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Nigeria, pellegrini rapiti su un autobus: chi controlla davvero le strade del Plateau?

Un commando armato ferma un bus diretto al Maulud nello Stato di Plateau e sequestra 28 persone, tra cui donne e bambini. Riscatti chiesti alle famiglie, polizia sul terreno, mentre il banditismo rurale continua a dettare legge lontano dai riflettori

Nigeria, pellegrini rapiti su un autobus: chi controlla davvero le strade del Plateau?

Nigeria, pellegrini rapiti su un autobus: chi controlla davvero le strade del Plateau?

La scena è questa: un autobus di villaggio che avanza lentamente, le luci fioche che tagliano l’oscurità della savana, bambini con i vestiti della festa che stringono i rosari per il Maulud, la celebrazione della nascita del Profeta Maometto, genitori che mormorano preghiere per un tragitto breve tra Zak e Sabon Layi, nell’area di Bashar, distretto di Wase, Stato di Plateau. Poi la rottura improvvisa. Spari in aria, un posto di blocco improvvisato, un ordine secco: “Giù”. In pochi minuti ventotto persone, tra cui donne e bambini di otto e nove anni, vengono trascinate nella boscaglia. L’autobus resta fermo sul ciglio della strada, vuoto, come una carcassa. È la fine di una normalità che in questa parte della Nigeria non è più tale.

Secondo le informazioni raccolte da fonti di sicurezza e confermate da media locali e internazionali, l’assalto avviene nella notte di domenica 21 dicembre 2025 lungo una strada rurale del Plateau. I passeggeri sono diretti a un evento religioso islamico annuale. Vengono fatti scendere con la forza e condotti all’interno di un’area boscosa. La polizia del Plateau, attraverso il portavoce Alabo Alfred, comunica di aver dispiegato risorse operative sul territorio per localizzare gli ostaggi e individuare i responsabili.

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Nel giro di poche ore iniziano le telefonate ai familiari. Le richieste di riscatto, riferiscono diverse fonti locali, sono chiare: ₦1,5 milioni per ogni persona rapita, senza differenze tra adulti e bambini. Una cifra che, moltiplicata per ventotto, racconta meglio di molte analisi l’economia del sequestro che prospera tra il Nord e il Centro della Nigeria.

Le autorità non attribuiscono formalmente la responsabilità a un gruppo specifico. Fonti di sicurezza e giornalisti sul posto parlano genericamente di “banditi”, il termine con cui in Nigeria vengono indicate le formazioni criminali dedite a rapine e sequestri a scopo di estorsione. Viene escluso un collegamento diretto con l’insurrezione jihadista del Nord-Est, area di influenza di Boko Haram e dello Stato Islamico in Africa Occidentale (ISWAP, Islamic State West Africa Province). Il contesto è diverso: qui opera un ecosistema criminale diffuso nelle regioni Nord-Occidentali e Centro-Settentrionali, con finalità prevalentemente economiche.

L’autobus, di proprietà del capo villaggio di Zak, viene ritrovato la sera stessa, abbandonato sulla carreggiata. Soccorritori e giovani del luogo seguono le impronte lasciate dai rapitori per circa un chilometro, fino a un’area boscosa nei pressi di Kukawa, senza però individuare il covo. La dinamica è nota: posti di blocco improvvisati, rapimento rapido, fuga nella vegetazione e dispersione degli ostaggi in piccoli gruppi per rendere più difficile un intervento delle forze di sicurezza.

Le testimonianze raccolte nel Plateau aggiungono dettagli. Ibrahim Musa, parente di una delle vittime, racconta ai media locali che la prima chiamata arriva la sera del 22 dicembre. I rapitori assicurano che i bambini stanno bene, ma ribadiscono la richiesta: ₦1,5 milioni a testa. In un contesto rurale come quello del Plateau, significa vendere bestiame, terreni, indebitare intere famiglie. Le cronache riferiscono che i tentativi di negoziare una riduzione della somma non ottengono risultati.

Il sequestro non è un episodio isolato ma parte di un fenomeno strutturale. Secondo l’ultimo rapporto di SBM Intelligence, tra luglio 2024 e giugno 2025 in Nigeria sono stati richiesti riscatti per oltre ₦48 miliardi. I pagamenti confermati ammontano a circa ₦2,57 miliardi. Nello stesso periodo si contano 4.722 persone rapite in 997 episodi, con almeno 762 morti collegati a sequestri e assalti. Il Nord-Ovest resta l’area più colpita, ma la fascia Centro-Settentrionale, che include il Plateau, registra un aumento costante degli episodi.

