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Petrolio venezuelano sequestrato dagli Stati Uniti: è una guerra energetica in mare aperto?

Quasi quattro milioni di barili bloccati nei Caraibi, accuse di pirateria all’ONU, navi abbordate e una sfida diretta tra Washington e Caracas che riporta il controllo delle rotte del greggio al centro della geopolitica globale

Petrolio venezuelano sequestrato dagli Stati Uniti: è una guerra energetica in mare aperto?

Maduro

Il video dei militari statunitensi che si calano da un elicottero sul ponte di una superpetroliera, i fari che tagliano la notte dei Caraibi, il mare scuro come pece: è l’immagine con cui Caracas ha scelto di portare lo scontro con Washington davanti all’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite). Nel pieno di un confronto che ha riportato le rotte energetiche del Mar dei Caraibi al centro della geopolitica, il rappresentante venezuelano Samuel Moncada ha denunciato al Consiglio di Sicurezza quella che ha definito “la più grande estorsione della nostra storia”, parlando apertamente di “minacce di attacco armato” e accusando gli Stati Uniti d’America (USA) di essersi appropriati di “quasi 4 milioni di barili” di greggio venezuelano sequestrati su due navi. Dal Palazzo di Vetro la risposta statunitense respinge le accuse, lega il dossier al “narcoterrorismo” e rilancia una linea di fermezza fatta di blocchi in mare, sequestri mirati, pressioni multilaterali e dell’aumento della ricompensa per la cattura del presidente Nicolás Maduro.

petroliera

Nelle settimane precedenti, la Guardia Costiera degli Stati Uniti d’America ha condotto due operazioni ad alta visibilità nel quadrante caraibico, area chiave per le esportazioni del Venezuela. Il 10 dicembre 2025 un’unità statunitense ha abbordato e sequestrato la VLCC (Very Large Crude Carrier) Skipper, ritenuta parte della cosiddetta shadow fleet e già colpita in passato da misure dell’OFAC (Office of Foreign Assets Control). Il carico stimato oscilla tra 1,8 e 2 milioni di barili di greggio Merey; diverse ricostruzioni indipendenti convergono su una quantità prossima ai due milioni. La nave è stata quindi indirizzata verso la costa del Texas per lo scarico del greggio, in vista di una procedura di confisca negli Stati Uniti d’America. Il 20 dicembre 2025 le autorità statunitensi hanno poi intercettato la Centuries, battente bandiera di Panama, con a bordo circa 1,8 milioni di barili di greggio venezuelano diretti in Cina. Il caso è particolarmente sensibile perché, secondo più fonti, la nave non figurava nelle liste sanzionatorie statunitensi; l’abbordaggio è avvenuto con il consenso di Panama, invocando il cosiddetto “diritto di visita” per sospette attività illecite in alto mare. Sommando le stime disponibili, l’accusa venezuelana sui “quasi 4 milioni di barili” sottratti appare coerente come ordine di grandezza: tra 1,8–2,0 milioni della Skipper e 1,8 milionidella Centuries, il totale si colloca tra 3,6 e 3,8 milioni. Caracas arrotonda verso l’alto, Washington insiste sulla legittimità giuridica delle operazioni e sui mandati di sequestro.

Alla sessione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza del 23 dicembre 2025, Samuel Moncada ha parlato di “assedio militare” e di “crimine di aggressione”, descrivendo una presunta escalation che includerebbe blocchi navali, atti di “pirateria” contro petroliere in acque internazionali, minacce all’aviazione civile attraverso strumenti di “guerra elettronica” e una serie di presunti attacchi con vittime. Su questi ultimi punti non esistono conferme indipendenti, ma il Venezuela intende trasformare le accuse in un dossier formale all’ONU. Russia e Cina hanno sostenuto la richiesta venezuelana di convocare il Consiglio di Sicurezza, criticando l’uso della forza in mare. Gli Stati Uniti d’America, per voce dell’ambasciatore Mike Waltz, hanno replicato che faranno “tutto quanto in loro potere” per proteggere l’emisfero occidentale, collegando il caso alla lotta contro le organizzazioni criminali transnazionali.

