindaco Elena Piastra che avrebbe avuto il compito di vigilare. Poi si è detto che ci vogliono 192 mila euro e che questi soldi non ci sono. Adesso leggo che tra le ipotesi ci sarebbe pure l’abbattimento, magari per consentire ad un privato di costruire un ennesimo palazzo di   30 piani. Non c’ho scritto giocondo: abbattere non costerebbe nulla e ci si guadagnerebbe pure. Io li avverto. Che non gli venga in mente di demolire che mi metto a fare cose dell’altro mondo. Lo dico e lo sottoscrivo. Voglio tutelare, costi quel che costi, il buon nome del benefattore Cesare Benedetto. Questo signore ha donato al comune beni immobili per oltre 4 milioni di euro, con l’impegno di un utilizzo sociale e non accetterò mai che si faccia altro....”.

E Felice Scavone di proposte per il riutilizzo del Dado, in verità  una ce l’ha.

“Sì! E’ vero - ci racconta - Una casa protetta per donne con bambini che hanno subito violenze e  stalking. Mi sono informato ci sono delle belle esperienze anche in Piemonte. La struttura, che ha circa una dozzina di mini alloggi, sarebbe più che adatta. Dicono sempre che non siamo propositivi adesso vediamo che cosa avranno da dire....”.

Insomma. C’era una volta il Dado, fiore all’occhiello dell’amministrazione comunale settimese e eccellenza portata d’esempio e inserita nelle buone pratiche persino dall’Unione Europea. C’era un luogo pensato per i rom e utilizzato anche per ospitare i rifugiati. C’era una volta e adesso non c’è più. Ammazzato da un’infiltrazione d’acqua, da chi se n’è lavato le mani e da un’associazione (Terra del fuoco) finita in un’indagine giudiziaria della Procura di Torino.

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