I dati della società civile ampliano il quadro. Tra maggio 2024 e maggio 2025, almeno 6.549 nigeriani vengono uccisi e 3.804 rapiti in episodi di violenza diffusa. Lo Stato di Plateau figura tra le aree più pericolose, segno che la linea della crisi non coincide più solo con il remoto Nord-Est, ma attraversa una vasta cintura agricola del Paese.

Il giorno successivo al rapimento, la polizia del Plateau conferma l’attivazione di squadre operative sul terreno. I leader comunitari di Wase e Bashar collaborano alle ricerche. In casi simili, spiegano analisti della sicurezza, le prime 48-72 ore sono decisive per tentare una liberazione senza riscatto. Superata questa finestra, la probabilità di una trattativa aumenta. La legge nigeriana vieta il pagamento dei riscatti, ma nella pratica molte famiglie, strette dal tempo e dalla paura, finiscono per raccogliere denaro.

È fondamentale distinguere tra l’insurrezione jihadista del Nord-Est e il banditismo rurale che colpisce il Nord-Ovest e il Centro-Nord. Nel primo caso operano gruppi con un’agenda ideologica e una struttura militare definita. Nel secondo si tratta di reti fluide, composte da predoni e capibanda locali, spesso ex pastori armati, con un obiettivo chiaro: il profitto. Riscatti, furti di bestiame, imposizioni ai villaggi, controllo di rotte di contrabbando e miniere artigianali. L’assalto all’autobus del Plateau rientra in questo schema.

Il sequestro avviene mentre il Paese segue un’altra notizia: la liberazione di 130 studenti e insegnanti rapiti a novembre in una scuola cattolica di Papiri, nello Stato di Niger. L’ultimo gruppo viene rilasciato tra il 21 e il 22 dicembre 2025 in un’operazione definita dalle autorità come basata su intelligence militare. È uno dei più grandi rapimenti scolastici dai tempi del caso Chibok del 2014. Il contrasto è evidente: mentre un’operazione viene celebrata come un successo, un altro gruppo armato colpisce altrove, dimostrando che la capacità offensiva di queste reti resta intatta.

La richiesta di ₦1,5 milioni per ostaggio rientra in una logica già osservata. Non si tratta delle cifre astronomiche dei grandi cartelli del Nord-Ovest, ma di somme calibrate per ottenere pagamenti rapidi riducendo il rischio operativo. I rapporti indipendenti mostrano che le richieste complessive sono spesso molto più alte dei pagamenti effettivi. Nei sequestri multipli, l’obiettivo è incassare rapidamente su una parte degli ostaggi, usando eventuali rilasci parziali come leva negoziale.

Il Plateau resta vulnerabile per ragioni geografiche e sociali. È una zona di passaggio tra Nord e Centro, con ampie aree rurali poco presidiate e una conflittualità agraria ricorrente. Le strade secondarie che collegano villaggi e mercati agricoli sono facili bersagli. L’assalto notturno, l’abbandono dell’autobus, il trasferimento degli ostaggi nella boscaglia e il possibile spostamento verso aree difficili da raggiungere seguono un copione già visto, confermato anche dalle tracce segnalate verso Kukawa.

Gli analisti concordano su alcuni punti: la rapidità dell’intervento resta decisiva; la frammentazione degli ostaggi in piccoli gruppi complica ogni operazione; la comunicazione non coordinata tra famiglie e autorità può alzare i costi e allungare i tempi; le partenze notturne su strade non illuminate aumentano il rischio. Ma le soluzioni strutturali richiedono tempo, risorse e continuità.

All’estero, la violenza in Nigeria viene spesso letta solo attraverso la lente del jihadismo o delle tensioni religiose. Il caso del Plateau mostra invece una realtà diversa, dominata dalla logica del profitto. Anche quando l’attenzione internazionale si accende, lo spazio operativo per il banditismo rurale resta ampio.

Nelle prossime ore le famiglie dei ventotto rapiti attendono segnali. La polizia continua le ricerche senza annunciare arresti o ritrovamenti. Il nodo del riscatto resta centrale. L’esperienza indica che, nelle aree rurali, quando la pressione operativa non spezza la catena del sequestro, si finisce su un binario negoziale con rilasci scaglionati.

I numeri aiutano a comprendere la portata della crisi: 4.722 rapiti in un anno, ₦48 miliardi richiesti, ₦2,57 miliardipagati, 762 morti collegati ai sequestri. Migliaia di uccisi e rapiti in episodi di violenza diffusa. Sono dati che interrogano la capacità dello Stato di riprendere il controllo del territorio e la tenuta delle comunità locali. L’autobus diretto al Maulud, fermo nel buio del Plateau, resta l’immagine più concreta di questa sfida.

Fonti: Polizia dello Stato di Plateau, SBM Intelligence, media locali nigeriani, agenzie di stampa internazionali, organizzazioni della società civile nigeriana.

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