Sul piano della comunicazione politica, Washington ha saldato la questione petrolifera alla campagna contro il “narcoterrorismo”, sostenendo che il greggio venezuelano alimenti reti criminali come il Cartel de los Soles, designato dagli Stati Uniti d’America come organizzazione terroristica straniera nel 2025, e il Tren de Aragua, anch’esso oggetto di designazione e di indagini federali. Caracas respinge queste accuse e definisce il Cartel de los Soles un costrutto propagandistico privo di fondamento.

Sul fronte giudiziario, Washington ricorda che Nicolás Maduro è stato incriminato nel 2020 a New York per “narco-terrorismo” e traffico di droga, con una ricompensa iniziale fino a 15 milioni di dollari per informazioni utili alla sua cattura. Nel 2025 la taglia è stata portata fino a 50 milioni di dollari nell’ambito del Narcotics Rewards Program, secondo comunicazioni ufficiali e notizie diffuse da testate internazionali e da organi federali statunitensi. L’aumento ha un forte peso simbolico e politico, oltre a riflessi investigativi. Per Caracas il messaggio è quello di una criminalizzazione della leadership venezuelana e di un tentativo di comprimere la sovranità energetica del Paese; per Washington, invece, la strategia della “massima pressione” resta uno strumento per soffocare la presunta fusione tra apparato statale, traffici di droga e flussi finanziari illeciti dentro e fuori i confini del Venezuela.

La risposta interna venezuelana non si è fatta attendere. L’Assemblea Nazionale del Venezuela, a maggioranza governativa, ha approvato una legge che criminalizza “pirateria, blocchi e atti illeciti internazionali” contro la libertà di navigazione e di commercio, introducendo pene fino a 20 anni per chi sostenga o finanzi sequestri di petroliere. Il provvedimento, in attesa della firma del presidente Nicolás Maduro, mira a fornire una copertura legale e a inviare un segnale politico all’estero. Sul piano operativo, con i depositi a terra prossimi alla saturazione e diversi carichi bloccati in rada, PDVSA (Petróleos de Venezuela S.A.) ha iniziato a utilizzare stoccaggi galleggianti, caricando petroliere ferme in acque nazionali per evitare rallentamenti della produzione, soprattutto nella Orinoco Belt. Nel frattempo, solo le spedizioni collegate a Chevron, protette da licenze statunitensi, avrebbero continuato a muoversi con relativa regolarità, mentre i carichi diretti verso l’Asia affrontano rischi crescenti.

Gli Stati Uniti d’America sostengono di agire sulla base di mandati giudiziari e di un quadro sanzionatorio già in vigore. Nel caso della Skipper, la stampa specializzata ha citato un seizure warrant emesso da un tribunale federale e applicato all’ultimo giorno utile. Per la Centuries, la base giuridica dichiarata è stata il “diritto di visita” in alto mare, esercitato con il consenso di Panama. In precedenza, Washington aveva già confiscato carichi di greggio iraniano diretti al Venezuela, circa 1,1 milioni di barili sequestrati nel 2020 e successivamente venduti, fissando un precedente rilevante nell’uso della civil forfeiture per interrompere traffici ritenuti illeciti. Le sanzioni su PDVSA e sulla rete energetica venezuelana risalgono al 2019 e sono state più volte rimodulate; licenze mirate hanno consentito a Chevrondi operare in joint venture ed esportare greggio negli Stati Uniti d’America, mentre gran parte delle esportazioni verso la Cina e altri mercati si è spostata su una flotta opaca, spesso con AIS (Automatic Identification System)disattivato o con bandiere controverse, proprio quella che Washington dichiara di voler colpire.

Nel dibattito al Consiglio di Sicurezza, Caracas ha parlato di una trama di “colonizzazione” delle risorse, arrivando, nelle parole di Samuel Moncada, a evocare un presunto ultimatum statunitense per la cessione di terre, petrolio e minerali “sotto la minaccia della più grande armata della storia”. La delegazione degli Stati Uniti d’America ha risposto richiamando la “legittima difesa” e l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, sostenendo la necessità di neutralizzare organizzazioni terroristiche e cartelli ritenuti una minaccia per la sicurezza dell’emisfero occidentale. Una linea che ha trovato il sostegno di alcuni alleati, ma che ha acceso le preoccupazioni di Russia, Cina e di diversi governi dell’America Latina, timorosi che si consolidi un precedente per interdizioni militari nelle acque della regione.

Quanto è “quasi quattro milioni”? Dati, stime e propaganda

  • La stima ufficiale venezuelana: “quasi 4 milioni di barili” sottratti su due navi. È una affermazione politica, non un dato certificato indipendentemente.
  • Le stime di stampa e analisi: tra 1,8–2,0 milioni di barili sulla Skipper e 1,8 milioni sulla Centuries. Totale: circa 3,6–3,8 milioni. Differenza limitata ma significativa in termini di narrativa.

In assenza di conteggi ufficiali pubblici post-sequestro, il dato complessivo resta in evoluzione e passibile di rettifiche. In ogni caso, la dimensione dei carichi evidenzia l’impatto materiale della stretta americana sulla catena del valorevenezuelana: sequestro del carico significa mancati incassi, esposizione legale per operatori e disorganizzazionelogistica nei terminal.

“Cartel de los Soles” e “Tren de Aragua”: perché contano nella cornice USA

Il lessico americano – “narcoterrorismo”, SDGT/FTO, transnational criminal organizations – non è un orpello: definisce strumenti di sequestro, sanzione e cooperazione giudiziaria. Nel 2025 il Dipartimento del Tesoro ha designato il Cartel de los Soles come “Specially Designated Global Terrorist”, legandolo ai venezuelani Tren de Aragua e al cartello di Sinaloa. Nel frattempo, il presunto capo del Tren de Aragua è stato incriminato a New Yorkcon l’offerta di ricompensa fino a 5 milioni di dollari. È in questo quadro che l’Amministrazione ha raddoppiato la taglia su Maduro fino a 50 milioni. Caracas parla di demonizzazione e criminalizzazione politica.

Precedenti e dottrina: perché il caso venezuelano è diverso dall’Iran del 2020

Gli USA richiamano un precedente cruciale: nel 2020 il Dipartimento di Giustizia sequestrò 1,1 milioni di barili di prodotti petroliferi di origine iraniana diretti in Venezuela e, successivamente, vendette il carico, incamerando i proventi secondo le procedure di forfeiture. Allora il legame con l’IRGC – designato come FTO – forniva un ulteriore pilastro giuridico. Oggi, con petrolio venezuelano su navi non sempre sanzionate, la base legale è più contesa e si sposta su profili di diritto del mare (false bandiere, navi “stateless”, spoofing AIS) e sul raggio d’azione extraterritoriale delle sanzioni USA, un terreno più scivoloso in sede ONU.

Possibili scenari: tre linee rosse e un calendario

  • Militarizzazione del contenzioso: ogni nuova intercettazione aumenta il rischio di incidente in mare; la pursuit della Bella 1 mostra quanto sia sottile il crinale operativo per la Guardia Costiera.
  • Frattura nel Consiglio di Sicurezza: con Russia e Cina schierate con Caracas, un pronunciamento ONU vincolante è improbabile. Resta l’arena della legittimazione narrativa (chi appare aggressore, chi difensore della legalità).
  • Pressione economica: se l’export venezuelano extra-Chevron resta intrappolato, PDVSA rischia congestione logistica e cali di cash flow, con effetti a catena su finanza pubblica e forniture interne.

Sul calendario, la finestra tra dicembre 2025 e le prime settimane del 2026 sarà decisiva: nuove interdizioni, eventuali ricorsi e mosse diplomatiche definiranno la “nuova normalità” in Caribe.

L’elemento che manca: una cornice multilaterale condivisa

Il cuore del braccio di ferro è l’assenza di una cornice multilaterale condivisa per gestire sanzioni, interdizioni e sicurezza delle rotte energetiche. Gli USA rivendicano mandati e diritto internazionale; il Venezuela parla di pirateria e estorsione. Senza una mediazione o un meccanismo riconosciuto, ogni azione unilaterale rischia di generare controazioni e escalation. Intanto, i barili sequestrati – 1,8–2,0 milioni qui, 1,8 milioni là – pesano come macigni su una regione già fragile.

Fonti utilizzate: Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Dichiarazioni ufficiali del Ministero degli Esteri del Venezuela, Comunicati del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, Guardia Costiera degli Stati Uniti d’America, Ufficio OFAC, Documenti giudiziari federali statunitensi, Stampa specializzata sul mercato energetico, Agenzie di stampa internazionali.

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